di Valerio Calzolaio
Dolce vita, dolce morte
Giancarlo De Cataldo
Noir
Rizzoli Milano
2022
Pag. 159 euro 14
Valerio Calzolaio
Roma, primavera 1963. Marcello viene svegliato da Marianne, la suoneria del telefono fa un rumore infernale, sono le tre del pomeriggio e il caporedattore gli chiede di andare subito al giornale perché serve un pezzo di colore sulla morte della 22enne Greta Müller, tedesca di Monaco di Baviera, occhi luminosi e capelli biondo maturo, aspirante attrice o modella, seducente e sbevazzona, in grado di parlare anche italiano, inglese e francese. Neppure sanno che lui l’ha conosciuta bene, amante dolce e arrendevole, non troppo fantasiosa. Le sono state inferte sette coltellate sul pianerottolo di una modesta pensione in via Emilia, dov’era ospite dell’amica Elizabeth, che non l’ha sentita gridare. Poche e vaghe le testimonianze e gli indizi, il commissario Carelli indaga, interroga, confronta, ma non ha piste certe. Il trentenne Marcello Montecchi è molto attraente, ambizioso ma indolente, disinteressato alla politica e ai pettegolezzi, scrive bene e ha l’abbozzato progetto (non in calendario) di un grande romanzo. L’aveva incontrata il giugno precedente in via Veneto, avevano flirtato un poco, dopo una settimana erano finiti a letto, tornandoci quasi ogni sera per oltre un mese; lui conosce tutta la Roma che conta e le aveva presentato stilisti registi produttori; poi, quando era andato a trovare una settimana il padre sull’Adriatico, lei si era messa con un altro, facendosi risentire solo a ottobre prima di una sfilata. Erano restati amici, il bel Marcello era abituato (solo) alle storie passeggere finché a febbraio aveva conosciuto Marianne che era presto andata a convivere, lui finalmente un poco innamorato della modella cantautrice di Oslo dagli occhi verdi, che si sente anarchica e odia i fascisti. Per una ventina di giorni l’omicidio tiene banco sui giornali e nelle conversazioni, poi finisce nell’oblio. Eppure a primavera 1964, nell’autunno 1974 e a primavera 1988 il cresciuto Marcello viene di nuovo chiamato in causa da notizie e novità sul delitto, forse ancora insoluto.
Il grande prolifico scrittore italiano Giancarlo De Cataldo (Taranto, 1956), ormai in pensione da magistrato, ha sempre avuto una passione per i fitti misteri, i delitti veri, le cronache criminali romane. Questa volta ci consegna una bella novella nera (è anche il titolo della collana) con mille rimandi e immaginari, storici e cinematografici. Siamo ai fertili e mortali tempi della dolce vita (da cui il titolo, l’omaggio a Fellini è costante in tutte le pagine), via Veneto e Marcello Mastroianni sono in campo. Il reale cold case è il delitto di Christa Wanninger (1940) del 2 maggio 1963, un fatto di sangue intorno al quale si ipotizzarono le piste più svariate, dal serial killer alle trame nere, dai Nazisti allo spionaggio. La verità giudiziaria della Corte di Cassazione nel 1988 attestò definitivamente la responsabilità dell’oscuro pittore aversano Guido Pierri, dopo che lui stesso nel 1964 si era fatto avanti con un giornalista affermando di saperne qualcosa, nonostante fosse ritenuto incapace di intendere e di volere (poi non andò in carcere) e si sia comunque sempre dichiarato innocente (e sano di mente, poi sposatosi). Vere sono le strade e i locali, il clima dei paparazzi e gli umori degli intellettuali (alcuni incontrati dal protagonista, come Pasolini e Moravia), il contesto politico e culturale, le cerchie e le truffe di Roma, le dinamiche nei quotidiani e nelle tipografie dell’epoca (senza internet, cellulari, social). Quasi tutto il resto è ottima fiction (contando anche sui ricordi personali, da un certo momento in poi). Marcello fa strage di cuori ma è un giornalista (non un attore) che evolverà nelle relazioni (soprattutto quando arriva il padre Radames) e nella specifica carriera; Marianne è la musa Anita delle dolci notti ma poi partirà, farà l’artista concettuale a New York e infine proprio la cantautrice girovaga; l’intreccio è noto ma la fine storicamente incerta, il giallo virerà sul noir romantico (l’amore travagliato per la città d’adozione); i colpi di scena vengono scadenzati in quattro parti per i differenti periodi delle notizie sulle indagini, ma i fili delle biografie risulteranno poi tirati con maestria autorale (e risalta il piccolo untuoso Momo Sangiacomo). Pinot grigio con il pesce ai Parioli come si usava nei Settanta. Negli stessi giorni la travolgente amante giovane gli fa ascoltare Alice di De Gregori, spiegando: “questo ragazzo cambierà la musica italiana”, Marcello non è molto seriosamente convinto del testo.
v.c.
Recensione Ufo 78
Ufo 78
Wu Ming
Noir
Einaudi Torino
2022
Pag. 511 euro 21
Valerio Calzolaio
Monte Quarzerone, prima e dopo l’agosto 1976. Forse esiste davvero quel massiccio incastrato tra l’Appennino tosco-emiliano e le Apuane, la cima non acuta però vasto, con numerose grotte e balze scure, pareti a strapiombo, crepacci e rocce friabili, cunicoli naturali e artificiali, sentieri solo accennati e spesso bloccati, non lontano da Aulla e Fivizzano, cuore della Lunigiana in provincia di Massa Carrara, sedimenti rocciosi e strati di leggende (sibille, fate, eremiti, briganti, partigiani, ribelli, demoni, un cinghiale bianco, creature di galassia lontane), un alto Pian del Cielo (ideale per il campeggio) subito fuori del grande bosco. Alla fine di agosto 1976 vi scomparvero due quindicenni partecipanti al campo scout, Jacopo e Margherita, capisquadra che si erano segretamente messi insieme al termine dell’anno scolastico e si erano appartati un’ora nel bosco. In tanti batterono la montagna palmo a palmo, facendo base nel piccolo borgo più vicino, Forravalle, senza trovarli né capire cosa potesse essere accaduto. Famiglie, amici e amiche d’avventura e di scuola, esperti e guide del paese, tutti furono segnati dalla vicenda, non l’unico mistero della zona: le statue stele, la nave senza equipaggio con l’ampolla del sangue di Cristo, la piccola Stonehenge di Camporaghena, il castello di Fosdinovo, i faciòn di pietra di Cervara, i simboli sui capitelli della pieve di Codiponte, fra gli altri. Dopo due anni, fra marzo e maggio 1978 (nei mesi cruciali del sequestro e dell’omicidio Moro), accade qualcosa che può gettare qualche luce sulla vicenda. A Roma il paleocosmonauta Martin Zanka (celebre pseudonimo del 54enne Gianmaria Zanchini) sta scrivendo un libro su quei posti, Astronavi su Luni, e scopre che il figlio ex tossico si è rifugiato lì presso la comunità Thanur a Villa Malaspina. A Torino la 26enne antropologa Milena Cravero sta facendo una ricerca sull’ambiente ufologico e presto dovrà andare proprio lì, soprattutto quando gli Ufo aggrediscono uno. Aiuteranno a scavare il passato recente.
Come noto, Wu Ming è un bravissimo collettivo di scrittori attivo ormai da quasi un trentennio. Lo spunto del romanzo è la vita straordinaria del “fantarcheologo” Peter Kolosimo (Modena, 1922 – Milano, 1984), il personaggio di Zanka è costruito per raccontarla con cura ed empatia. La narrazione è in terza varia al passato, congegnata come un’inchiesta contemporanea (insieme scientifica e noir) in quattro movimenti cronologici, su alcuni avvenimenti dei primi mesi del 1978 che coinvolgono Zanka e Milena nel caso dei due ragazzi, spesso alla luce dei libri, dei racconti, delle testimonianze loro e degli altri personaggi (immaginari come i luoghi), raccolti retrospettivamente, alla luce delle conoscenze approfondite (reali) sul contesto geografico, storico e culturale (in fondo trovate pure l’ottima bibliografia selezionata conseguente, frutto della fervida coerente immaginazione). Gli autori pensarono di scriverne già nel 2006 (anche con Giuseppe Genna), accumularono materiali cambiando intreccio molte volte, inframezzarono altri testi sugli stessi argomenti, la prima stesura risale all’estate 2021, tagliando poi altre scene e sottotrame fino al corposo tomo uscito quasi alla vigilia del centenario della nascita della personalità che li ha in parte ispirati (15 dicembre 1922). Riprendono giudizi noti sulla gestione del sequestro di Moro e sui partiti in quegli anni, pur se l’attenzione resta concentrata sulla grande ondata Ufo nel 1978 (da cui il titolo): duemila avvistamenti nei cieli d’Italia e relativa invasione di notizie su ogni mezzo d’informazione, saggi convegni interviste feste studi. Il romanzo si apre così con un convegno che avrebbe dovuto tenersi a Roma iniziando proprio il 16 marzo mattina, poi tutto scorre con stile lentamente coinvolgente, con la dovuta attenzione per le dinamiche relazionali sociali e interpersonali dell’epoca (i differenti e contrapposti gruppi di ufologi, le comuni, gli estremismi, le famiglie, la droga, la meditazione, l’autocoscienza, il sesso), fino alla fine dell’indagine con le trame nere pervasive in quel periodo e i titoli finali circa le sorti dei personaggi. Narrazione colta e avvincente, abbastanza riuscita. Segnalo i diffusi campi magnetici mitologici, a pag. 162. In quell’ecosistema a Thanur (1974-1994) si ascolta anche Battiato e Battiato andrà al funerale dell’ufofilo Giacomo “Jimmy” Fruzzetti ad agosto 2002. Molta altra notevole discografia, specie inglese e tedesca (s’inizia coi Popol Vuh), vino in bottiglia o sanamente sfuso (a Thanur si produceva).
v.c.
Recensione Le fantasticherie di un viandante solitario
Le fantasticherie di un viandante solitario
Jean-Jacques Rousseau
Traduzione e breve introduzione di Ilaria Guidantoni
Diario (incompiuto)
Lorenzo de’ Medici Press Firenze
2022 (orig. Les Rêveries du promeneur solitaire, 1782)
Pag. 151 euro 10
Valerio Calzolaio
Passeggiate solitarie reimmaginate negli ultimi anni di vita. “Le fantasticherie di un viandante solitario” costituiscono l’ultima opera di Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778), le pagine finali scritte a meno di tre mesi dalla morte e rimaste incompiute, dedicate alla nobildonna amante (e sua benefattrice) Madame de Warens e al loro primo incontro cinquant’anni prima, lei 28enne, lui 17enne. Il grande filosofo, pedagogista e musicista svizzero visse spesso nell’indigenza economica e trascorse gli ultimi anni emarginato dalle relazioni umane, con spirito affaticato, inasprito dalla misantropia. Le redasse prevalentemente per sé stesso, cercando una solitaria pace interiore, conversando con i propri ricordi in un “rifugio” naturalistico e scegliendo uno stile abbastanza contorto e trasandato, mantenendo pur sempre un grande rigore morale capace di interrogarci ancora. Le passeggiate sono dieci, ovviamente in prima persona perlopiù al passato, prendono spunto da un luogo visitato.
v.c.
Recensione Pelle
Pelle
Sergio del Molino
Traduzione di Maria Nicola
Romanzo (autobiografico)
Sellerio Palermo
2022 (orig. La piel 2020)
Pag. 281 euro 16
Valerio Calzolaio
Spagna. Ultimi decenni. Un padre fa compagnia al figlio di 7 anni, che in genere si addormenta tranquillo senza il minimo timore che una strega potrebbe bussare alla finestra quando tutte le luci sono spente. Uscendo dalla camera, la porta viene però lasciata socchiusa e la luce accesa in cucina, è il padre che a quel punto inizia un’altra vita. Comincia a grattarsi, le braccia, la schiena, la testa; talvolta esce sangue, macchiando magliette, fodere, lenzuola; si sente mostruoso, lui una strega. Con “Pelle”, il bravo giornalista e prolifico scrittore Sergio del Molino (Madrid, 1979), racconta in prima persona la propria dura esistenza con la psoriasi, soffermandosi sia su aspetti anatomici, antropologici, storici, letterari e cinematografici, che su malati celebri personalità, come Stalin, Pablo Escobar, Cyndi Lauper, John Updike, Nabokov, oltre a guardarsi bene dentro e sopra, a riflettere autobiograficamente con acume beffardo e dolente e identificandosi con una quantità di mostri.
v.c.
Recensione Se ti abbraccio non aver paura
Se ti abbraccio non aver paura
Fulvio Ervas
Romanzo (biografico)
Marcos Y Marcos Milano
2022 (ed. orig. 2012)
Pag. 336 euro 19
Valerio Calzolaio
Americhe. In moto (soprattutto). Imperdibile (almeno se lo avete perso). Ecco l’edizione speciale con venti fotografie originali, a dieci anni dalla prima uscita, del viaggio di Franco Antonello e del figlio autistico Andrea: “Se ti abbraccio non aver paura”. La vicenda è stata splendidamente narrata, con la prima persona del padre, dall’ottimo scrittore Fulvio Ervas (Musile di Piave 1955). Ora nella premessa, Fulvio: “parlarne perché non si tratta di una maledizione ma di una possibilità del vivere… ho la certezza che in questi dieci anni siano affiorate, su media e social, alla televisione e al cinema, le storie di molte persone con disabilità… invece di combatterci, potremmo abbracciarci”. Franco: “a maggio 1996 l’autismo ha travolto le nostre vite… Oggi Andrea, che prima di quel viaggio era da “rinchiudere nei muri della follia”, come scrive lui, è un ragazzo che lavora e si muove da solo per la città, addirittura vive nel suo appartamento in relativa autonomia…”. Ci avevo pensato.
v.c.
Recensione Tutto il cinema è Addio
Tutto il cinema è Addio
Michele Montorfano
Cinema
Graphe Perugia
2022
Pag. 75 euro 9
Valerio Calzolaio
Vedere con gli occhi, sala o non sala. Soprattutto nell’ultimo secolo. Ci sono due luoghi, due pianeti, due città, due continenti nati nella testa degli uomini: il muro della natura, con il suo corpo ciclico nel tempo, e il cinema, quella piccola scatola inapribile che ci abita dentro prima di essere vista, che è sia efflorescenza di noi che un luogo fisico (da alcuni molto frequentato). Il cinema apre un sentiero enigmatico tra il tempo e lo spazio, tra il nostro desiderio di mantenerli legati e la violenta volontà di abolirli, ben raccontabile su uno specifico tema, il legame con l’Addio. Tutta la vita è costellata di Addii: l’amore, le partenze, la fine di una storia, la morte. “Tutto il cinema è Addio” è un breve immaginifico saggio di cinematografia dello scrittore e poeta Michele Montorfano (Como, 1976) che in particolare esamina, con svariati agganci filosofici e ideologici (bibliografia finale), cinque film: Drive, Casablanca, Elephant, The tree of life, 8 ½.
v.c.
Recensione La furia degli uomini
La furia degli uomini
Ezio Gavazzeni
Presentazione di Salvatore Borsellino
Noir
Mursia Milano
2022
Valerio Calzolaio
3
Villa San Giovanni e Monza, agosto 1991. Fiume e San Benedetto del Tronto, settembre 1991. Vicino Trapani sabato 29 giugno si era svolto un summit tra capi di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta decidendo di allearsi, di contrastare il maxiprocesso con determinazione e di cominciare con l’eliminazione del neonominato procuratore della Cassazione Antonino Scopelliti (quando Matteo Messina Denaro chiede se sono tutti d’accordo, tutti i presenti annuiscono); la furia degli uomini inizia il suo viaggio in direzione Piale; in Calabria il 9 agosto due uomini in moto eseguono, sparandogli in auto due colpi di fucile alla testa. In Lombardia il giorno dopo, in una lussuosa villa piena di oggetti preziosi e simboli massonici, sette potenti commentano le prime pagine dei giornali, considerando opportuno e funzionale quanto accaduto: sono l’imprenditore di successo Salvo Brasotti, proprietario di un impero finanziario di centinaia di società controllate dalla holding MetroFin, il suo più caro e fidato amico Mariano d’Urzio, presidente e proprietario di Costruire Italia, un magistrato della Procura milanese, un generale dei Carabinieri, un notaio e un commercialista ricchi e ammanicati, oltre al padrone di casa Rizzardi Leuti, simpatie all’estrema destra e agganci internazionali, in Svizzera pure la Fimo di Chiasso si lamenta per i rischi che il maxiprocesso riduca i traffici e il lavaggio del denaro. Suggerisce di riprendere il piano Borghese, aggiornandolo ai tempi, per bloccare i partiti popolari: destabilizzazione e ghettizzazione geografica dei grandi partiti, annullamento della capacità di rappresentazione e di mediazione degli interessi generali, evoluzione della mafia (che finanziano) in associazione affaristica di stampo finanziario (dopo che Riina avrà eliminato anche Falcone e Borsellino). Indipendentemente da ciò, il mese dopo l’onesto agente dei Servizi Francesco Mauri arruola in Istria come informatore il criminale detenuto Maro Jocovic e due marescialli nelle Marche un vero fascista. Storie d’Italia.
L’esperto scrittore Ezio Gavazzeni (Milano, 1959) ci racconta pezzi decisivi della nostra storia come in un romanzo, narrazione avvincente in terza persona varia perlopiù al passato. Non a caso la presentazione è di Salvatore Borsellino che spiega: “Sono rimasto in silenzio per parecchio tempo dopo la morte di mio fratello”, fino al 15 luglio 2007 quando scrisse una lettera aperta su quelle stragi di Stato ma la situazione non appare cambiata; “vedo gli stessi silenzi, quel muro di gomma, che hanno dovuto subire” tanti partenti delle vittime, coi quali lui stesso ha promosso il Movimento delle Agende rosse, con la cui sparizione si chiude il romanzo; dopo decenni non è stato ancora nemmeno istituito il processo in merito. La fantasia documentata può esplicitare alcuni di quei vuoti. La prima parte del testo (“le parole degli uomini”) è distinta in sedici capitoli (numerati con lettere romane) e arriva al 30 gennaio 1992, alla sentenza definitiva della Prima sezione della Corte Suprema di Cassazione che chiude il maxiprocesso di Palermo con 360 condannati su 475 imputati, 2665 anni di carcere, 19 ergastoli (i partecipanti alla riunione di fine giugno, alcuni in contumacia e latitanti) e 11 miliardi e mezzo di multe; poi, in parziale epilogo, vi sono due telefonate del 6 febbraio, una del confidente collaboratore di giustizia che annuncia le future stragi, l’altra anonima che annuncia le bombe piazzate e rivendicate dalla Falange Armata a Catania. La seconda parte (“La furia degli uomini”, titolo anche complessivo della verosimile fiction) è distinta in tredici capitoli (contrassegnati da parole o locuzioni latine) e copre il periodo dal 20 febbraio 1992 con i duecento chili di T4 a Termine Imerese (“Requiem Aeternam”) al 20 luglio alla sede del SISDE di Palermo quando si capisce definitivamente che c’entra il SISMI (“Lux aeterna”). Il centinaio di sintetiche efficaci note finali aiuta a districarsi con fatti e definizioni. Alcol alla bisogna. Nel bar di Zagabria il juke box fa ascoltare Why di Annie Lennox e Mysterious Ways degli U2, fili conduttori, whodunit.
v.c.
Mafia e stragi di Stato
https://it.wikipedia.org/wiki/
Gentili signori,
mi permetto di segnalare l’uscita dei primi due volumi della trilogia di fantascienza La Saga della Fenice, disponibili su Amazon.
Maggiori informazioni al riguardo sono disponibili su: http://www.galvanini.com.
Qualora interessati per una eventuale recensione, sarei lieto di inviarvi i relativi testi in formato elettronico.(ePub o pdf)
Cordiali saluti
Oriano Galvanini
Grazie
per qualsiasi invio di documenti puo’ scrivere alla seguente mail: info@associazionelospecchio.it
Cordialmente
La Redazione