di Agnese Ananasso – da Repubblica
Massima affluenza nella prima consultazione che confermò la legge sul divorzio. Poi l’unico altro picco nel 1993 per decidere sul finanziamento pubblico ai partiti, l’anno dopo lo scandalo Mani Pulite
I referendum dal 1974 a oggi: sempre meno al votoIl referendum abrogativo, a differenza di quello costituzionale, è valido soltanto se si raggiunge il quorum, cioè se votano almeno il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Il primo referendum abrogativo in Italia, quello sul divorzio, si svolse nel 1974 e, vincendo il no, confermò la legge. L’affluenza fu altissima, la più alta nella storia della nostra Repubblica: l’87,7% degli aventi diritto si recò alle urne. Da allora è via via diminuita, mantenendosi molto alta nelle prime consultazioni (finanziamento pubblico ai partiti, 1978, 81%) e calando sempre di più, arrivando al 1997: da quell’anno non si è più raggiunto il quorum. Tranne che nel 2011, quando i cittadini sono stati chiamati a votare per la gestione pubblica del settore idrico. In questo caso andò a votare il 54% degli aventi diritto e la norma che affidava ai privati la gestione dell’acqua pubblica venne abrogata.
Il primo referendum che non raggiunse il numero sufficiente di voti fu quello sulla caccia e l’agricoltura del 1990, richiesto da Radicali. Nel 1993 è stata registrata un’inversione di tendenza nella discesa libera dell’affluenza, con un picco del 77%, quando gli italiani sono stati chiamati a votare per l’abrogazione sulla legge del finanziamento pubblico ai partiti. L’anno prima era scoppiato lo scandalo di Mani Pulite. La successiva consultazione (1995) sulla privatizzazione della Rai è stata l’ultima in cui si è raggiunto il quorum, eccezion fatta per il 2011.
Un’ultima curiosità: fino al 1993 si è sempre votato su due giornate, dal ’93 al 2000 solo su un giorno, poi di nuovo su due. Per la consultazione di domenica prossima sulle trivelle si tornerà a una sola data.
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