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AMARCORD / Attualità Il lamento di Rutebeuf “spicchi di saggezza antica ad uso anche degli uomini d’oggi”

Berlusconi (foto legginotizie.com)

Per le vie della Parigi già caotica della seconda metà del XIII secolo gira il poeta Rutebeuf. Giovane, sposato con figlia, si guadagna la vita componendo poemi lirici e pièces teatrali: celebre il suo “Miracle de Théophile” dove si racconta di Teofilo che ha venduto la sua anima al diavolo e viene salvato dalla pietà della Vergine. A Rutebeuf capita di tutto: i guadagni della sua arte sono magri assai, perde un occhio, il cavallo gli si azzoppa, la povertà prende possesso della famiglia. Peggio di ogn’altra cosa: gli amici lo abbandonano. È il pezzo forte della sua complainte (lamento, appunto). Scritto probabilmente negli anni 1260, il testo è portatore di un insegnamento intramontabile: finché la disgrazia non ti tocca, la tua casa è ricolma di amici, ma se la fortuna ti abbandona, con lei se ne vanno anch’essi, trasportati dal vento nella notte fredda, come le foglie morte. E non tornano più.

Foto radioakr.it

Ecco, nella mia versione italiana, il passaggio del poema dove si piange sull’incostanza dell’amicizia:

Son diventati che cosa i miei amici

che tanto mi tenevo stretti

e amavo?

Ho paura che siano proprio svaniti;

non ho saputo avvincerli a me,

e li ho perduti.

Ma essi mi hanno fatto male assai,

perché finché Dio mi ha tormentato

in ogni dove,

mai uno ne vidi in casa mia.

Credo se li sia portati il vento.

L’amicizia è morta.

Sono amici che s’involano col vento,

e vento c’era davanti alla mia porta;

e così se li è portati,

tanto che nessuno mi diede conforto,

né mi soccorse offrendomi del suo.

Ecco come s’apprende

che sempre l’amico è lì per avere da te;

ma se ne accorge troppo tardi

colui che ha impegnato

i suoi averi per farsi degli amici,

perché non li troverà, né tutti né un po’,

pronti ad aiutarlo.

Da oggi, lascerò il destino andar dove vuole

e avrò cura di non immischiarmi di nulla,

se ce la farò.

Leggendo “che sempre l’amico è lì per avere da te”, mi viene in mente Berlusconi. Tornato alla ribalta perché da lungo non può stare, si è reso conto che lascia a desiderare molto la capacità di riconoscenza dei politici che ha creato o resuscitato nei vent’anni della sua epopea. E capisce pure che di fronte all’amico che ti chiede soldi per sostenere qualcuno in difficoltà, e poi se ne mette in tasca lui un bel po’, è il concetto stesso dell’amicizia che muore (“L’amicizia è morta”). Non sono un tifoso di Berlusconi, voto per gli schieramenti che gli sono avversi e non mi piacciono i suoi progetti politici,tutte faccende che sono liberissimo di fare e di pensare, ci mancherebbe altro. Ma non posso evitare di constatare quanto siano i suoi pretesi amici, e non lui, i veri nani della moralità politica. E non solo politica. Ora che un vento gelido squassa la porta del palazzo fonte del loro potere o del loro piacere, emigrano tutti, o quasi, verso porti più sicuri. Autentici cuor di leone.