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Tutto pronto a Recanati per la Giornata mondiale della poesia, con un ricco calendario di eventi per celebrare L’Infinito di Giacomo Leopardi. Per l’occasione la città marchigiana, dal 21 al 24 marzo, diventerà palcoscenico per conferenze, spettacoli, concerti, dj set, dove ragionare sul tema dell’infinito in tutte le arti. Un evento quindi che vedrà come protagonisti personalità del mondo della cultura e dello spettacolo salire sul palco del Teatro Persiani o al museo di Villa Colloredo Mels: Davide Rondoni, Vittorio Sgarbi, Paolo Crepet, Umberto Bottazzini, Sergio Givone, Samuel dj set from Subsonica, Antonino Zichichi, Remo Anzovino.
Allora sorge spontanea una riflessione: nomi e personaggi lontani dalla poesia sono validi e opportuni testimoni della grandezza dell’opera leopardiana?
L’erba del vicino èsempre più verde?
Quasi mai, in realtà, lo è. Parliamoci chiaro, un artista bravo lo èal di là della propria origine, della propria terra natia; ma quando questa origine diventa, anziché un valore aggiunto, un motivo di vanto, un freno, uno stigma quasi, beh, allora qualcosa non funziona.
Le Marche, storicamente, sono terra di artisti; da Giacomo Leopardi, passando per Raffaello, Rossini, Bramante, fino ad Annibal Caro, Pergolesi, Gentile da Fabriano e molti altri.
Non tutti, allora, hanno avuto nelle Marche, la fortuna che meritavano (si pensi a Rossini, in parte, ma lo stesso Leopardi voleva fuggire da una realtà che ai suoi occhi appariva gretta e troppo provinciale per il suo straordinario talento!).
Se guardiamo al presente poi, ancora oggi le Marche esprimono artisti di prima qualità, con un territorio, oggi come allora, non sempre incline alla comprensione e alla valorizzazione dei suoi talenti, né tantomeno degli operatori professionali che nel territorio investono e scommettono. Valga per tutti, come esempio, il recente caso di Sara Pichelli, marchigianissima, di Porto S. Elpidio, giunta alla ribalta solo grazie alla nomination agli Oscar per il film “Ultimate Spider-Man”di Miles Morales. Sara, per farsi conoscere, è dovuta emigrare, così come molti altri artisti e operatori culturali lo stanno facendo, e giàda anni, perché?

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Perché non sempre la politica, in primis la politica locale, è attenta al territorio, o meglio a ciò che il territorio esprime, e ai suoi operatori. Un artista, che lo si voglia o no, rappresenta una ricchezza, perché è portatore sano di idee, di innovazione, di talento, di ricerca. Ignorarlo èun atto miope, soprattutto se, oltre che ignorarlo, gli si preferiscono i soliti “ noti, presenzialisti televisivi ” ben pagati che vengono in provincia a dirti come va la vita fuori dalla cinta muraria, con l’arroganza tipica di chi, intascato il lauto compenso, si sente in diritto di dire qualsiasi opinione su qualunque argomento (la poesia non dovrebbe essere argomento da insegnanti di educazione fisica o da psichiatri, per intendersi, con tutto il rispetto per gli insegnanti di educazione fisica e per gli psichiatri!).
Insomma, non solo, ma in particolare a Recanati, si iniziano a contare le occasioni perse. Per ascoltare davvero, per innovare, per creare, perché un territorio non sia solo recettore passivo, ma protagonista dei processi culturali che stanno avvenendo e modificando, ovunque, non solo l’arte, ma il pensiero, la capacità critica di tutti noi. Invece, a Recanati come altrove, più che l’arte, la bellezza, il vero, sono l’artificio dei manager, degli sponsor, dei media, a farla da padrone, insomma all’arte si preferisce l’intrattenimento: con quali ricadute? Nessuna, a parte qualche trafiletto. Perché le chiacchiere ex cathedra non portano (ormai) a nulla. Di manifestazioni in cui politicanti, psichiatri da tournée, poeti cari alla Chiesa, attori cari ai salotti, ecc. ce ne sono ovunque, con un rischio di ristagno e di rigetto prossimo. Le cattedre andrebbero abbattute, a questo punto. L’Antico Regime è roba vecchia. Alle cattedre, all’imposizione dall’alto, ai professori, dovremmo sostituire la condivisione, il confronto, la performatività, l’ascolto reciproco, il dialogo.
Occorre quindi una nuova politica culturale, qui come altrove, dove sia possibile scommettere sul territorio, perché, come la storia ci insegna, quasi mai l’erba del vicino è più verde.
Mettere la partecipazione e la trasparenza al primo posto.
Il rinnovamento della vita culturale deve essere all’insegna del pluralismo, della qualità delle proposte e dei progetti. In fondo, citando Citto Maselli, anche con la cultura e la conoscenza si combattono la rassegnazione, la solitudine e l’antipolitica; con la cultura e la conoscenza si costruiscono l’inclusione e la convivenza tra popoli e culture diverse e con la cultura e la conoscenza si combatte la desertificazione di tutte le nostre “periferie”, si ricostruisce la fiducia nelle istituzioni, si ricostruisce una democrazia vera, e una vera riforma dello Stato in tutte le sue articolazioni che metta la partecipazione e la trasparenza al primo posto.
Riteniamo quindi innanzitutto necessario porre fine alle politiche basate sulla precarietà ed occasionalità degli interventi, alla sostituzione dei diritti con “regali e mance” da distribuire a discrezione del “principe” di turno e alla teorizzazione del “mecenatismo”, cioè alla privatizzazione dei diritti e delle istituzioni.
Politiche autoreferenziali che restituiscono moltissimo in immagine per chi le promuove, ma in nessun modo influiscono sulla vita vera dei nostri territori.
Al contrario, vanno messe in atto politiche finalizzate a creare le condizioni culturali, economiche e sociali per accedere alla cultura e ai suoi luoghi e che garantiscano stabilità e trasparenza agli interventi e ai finanziamenti.
No, l’erba del vicino non è quasi mai più verde.
Condivido l’esigenza di una migliore qualità dell’offerta culturale liberandoci innanzi tutto di Sgarbi, delle sue volgarità dei suoi sproloqui e della sua autoreferenzialità. Ieri oltre tutto si è avventurato in una interpretazione gratuita, del tutto infondata de “L’infinito” di Leopardi. Ben diversamente è andata nel pomeriggio a Villa Colloredo, dove c’è stato un incontro iteressante col matematico Bottazzini e poi col filosofo Givone, con interventi e quesiti dell’uditorio, dando vita ad un proficuo dialogo. Il tema è la qualità della proposta, senza indulgere alla spettacolarizzazione o al semplice intrattenimento e ben vengano le intelligenze e le competenze presenti sul territorio. Sembra che al momento ci liberiamo di Zichichi, che non viene, un personaggio che nel panorama scientifico è tra i più reazionari-conservatori esistenti, sarà pure per l’età avanzata, che negano l’evoluzione e vedono la divinità nelle loro ricerche, da finanziare lautamente…