LO SPECCHIO Magazine

Poesia. Il lamento di Rutebeuf

di Lino Palanca
Per le vie della Parigi già caotica della seconda metà del XIII secolo s’aggira il poeta Rutebeuf. Forse originario della Champagne, giovane, sposato con figlia, si guadagna la vita componendo poemi lirici e pièces teatrali: celebre il suo “Miracle de Théophile” dove si racconta di Teofilo, economo del vescovo di Antiochia in Cilicia, che ha venduto la sua anima al diavolo e viene salvato dalla pietà della Vergine. A Rutebeuf capita di tutto: i guadagni della sua arte sono magri assai, perde un occhio, il cavallo gli si azzoppa, la povertà prende possesso della famiglia. Sono tutte notizie che si apprendono solo leggendo le sue opere, soprattutto i “Dits” (racconti, in versi) perché per il resto, la sua vita è quasi totalmente avvolta nel mistero. Peggio di ogni altra cosa: gli amici lo abbandonano. È il pezzo forte della sua Complainte (il “lamento” del titolo). Scritto probabilmente negli anni 1260, il testo è portatore di un insegnamento intramontabile: finché la disgrazia non ti tocca, la tua casa è ricolma di amici, ma se la fortuna ti abbandona, con lei se ne vanno anch’essi, trasportati dal vento nella notte fredda, come le foglie morte. E non tornano più.

Ecco, in versione italiana, il passaggio del poema dove si piange sull’incostanza dell’amicizia:

 

Dove sono volati i miei amici

che tanto mi erano vicini

e ch’io amavo?

Ho paura che siano svaniti;

tenermeli non ho saputo,

e li ho perduti.

Loro m’hanno fatto male assai,

e da che Dio m’ha dato pena

in ogni dove,

mai uno ne vidi in casa mia.

Certo li ha rapiti il vento.

Così l’amicizia è morta.

Sono amici che s’involano al vento,

e il vento soffiava alla mia porta;

e se li è portati,

e di loro nessuno m’ha dato aiuto

né soccorso offrendomi del suo.

Ecco come s’apprende

che sempre l’amico è lì

per avere da te;

ma se n’avvede ben tardi

chi ha impegnato

i suoi averi per avere amici,

perché non li troverà,

né tutti né un po’,

pronti a sostenerlo.

Da oggi, lascerò il destino vagare

come meglio gli piace

più in nulla intromettendomi.

Se pur ce la farò.

 

I versi di Rutebeuf, specie questa “Complainte de l’amitié” sono stati cantati da stelle di prima grandezza della canzone come Joan Baez  e Léo Ferré. Si possono pescare comodamente nel web. Rutebeuf ha scritto molto, ma la sua fortuna letteraria è legata soprattutto ai “Dits”, opere da collocare tra i primi testi poetici che hanno dato vita a una poesia non più cantata ma da leggere.

Una riflessione, piccola piccola. Ci è sicuramente capitato di vedere schiere di personaggi del così detto bel mondo lamentarsi nei giornali o dagli schermi televisivi di “amici” sempre pronti a servirli finché erano potenti o famosi e altrettanto pronti ad abbandonarli quando la fortuna non è più stata dalla loro parte. Non si tratta però di una esclusiva vip; anche tanti di noi ne abbiamo vissuta qualcuna di esperienze simili, no?