LO SPECCHIO Magazine

Ambientalisti: “stanchi di fare sempre da capro espiatorio per responsabilità altrui”

Secondo i gestori delle stazioni montane delle Marche (Catria, Nerone, Sarnano, Frontignano
Bolognola) “la responsabilità del disastro” del 15 settembre “oltre alle precipitazioni eccezionali è
degli pseudo ambientalisti integralisti e dei loro no”. Potremmo anche chiamarci fuori da questa
polemica, dato che non ci riteniamo né “pseudo” né “integralisti”, ma è evidente che i gestori degli
impianti di risalita puntano il dito su tutte le associazioni ambientaliste marchigiane che hanno
chiesto una moratoria ad ulteriori sperperi di fondi regionali destinati a sovvenzionare stazioni
sciistiche senza alcun futuro economico. Avrebbero potuto risponderci nel merito ma invece ci
attaccano in maniera scomposta e delirante. Secondo loro, gli ambientalisti che da decenni
denunciano, inascoltati, i rischi legati al riscaldamento globale e che non ricoprono alcun ruolo
amministrativo, né hanno funzionari o tecnici nei posti di comando nei comuni, nelle provincie ed
in Regione, sarebbero i responsabili dei 12 morti e dei milioni di danni dell’alluvione che ha colpito
le province di Ancona e Pesaro.

CIÒ NON SOLO È RIDICOLO, MA È FALSO E CALUNNIOSO.

Invece gli amministratori dei comuni, delle provincie e della Regione, di ogni colore politico, che
hanno avuto responsabilità in materia urbanistica e sulla gestione del rischio idrogeologico, non
vengono nemmeno menzionati! Forse perché sono gli stessi che si prodigano per continuare a
finanziare le stazioni sciistiche?? Un’altra falsità è sostenere che basta togliere alberi e ghiaia dai
fiumi per risolvere il problema. Gli ambientalisti non sono mai stati contrari ad opere di mitigazione
del rischio idraulico quando non trasformano i fiumi in canali, e nemmeno alla rimozione di tronchi
in alveo o sotto le arcate dei ponti. Tuttavia per ridurre, e non annullare (perché ormai abbiamo
superato il punto di non ritorno), gli effetti degli eventi eccezionali causati dal cambiamento
climatico serve ben altro: servono estese “aree di laminazione” da ottenere anche spostando case
e fabbriche, bisogna fermare la cementificazione del territorio, occorre piantare alberi e siepi e non
tagliare centinaia di ettari di bosco con la pratica della ceduazione, serve un’agricoltura che non
lasci scoperte larghe superfici di suolo e che non lo impoverisca dell’humus necessario a
mantenerlo assorbente e stabile. Quanto alle piste da sci, le immagini che abbiamo del versante
del Monte Acuto del Catria interessato dai lavori di ampliamento e di esbosco dimostrano
chiaramente la forte erosione subita dalle stesse, con la creazione di profondi fossati, accumuli di
ghiaia e dilavamento della superficie. Non si può escludere che il ristorante il Mandrale sia stato
sepolto proprio dalla massa acqua, ghiaia e fango che è scesa dalle piste Belvedere, Travarco, Le
Gorghe e Cotaline. L’eradicazione di circa 9 ettari di faggeta e l’assenza di inerbimento delle
superfici scoperte, uniti alla forte acclività, hanno sicuramente amplificato il fenomeno meteorico.
Relativamente al lago artificiale che dovrebbe essere realizzato a 1450 m. slm. vorremmo sapere

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come pensano di riempirlo, se in inverno l’acqua verrà utilizzata per la neve artificiale e d’estate le
fonti si seccano (ricordiamoci delle autobotti di questa estate per abbeverare gli animali al
pascolo!). Anche il famoso lago di Pilato sui Sibillini, che è in una grande conca naturale a 1950
m. slm. dove di solito nevica parecchio, si è prosciugato ed è tutt’ora a secco. Gli ambientalisti non
vogliono “riserve indiane” ma una montagna che conservi bellezza e attrattività anche negli anni a
venire, per offrire svago, lavoro e benessere anche alle future generazioni, e che non sia
violentata dalle speculazioni e dagli interessi economici di poche persone con la complicità di
amministratori compiacenti.