LO SPECCHIO Magazine

Scuola. Storiografia illuminsta

Storiografia Illuminista

E’ stato l’Illuminismo, “Il secolo dei lumi”, che ha contribuito a formare la prima idea della storia universale in senso laico e profano. Esso portava a compimento il complesso rivolgimento del sapere che aveva avuto luogo nel Rinascimento nel campo della conoscenza della natura e del cosmo. Con l’Illuminismo si affermava una concezione avveniristica e attivistica della storia e dei nuovi compiti dell’uomo. Il mito del progresso si affermava in tutti i campi. Gli illuministi ne furono i primi banditori e ne facevano una sorta di escatologia laica, una nuova teoria anticristiana di auto salvazione e palingenesi umana tramite lo sviluppo storico. Nella nuova situazione culturale era evidente e inevitabile un mutamento radicale del carattere educativo della storia e dell’impostazione metodologica critica e formativa dell’insegnamento storico.

  1. La storia da conservazione ed esaltazione di un complesso di valori e di esempi tradizionalmente immutabili diventava riconoscimento e conferma della legge dell’infinito, necessario e prevedibile progresso storico.
  2. Nella prassi didattica, l’insegnamento della storia si affermava come insostituibile strumento di critica e superamento, in funzione del presente e dell’avvenire, dei limiti etici sociali, conoscitivi, tecnici del passato.

Le tappe del mutamento passano attraverso Giovanni Comenio, Giambattista Vico e Jean Jacques Rousseau. Comenio concepisce l’insegnamento della storia come storia del mondo dalla sua prima origine e per tutto il suo sviluppo senza limitazioni di sorta, quale manifestazione nel tempo di un ordine altrettanto regolare, perfetto e sicuro quanto quello fisico e spaziale. Le affermazioni del pensiero comenista si traducono anche su un piano pedagogico didattico. L’insegnamento storico muoverà da una prima esposizione dei fatti essenziali della storia universale nella Scuola Elementare, per giungere poi ad un suo ampliamento ed approfondimento nella scuola latina, come storia del costume, delle istituzioni, delle invenzioni degli uomini illustri di ogni paese, oltre che della storia nazionale. Giambattista Vico, precursore riconosciuto del moderno storicismo, muove da una rivalutazione del sapere filologico letterario proprio della tradizione umanistico retorico per contrapporlo almeno in parte all’astrattismo cartesiano e alla scuola di Port Royal. Il culto della pura ragione e delle scienze meccanicistiche in cui si esprimeva il pensiero di Cartesio sembrava portare grave danno alla conoscenza del mondo storico abbandonata a una sfera prescientifica. Giambattista Vico non solo integra il contenuto del sapere cartesiano ma riporta il criterio di verità dalla sfera individuale del “Cogito” cartesiano a quella pubblica e storica del “consensus gentium”, delle manifestazioni collettive e storiche e perciò appunto naturali. Mito, poesia, linguaggio, istituzioni, leggi, costumi, rapporti giuridici, politici e sociali, eloquenza cessano per Vico di essere modelli statici, trasmessi dal culto secolare di una perfezione formale, per riassumere il significato concreto di momenti del processo di sviluppo dello spirito umano dentro la storia che comincia a svelarsi nella sua integralità, senza censure e fatti oscuri nettamente contrapponibili ad un ordine razionale  esterno ad essa giustapposto. Nel processo unitario e organico di ascesa dell’umana civiltà e società trovano spazio verità ed errore, bene e male, poiché nel sua ascendere dialettico, tutto trova una funzione positiva ed anzi un insostituibile senso di profonda finalità e provvidenzialità. Il male non è più confinato nelle lontane origini ma è sempre incombente sotto la presenza della “barbarie ritornata”. E’ la teoria vichiana dei “corsi e ricorsi” storici, analoga a quella dei “cicli” di Polibio.

Jean Jacques Rousseau non condivide gli entusiasmi per il progresso del “ Secolo dei lumi “, anzi dà un giudizio sostanzialmente negativo sull’esito del processo storico, considerandolo come corruzione e deviazione rispetto alla natura primigenia in sé buona. Questo però non significa che Rousseau parli di un ritorno puro e semplice alla primitiva natura, ma auspica un possibile equilibrio tra lo “stato di natura” in sé buono e la società, le forme di cultura e di vita corrotte, attraverso un processo costruttivo, di “educazione” appunto. Ciò avverrà, sia superando il tipico individualismo settecentesco mediante la fondazione etica della democrazia posta nel Contratto Sociale, sia rivalutando la spontaneità del sentimento e la forza della coscienza morale che Rousseau pensa possa progressivamente e liberamente manifestarsi purché lo sviluppo avvenga secondo natura e nel pieno rispetto delle leggi di crescita e dei bisogni sempre nuovi e differenziati dell’educando. Il carattere anti- intellettualistico e personalistico, spontaneo, dinamico del processo educativo ed il suo scopo umanistico e personalistico portano ad un apprezzamento della storia come fonte di conoscenza dell’animo umano e delle sue grandezze, non meno che in senso catartico ammonitore, dei suoi visi e delle sue miserie. E’ la vecchia impostazione storiografica umanistica pragmatica. La storia fa conoscere positivamente l’uomo e ammonisce circa la non positività dei tanto conclamati progressi storici. Il problema pedagogico- didattico su come, dove e quel è il fine dell’insegnamento storico, è risolto da Rousseau in modo semplicistico:

 

La componente roussoiana di condanna della cultura ritorna anche in Pestalozzi e in Tolstoj in quanto essa, per lo scrittore russo, falserebbe il libero sentimento della vita ed abituerebbe all’ipocrisia e alla menzogna. L’apprendimento della storia poi, in Pestalozzi si riduce a puro esercizio mnemonico: ricordare battaglie, nomi e date.

 

Storiografia Romantica

 

Il Romanticismo accoglie e porta a compimento il pensiero di Giambattista Vico e di Rousseau. Tutto viene storicizzato. La tradizione ritrova una sua valorizzazione, intesa tuttavia non in modo statico ma dinamico – progressivo. Tutta la storia diventa il luogo della progressiva autoeducazione dello spirito presente e operante sia nella sfera individuale sia in quella sociale, politica ed economica. In quest’universo di pensiero, lo studio della storia e la storiografia, intese come presa di coscienza del passato, si presentano quali vere e uniche vie di comprensione del presente che del passato è frutto ed in cui esso vive per produrre nella stessa linea di sviluppo il futuro. Nei Nuovi Programmi del 1979 concernente l’insegnamento della storia nella Scuola Media, questo principio è così formulato: “Lo studio del passato metterà l’alunno nella condizione di valutare con maggiore penetrazione il presente e di assumere elementi per progettare il futuro”.

Dal romanticismo in poi, la storia cessa di essere pragmatica e si avvia ad essere Filosofia critica della storia, Storicismo in senso stretto nei nomi di Windelband, Dilthey, Troeltsch, Max Weber, Splenger, Croce, Meinecke, Cassirer. Questa nuova visione della storia è il risultato della riflessione su tutte le componenti che agiscono e interagiscono tra loro nel concreto agire storico. Le componenti sono molte e variegate. C’è quella idealistico – spiritualistica – nazionalistica, la componente naturalistica, socio – economica con la scoperta dell’influsso talvolta determinante degli sviluppi tecnico – produttivi sulla configurazione della società umana. La componente spiritualistica e quella della “Filosofia dei valori” nascono come reazione alla componente naturalistica e socio- economica. La storiografia cessa di essere semplicemente storia vissuta e tramandata per divenire scienza fondata sull’avvertimento esplicito del divenire storico nel tempo. Le implicazioni di variazioni causali e valoriali richiedono un complesso apparato euristico – critico, una metodologia, un’applicazione e un controllo continuo di categorie e d’ipotesi storiografiche e in ultima analisi d’indirizzi filosofici. La concomitante scoperta della differenziazione fra le età psicologiche di tipi di memoria e di senso del passato e del tempo, della capacità di distacco dal passato e di una sua obiettiva ricostruzione del tutto assente nel fanciullo portano alla disarmante impossibilità di applicare tale nuova configurazione dell’insegnamento della storia nella scuola primaria. Costatata tuttavia l’importanza formativa che l’insegnamento della storia rivestiva come strumento di educazione nazionale della massa dei futuri cittadini, l’insegnamento della storia era inserito ugualmente nella scuola elementare, abbandonandolo tuttavia all’arbitrarietà, mosso da fini pratici, ideologici, pedagogici e politici sia in senso generale sia di pura politica scolastica. Espressione di tale stato di cose e del contrasto di tendenze e della facilità con cui l’insegnamento della storia era sottoposto a improvvise variazioni, sono i programmi di studio della Scuola Elementare Italiana del 1860, 1867, 1894 e 1895, in un periodo di grandi trasformazioni se si pensa al primo e al secondo Risorgimento Italiano con tutti i problemi che esso poneva.

 

Raimondo Giustozzi