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Sopravvivere tra multicanalità, convergenza, crossmedia, transmedia e storytelling: parliamone a Cinelinguaggi!

Ogni giorno che passa ci rendiamo sempre più conto di quanto l’evoluzione della tecnologia, la crescente diffusione dei media digitali e il profondo cambiamento delle abitudini delle persone abbiano anche rivoluzionato il modo con cui comunichiamo e raccontiamo storie.

È una rivoluzione culturale prima ancora che tecnologica, che ridefinisce i processi di produzione dei contenuti. Si creano così nuove opportunità, in particolare per giornalismo, marketing, entertainment e cittadinanza partecipativa; queste richiedono nuove competenze e già oggi offrono spazio per nuove professioni. Sempre più spesso capita di sentire o leggere termini più o meno nuovi come convergenza, crossmedialità, transmedialità, senza però che ne sia chiaro il significato (e il fatto che talvolta vengano utilizzati a sproposito non ne agevola la comprensione).

Ho pensato quindi di stendere questa breve e semplice guida, per capire, per orizzontarsi e per sfruttare al meglio le peculiarità di ciascun approccio.

 

Multimedialità

Si ha quando per comunicare un’informazione riguardo a qualcosa ci si avvale di media diversi. Mette in evidenza l’aspetto tecnologico anziché il contenuto e la narrazione.

 

Multicanalità

È l’uso combinato di molteplici canali per creare relazioni, per dialogare con il cittadino/utente e per offrire servizi (distribuzione integrata).

 

Convergenza

La convergenza dei media è il risultato degli effetti provocati dalla rivoluzione dell’informazione, grazie alle nuove tecnologie digitali che creano interdipendenza tra “contenuti” e “contenitori”.

 

Crossmedialità

È la possibilità di mettere in connessione tra loro mezzi diversi di comunicazione grazie alle piattaforme digitali, declinando l’informazione nei suoi diversi formati e canali (produzione integrata).

Esempi di crossmedialità sono Il Signore degli Anelli, Harry Potter.

Programma Cinelinguaggi

Programma Cinelinguaggi

Transmedialità

È la progettazione di sistemi complessi, adattabili a più forme mediatiche, nell’ottica di collaborazione aperta e spontanea con un pubblico. E’ un’evoluzione rispetto ai concetti di multimedialità e di crossmedialità.

La comunicazione transmediale si muove attraverso diversi tipi di media, aggiungendo a ogni passaggio nuove informazioni all’esperienza dell’utente e usando diversi formati di media. Il fruitore avrà così a disposizione vari “punti di entrata” attraverso i quali immergersi completamente nella narrazione. La comunicazione transmediale spesso usa pratiche di co-creazione della narrazione, grazie allo spettatore che da passivo del broadcasting assume anche un ruolo attivo, diventando di volta in volta fruitore, creatore, produttore o spettatore. La transmedialità punta a valorizzare, coinvolgere e raggiungere il maggior numero di persone. Data la sua complessità, richiede un’attenta progettazione.

Parliamo quindi di crossmedia se abbiamo 100 pezzi identici a un singolo pezzo di un puzzle.

Parliamo invece di transmedia se abbiamo 100 pezzi diversi che formano un unico puzzle.

Esempi di transmedialità sono Matrix, Lost, la serie televisiva americana Glee o il progetto Pottermore.

 

Storytelling convergente

Si ha quando vengono distribuiti gli stessi contenuti all’interno di piattaforme editoriali diverse, per quanto perfettamente integrate tra loro.

 

Crossmedia storytelling

Si ha quando un progetto viene declinato su più media distribuendo in ciascuno di essi contenuti specifici e tra loro complementari o addirittura antagonistici.

 

Transmedia storytelling

E’ una narrazione che si sviluppa lungo molteplici canali mediali, su ognuno dei quali vengono distribuiti contenuti specifici, con diversi punti di accesso.

Infine, una presentazione non recentissima ma che rende ancora bene l’evoluzione della narrazione nel tempo, dall’uomo primitivo fino ad arrivare alla transmedialità.

 

Roberto Favini | @postoditacco

Programma Cinelinguaggi

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