LO SPECCHIO Magazine

Poesia. Antonella Anedda, Carolina Carlone, Stefano Simoncelli: la poesia “a infrarossi” Tre uscite di qualità tra gli scaffali della poesia contemporanea

Non è facile, oggi, imbattersi in buoni libri di poesia. Di fronte a un mercato editoriale sempre più schizofrenico, dove il numero dei poeti aumenta esponenzialmente, di fronte a un pubblico, quello della poesia, sempre più ristretto, segnalare delle sillogi è operazione faticosa e complicata, non priva di rischi. Già Raboni nel 1990 ebbe modo di dire, in “Devozioni perverse”: “…Una società che teme e odia la poesia tenta in ogni modo di disinnescarla, di sfigurarla, di annichilirla, trasformandola in un vizio e vezzo collettivo tanto ridicolo quanto innocuo”. In questo mare magnum, in cui talora anche chi è avvezzo alla poesia fa fatica a orientarsi, diventa doveroso segnalare quegli autori che, più di altri, con serietà, continuano la loro ricerca, il loro percorso artistico.

Tre autori , usciti di recente, meritano appunto una citazione: Antonella Anedda, Carolina Carlone e Stefano Simoncelli. Quest’ultimo, cesenate, da anni sulla scena italiana, è uscito per PeQuod con “Residence Cielo”. E’ il 6 dicembre 2017 quandol’autore viene colpito da un ictus. Un evento devastante, dal quale Simoncelli trae ispirazione, raccontando l’esperienza ospedaliera, la malattia e la successiva riabilitazione, con traiettorie ora dolci e commoventi, ora repentinamente drammatiche. Colpisce, di “Residence Cielo” l’asciutezza di linguaggio col quale Simoncelli scende in quel limbo in cui vita e morte si abbracciano. Colpisce pure come la caducità della vita viene raccontata in modo colloquiale, spiazzante, in uno sfondo, quello della provincia romagnola, che continua a essere, come da copione, un po’ sonnambula e un po’ scanzonata, quasi indifferente di fronte al dramma umano del poeta che, faticosamente, si appresta a ri-vivere una vita.

Sempre dalla Romagna, da Ravenna, viene Carolina Carlone, uscita per L’arcolaio, con “Variazioni nel clima”. Cruda, feroce, spietata, la raccolta della Carlone tocca temi scomodi: la guerra, i conflitti, gli episodi di sangue che da tempo segnano la nostra storia globalizzata. Per esempio, alcuni testi sono dedicati a Ilaria Alpi e Milan Hrovatin; altri fanno riferimento ai bambini di Gaza; altri ancora ai migranti. Come giustamente sottolinea Benini Sforza in prefazione però, nei versi della Carlone non ci sono solo morte e distruzione. L’altra chiave di lettura di “Variazioni nel clima” è, al contrario, l’aspirazione a un mondo ideale, il ritorno ad una dimensione più umana, ad una fratellanza che vada ben oltre il cinismo e il materialismo.

Anche Antonella Anedda, uscita di recente con “Historiae” per Einaudi, ha uno sguardo “a infrarossi” verso la realtà circostante. Il personale e l’universale si intersecano, si riflettono specularmente, per cui storia personale e storia dell’umanità sembrano, come in Carolina Carlone, un tutt’uno. A fare da collante, da sutura, la lingua. Una lingua, quella italiana e sarda, modellata con disinvoltura achiropita, capace di impressionare per solennità e vivezza, doti – queste – di alcuni scrittori latini, tra cui Tacito, che continuamente riecheggia in tutte le pagine del libro.

 

 

Piergiorgio Viti