da Raimondo Giustozzi
Lo stop alle informazioni di intelligence all’Ucraina si è già tradotto in un notevole aumento delle vittime, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
Nel consueto profluvio di assurdità, fake news e provocazioni con cui riempie quotidianamente il suo profilo e le nostre bacheche su X, come l’idea che gli Stati Uniti dovrebbero abbandonare la Nato, ieri Elon Musk ha postato quella che a molti è sembrata una minaccia nei confronti degli ucraini, riguardo al sistema di connessione satellitare Starlink: «Se lo spegnessi, tutta la loro prima linea crollerebbe». Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha risposto ricordando che il suo paese paga 50 milioni per quel servizio, e se il fornitore si rivelasse inaffidabile dovrebbe rivolgersi altrove. Musk ha controreplicato così: «Stai zitto, ometto. Paghi una piccola frazione del costo. E non c’è sostituto per Starlink» (salvo poi penosamente spergiurare che mai e poi mai, per quanto possa essere in disaccordo con la politica ucraina, spegnerebbe Starlink a sua discrezione, cosa che in verità ha già fatto nel 2022, impedendo una fondamentale operazione contro la flotta russa nel Mar Nero). In Italia, l’episodio ha suscitato il giustificato allarme delle opposizioni, che hanno chiesto conto a Giorgia Meloni delle intenzioni e delle recenti decisioni del governo in materia di connessioni satellitari e sicurezza nazionale (tanto più dopo la recente approvazione, alla Camera, del ddl spazio). A me però la vicenda ha colpito per un altro motivo.
A un certo punto, infatti, nella polemica si è inserito il segretario di Stato americano, Marco Rubio, che così ha replicato a Sikorski (sempre su X): «Tutte invenzioni. Nessuno ha minacciato di tagliare fuori l’Ucraina da Starlink. E di’ grazie perché senza Starlink l’Ucraina avrebbe perso questa guerra molto tempo fa e a quest’ora i russi sarebbero al confine con la Polonia». Tralasciando questa nuova moda da parte dei massimi esponenti dell’amministrazione Trump (ieri Vance, oggi Rubio), quello che mi colpisce, ancora una volta, è la facilità con cui si tradiscono, mostrando di essere i primi a non credere alle loro balle. Se infatti la guerra, come loro sostengono, fosse colpa dell’Ucraina, dell’accerchiamento della Nato, di Joe Biden e di tutte le precedenti amministrazioni democratiche, e la minaccia dell’imperialismo putiniano fosse una bufala, perché mai i polacchi dovrebbero preoccuparsi di avere i russi ai propri confini? Del resto, dopo tutto quello che abbiamo visto in Ucraina, dopo tre anni di massacri indiscriminati, dopo Bucha, dopo le camere di tortura e i bambini rapiti, è difficile riconoscere ancora la buona fede in chi si ostina a ripetere gli argomenti della propaganda putiniana. E si potrebbe dire lo stesso, a maggior ragione, per gli imperturbabili minimizzatori italiani del trumpismo. Perlomeno dopo che la decisione americana di tagliare le informazioni di intelligence all’Ucraina, oltre che le armi, si è immediatamente tradotta in un considerevole aumento delle vittime dei missili russi (che quelle informazioni consentivano di individuare prima e meglio). Sostenere che nella politica dei dazi o nelle minacce al Canada non ci sia in realtà niente di nuovo né di particolarmente grave, e che il mondo continuerà a girare come sempre, può anche passare per cinico realismo, e vedremo alla fine chi avrà avuto ragione. Ma le decisioni prese da Trump nei confronti dell’Ucraina hanno delle conseguenze, tragiche e irreversibili, come solo la morte lo è, che si sono già verificate (e continuano purtroppo a verificarsi). Insistere nel sostenere che con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca non sia cambiato nulla, o addirittura che la sua amministrazione stia lavorando per la pace, anziché per la Russia, significa dimostrare semplicemente che esiste al mondo anche un’idiozia sanguinaria, forse persino più pericolosa dell’odio.
Linkiesta, 10 marzo 2025,
di Francesco Cundari
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