di Valerio Calzolaio
Il complotto dei Calafati
Francesco Abate
Giallo
Einaudi Torino
2022
Pag. 262 euro 17,50
Valerio Calzolaio
Cagliari. Ottobre 1905. Due ragazzacci inseguono il compare bandito Anima Niedda, anziano e malvagio, fra cunicoli, pozzi, buchi, fuochi, slarghi e snodi, nell’immensa rete montana sotterranea della necropoli punica di Tuvixeddu, la tana dove si nasconde. Gli sparano nella Grotta della vipera, lo mancano, lui fugge nell’oscurità ma fa un passo falso, precipita urlando, muore. Il mondo criminale organizzato nel cagliaritano può riorganizzarsi. Sono i giorni del terremoto in Calabria, avvenuto nella notte tra il 7 e l’8 settembre; anche in Sardegna parte la raccolta di fondi di solidarietà, a Cagliari ne sono organizzate almeno due, una da parte di ricchi aristocratici, una da parte di sindacalisti socialisti. La bella 21enne osteggiata giornalista Clara Simon, figlia di un capitano della marina militare regia (dato per morto) e di una cinese del porto (morta dandola alla luce), adottata dal 76enne potente nonno armatore Ottavio, partecipa a quella del fior fiore della borghesia e della nobiltà a Villa Pernis, ha l’incarico di raccontare l’evento ai lettori dell’”Unione”. Mentre il suo caro amico e collega di cronache Ugo Fassberger, anche lui mezzosangue ma ben accetto e dai capelli rossi, conversa con la bionda simpatica ereditiera Elvira, lei coglie l’occasione per parlare con Michelangelo, cugino del padrone di casa, funzionario dell’ambasciata italiana in Cina, sbarcato da poco e disponibile a tenerla informata sui reduci dispersi (lei è convinta che il padre non sia deceduto). Analoga raccolta benefica si svolge al magazzino deposito di formaggi, il “Gran ballo popolare pro Calabria”, presenti altri amici legati a Clara e l’avvocato Mario Tucci, delegato dal comitato nazionale del Partito socialista appena giunto dal continente. Quella notte, in un agguato di ritorno dalla prima festa, vengono uccisi i chiacchierati baroni Cabras di Oristano con l’autista, malandato ma vivo resta solo il conte Cappai Pinna, padrone di mezza città, emblema dell’arrogante intreccio di affari e potere. Chi è stato e perché?
L’ottimo giornalista e scrittore Francesco Abate (Cagliari, 1964) prosegue la serie e narra un’altra avventurosa storia di oltre un secolo fa: il porto di mare e il Poetto da ripensare, i disastri e la beneficienza, gli strozzini e la varia malavita, i poteri forti e la lotta di classe, le piste politiche e le strade del denaro, sigaraie e operai, lavoro giovanile e dinamiche giornalistiche (con l’insopportabile vice direttore). I maestri calafati sono operai specializzati nelle costruzioni e manutenzioni navali, talvolta si dedicano anche ad altro (da cui il titolo). La narrazione è in terza varia, prevalentemente sull’indomita Clara, capace pure di inforcare una bicicletta motorizzata (da cui la copertina). Lei intende andare a Napoli per verificare meglio cosa è accaduto al padre, intanto resta ancora incerta (sempre attenta alle relative attraenti schermaglie) rispetto alla scelta sentimentale (con chi far coppia). Continua certo a interessarle l’investigatore ufficiale, il giovane tenente dei carabinieri Rodolfo Saporito, baffi e pizzetto d’ordinanza, labbra scure e carnose, stregato dall’affascinante ragazza e forse ricambiato. La ricostruzione delle vicende urbanistiche d’inizio Novecento è accurata; l’autore ha fatto affidamento e cura di vecchie foto di famiglia, filmati e giornali d ’epoca, saggi e guide. Troviamo un interessante spaccato di storia, non solo sarda: povertà, malattie, fame, voglia di riscatto e fermenti rivoluzionari nei confronti sia dell’aristocrazia borghese che del maschilismo imperante, i risvolti internazionali dell’epoca (qui il triste coinvolgimento italiano nella ribellione dei Boxer). Lo stile appare raffinato e godibile; anche il piglio è fresco, ironico e divertente, con gli opportuni salti di tensione, pur se nell’intreccio abbondano gli aspetti prevedibili della commedia gialla. Segnalo il cenno al grande Sebastiano Satta, a pag. 207. I Pernis hanno le vigne, vino e acquavite servono a tutti. Valzer, mazurka e ballu tundu, a ballare ci si intende meglio che con le parole delle lingue diverse.
v.c.
Recensione Spaccare l’atomo in quattro
Spaccare l’atomo in quattro. Contro la favola del nucleare
Angelo Tartaglia
Scienza
Edizioni GruppoAbele
2022
Pag. 92 euro 12
Valerio Calzolaio
Il nostro pianeta. Fattori biotici e abiotici. L’energia ha da sempre un ruolo fondamentale, è come una sorta di fluido vitale indispensabile per alimentare tutte le trasformazioni e manipolazioni della materia alla base del nostro sistema produttivo e della nostra economia. In un sistema che si pretende di far materialmente crescere occorre un flusso anch’esso crescente di energia, che dobbiamo prelevare dall’ambiente circostante. Solo che: non esistono né possono esistere fonti illimitate di energia né nella quantità né nella durata; le uniche fonti energetiche di lunghissima durata (solare e geotermica) sono esterne al nostro mondo (considerando esterne anche la profondità della Terra); è possibile convivere a tempo lungo e indeterminato con gli effetti collaterali delle trasformazioni di energia (i principi della fisica, conservazione ed entropia) solo quando è possibile scaricare gli effetti all’esterno e questo dipende dal fatto che la fonte a cui si ricorre sia anch’essa esterna al sistema e il flusso di energia sia più o meno costante (non in perpetua crescita). Il nucleare viene chiamato in causa per il suo (forse effettivamente scarso) contributo alle emissioni di gas climalteranti, tuttavia non è una soluzione, attenzione alle fake news! Il nucleare non è pulito e non è sicuro; produce comunque forti rischi per la sicurezza e gli ecosistemi; l’eliminazione delle tante scorie non è problema risolvibile; l’alternativa dei piccoli reattori per produrre idrogeno è irragionevole e diseconomica; l’intreccio fra civile e militare è storico e strutturale; esistono alternative certamente migliori. La guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’Ucraina non cambia questo acclarato scenario e non può motivare la scelta di lasciare in secondo piano l’emergenza climatica.
Il grande fisico in pensione Angelo Tartaglia (Foggia, 1943), piemontese d’adozione, ingegnere nucleare, già ordinario di Fisica presso il Politecnico di Torino, prende di petto una questione d’attualità, quella che chiama la “favola” del ritorno al nucleare. Il suo breve aggiornato saggio spacca appunto “l’atomo in quattro”, ovvero prende in esame sinteticamente i principi fondanti della fisica e della termodinamica per sottolineare come l’invocata crescita perpetua delle quantità materiali non sia proprio possibile e come ora la fissione nucleare (come poi in futuro l’eventuale fusione) non possa comunque garantire energia illimitata e pulita. Il tono è colloquiale, diretto, narrativo. Non un trattato di note e appendici (ne ha scritti altri in passato), piuttosto una guida ad alcuni luoghi comuni nel mondo dell’informazione e della politica che rischiano di orientare (malamente) il futuro comune. Purtroppo, da una parte il nostro sistema economico globale, strutturalmente insostenibile, trae, e ha tratto anche in passato, vantaggio dalle sciagure, guerre comprese; dall’altra parte la dinamica contemporanea del clima, essendo il clima stesso, con l’intera biosfera, un sistema complesso, sta evolvendo verso un potenziale collasso. Così il nucleare viene talvolta da taluni rappresentato come un magico rimedio all’impossibile, mentre risulta nei fatti solo un modo per risollevare un settore economicamente in difficoltà mettendo in poche mani un’opportunità di grandi profitti a breve termine, garantiti da risorse pubbliche. Oltre tutto, ogni nuovo impianto nucleare, a parte l’uso bellico diretto, individua bersagli che la follia dei comandi generali di chi possiede armi (dittature e terroristi) potrebbe considerare interessanti, Meglio evitare.
v.c.
Recensione Copiare/Reinventare
Copiare/Reinventare. Andrea Camilleri falsario
Luca Crovi
Prefazione di Giovanni Capecchi, postfazione di Giuseppe Marci
Letteratura
Oligo Il Rio Mantova
2022
Pag. 76 euro 12
Valerio Calzolaio
Testi orali e scritti di Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925 – Roma, 2019). Fra funzioni e tasti del computer c’è copia/incolla non copia/reinventa, attività molto felicemente praticata dal grande scrittore siciliano (non inventata, ma certo frequente e fertile). Il critico, conduttore radiofonico, storico del genere giallo ed esuberante fumettologo (alla Sergio Bonelli Editore) Luca Crovi (Milano, 1968) racconta con garbo il suo rapporto con Camilleri (frequentato indirettamente a distanza anche dal padre, intervistato per ore tante volte, subito rappresentato in Germania dopo la prima, incontrato di persona in una sola occasione a Luino), mostrando come lo straordinario contastorie abbia utilizzato appigli storici, cronache quotidiane, testi letterari per aumentare la qualità emozionale delle proprie oralità e scrittura, in funzione del racconto che stava facendo. Ecco il breve “Copiare/Reinventare”: far pure sparire le prove della copia anche quando riveli che la stai eseguendo.
v.c.
Recensione Notizia dal disastro
Notizia dal disastro
Roberto Alajmo
Romanzo storico
Sellerio Palermo
2022 (prima edizione 2001)
Pag. 231 euro 14
Valerio Calzolaio
Palermo, 1978. La tragedia notturna dell’aereo DC-9 proveniente da Roma, precipitato subito prima di atterrare sulla pista di Punta Raisi nella notte del 23 dicembre 1978, con 108 morti e 21 salvati (volo Alitalia 4128), non ebbe come scenario un attentato o un complotto, bensì un destino collettivo, terribile e crudele, e alcuni ritardi nei soccorsi (una quarantina di loro annegò). L’ottimo scrittore e giornalista Roberto Alajmo (Palermo, 1959) definisce “Notizia dal disastro” un romanzo in cui a reinventare fiction sono gli stessi veri personaggi, “facendone un’opera corale fondata sull’imprevedibile incidenza del destino sulla vita degli uomini e sull’imperfezione del loro ingegno quando cerca di dare un senso alle cose”. All’inizio l’esergo di Camus, l’introduzione alla nuova edizione, l’elenco dei 124 passeggeri e dei 5 membri dell’equipaggio. Con ricchezza di documentazione e testimonianze (pure sulle discrepanze) ogni capitolo li presenta in carne e ossa, in terza al passato.
v.c.
Recensione Serena e Venus Williams, nel nome del padre
Il lamento del Tigri
Giorgia Mecca
Biografie sportive
66thand2nd Roma
2021
Pag. 163 euro 16
Valerio Calzolaio
Da Compton (California) per il mondo. 1980-2021. Prima che le sue due figlie venissero al mondo, a un anno di distanza l’una dall’altra, il povero e nero Richard Williams decise che doveva provare a far avere loro successo, il tennis sembrava la via migliore, con rara coerenza e determinazione ci è riuscito (a caro prezzo per le bimbe). Giusto dunque che la biografia italiana delle due campionesse dia spazio al padre (come anche il film americano dello scorso anno). In “Serena e Venus Williams, nel nome del padre” la giovane brava giornalista piemontese Giorgia Mecca (Torino, 1989) narra con brio e sensibilità una straordinaria storia familiare, fatta di infanzia e adolescenza già “professionistiche” e di contenuta intelligente rivalità. Quando lo ha scritto entrambe le quarantenni erano in attività, poi la poco più giovane e maggiormente vincente Serena (che dal 2017 ha già una figlia) si è ritirata durante gli Us Open 2022 (cui ha partecipato anche Venus, perdendo al primo turno).
v.c.
Recensione I fratelli Graviano
I fratelli Graviano. Stragi di mafia, segreti, complicità
Salvo Palazzolo
Criminalità
Laterza Bari
2022
Valerio Calzolaio
3
Sicilia e Roma.1990-2021. Quel febbraio 1992 alle 15 alla Fontana di Trevi è previsto l’appuntamento del 28enne Giuseppe Graviano, mafioso siciliano (quartiere Brancaccio, Palermo) figlio d’arte ricercato ormai dal 1984, con Matteo Messina Denaro, mafioso siciliano (Trapani) figlio d’arte ancora illustre sconosciuto per la giustizia italiana. Il fratello maggiore Filippo Graviano è rimasto a Palermo, lui si occupa del lato finanziario delle operazioni. A Roma i due amici killer hanno una missione da portare a termine, comunicata loro da Salvatore Riina nell’ottobre 1991 in una villa a Castelvetrano: devono uccidere Giovanni Falcone, che adesso lavora al ministero della Giustizia. Hanno fatto arrivare un camion carico di armi ed esplosivo e l’hanno nascosto nello scantinato di un condominio in zona Casilino. Non lo misero in pratica nella capitale, la strage è avvenuta pochi mesi dopo vicino all’aeroporto di Palermo-Punta Raisi. Al giovane Salvo, apprendista reporter al quotidiano L’Ora, è don Pino Puglisi a parlare di loro, della “super cosa” contro la super procura, della Cupola dei segreti, delle stragi contro Falcone e Borsellino; pochi giorni dopo che era andato a fuoco il cantiere per la ristrutturazione della parrocchia alla fine di maggio del 1993. I fratelli Graviano avevano già dato mandato di uccidere il sacerdote antimafia, poi il fattaccio avvenne il successivo 15 settembre. E a don Pino è ora dedicato il bel libro che l’esperto apprezzato ottimo giornalista Salvo Palazzolo (Palermo, 1970), attualmente inviato speciale del quotidiano La Repubblica, dedica alla vita criminale dei due fratelli, molto documentato e ben scritto.
I fratelli Graviano sono in realtà quattro: Benedetto, il primo (1958) non è stato mai ritenuto degno di un posto di comando in Cosa Nostra, è stato in carcere, oggi vive a Roma; Nunzia, la quarta (1968) è stata coinvolta nella gestione dei ricchi denari accumulati dai fratelli dopo il loro arresto, è stata anche un poco in carcere per questo, continua a essere un perno della famiglia; i due principali protagonisti sono il secondo e il terzo, Filippo (Palermo, 27 giugno 1961) e Giuseppe (Palermo, 30 settembre 1963), divenuti nel 1990 reggenti (capi) del mandamento (mafioso) di Brancaccio-Ciaculli, arrestati a Milano nel gennaio 1994, capaci di mantenere tanto potere anche da detenuti, entrambi condannati all’ergastolo e ovviamente anche adesso in carcere al 41 bis, Filippo a Parma (formalmente dissociatosi), Giuseppe a Terni (irriducibile, ma che ha iniziato da oltre a due anni a rispondere alle domande, a dire e a non dire, nei processi in cui è stato ascoltato). Il saggio di Palazzolo è strutturato in 21 capitoli, il primo è “l’inizio sbagliato” del suo mestiere di cronista (non aveva capito subito quello che gli stava accadendo intorno), poi seguono tanti noti cruciali passaggi storici, illustrati con un breve corsivo iniziale e poi attraverso narrazioni pulite e avvincenti, perlopiù con una scansione cronologica, ricche di testimonianze efficaci, di ricostruzioni plausibili e di citazioni meticolose di atti processuali. Raccontare la loro storia vuol dire provare a rintracciare nuovi indizi e spunti decisivi, visto che sono ancora molte le cose “segrete”, quelle che non sappiamo sulla stagione delle stragi e sulle complicità eccellenti (politiche e pure istituzionali) attorno alla mafia.
v.c.
Mafia italiana
https://it.wikipedia.org/wiki/
Invia un commento