
Draghi Fonte internet
Questi tempi così densi di eventi e di situazioni, anche internazionali, estremamente gravi e pericolose, corrono il rischio di passare sotto silenzio i contenuti del decreto sulla concorrenza all’esame del Parlamento. L’art.6 del Decreto Concorrenza prevede che il Governo sia delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo di riordino della materia dei servizi pubblici locali, concernente le modalità di affidamento e di gestione dei servizi pubblici, nonché la durata dei relativi rapporti contrattuali, nel rispetto dei principi dell’ordinamento europeo e dei principi di proporzionalità e ragionevolezza.
Il Governo, con questa delega imporrà che i Comuni che gestiscono servizi pubblici locali con particolare riferimento al settore dei rifiuti, alla gestione del servizio idrico, al settore del trasporto pubblico locale dovranno fornire una “motivazione anticipata e qualificata, per la scelta o la conferma del modello dell’autoproduzione ai fini di una efficiente gestione del servizio, che dia conto delle ragioni che, sul piano economico e della qualità, degli investimenti e dei costi dei servizi per gli utenti, giustificano il mancato ricorso al mercato, anche in relazione ai risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in autoproduzione”.
In parole semplici i Comuni dovranno motivare sotto il profilo economico perché sceglieranno di affidarsi alle aziende pubbliche (aziende in house, aziende “municipalizzate” o partecipate) invece che alle aziende private. Tale controllo sulle scelte, che lede la autonomia degli Enti Locali, prevede monitoraggi continui da parte dello Stato e “revisione della disciplina dei regimi di proprietà e di gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni, nonché di cessione dei beni in caso di subentro, anche al fine di assicurare un’adeguata valorizzazione della proprietà pubblica.”
In pratica viene sterilizzato il risultato del referendum sull’acqua pubblica e tale regime a favore della gestione privata dei servizi pubblici verrebbe imposto a tutti quelli che oggi sono servizi di interesse pubblico o applicati ai cosiddetti “beni comuni”. Paolo Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale, afferma che deve essere tenuta in seria considerazione la distinzione fra beni in commercio e beni fuori commercio, costituenti il demanio costituzionale, evitando che i beni di prima necessità come l’acqua, le fonti di energia, i servizi pubblici essenziali, nonché il paesaggio e i beni artistici e storici, siano posti sul mercato e acquistati a prezzi stracciati da privati, stranieri o meno. Di fronte a questa proposta l’Alleanza delle Associazioni Ambientaliste Marchigiane invita gli amministratori comunali a prendere posizione contraria alla approvazione dell’art. 6 del decreto Concorrenza, se non altro nella attuale formulazione, che li espropria dalla gestione dei beni pubblici e di valutare, in maniera approfondita, anche attraverso un confronto pubblico, la possibilità della trasformazione delle attuali società di gestione dei servizi in “aziende in house” ovvero società aventi i seguenti requisiti: controllo analogo; attività prevalente, partecipazione pubblica totalitaria.
La Alleanza della Associazioni Ambientaliste Marchigiane di: Federazione Pro Natura, Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra, Lega Abolizione Caccia, Lega Anti Vivisezione Lipu, Lupus in Fabula, Salviamo il Paesaggio, WWF.
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