da Raimondo Giustozzi
Trump dice di considerare l’offerta di Putin come possibile mediatore tra Israele e Iran, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette
Poche ore prima di partire per la riunione del G7 in Canada, Donald Trump ha detto, sul serio, che Vladimir Putin potrebbe fare da mediatore nel conflitto tra Israele e Iran. Come mi capita sempre più spesso con le sue dichiarazioni, ho passato i primi quindici minuti a chiedermi se si trattasse di un falso, anzi dandolo semplicemente per scontato, e le quindici ore successive, dopo averne verificato l’autenticità, a domandarmi se ciò nonostante, o forse proprio per questo, per il suo essere una dichiarazione pronunciata da Trump, non andasse ugualmente ignorata.
Considerare come possibile mediatore tra Israele e Iran l’uomo che in queste stesse ore continua a bombardare l’Ucraina, con ampio uso dei droni gentilmente forniti dalla Repubblica islamica sua alleata, obiettivamente, non si sa se sia più ridicolo o ripugnante. Ma di sicuro rafforza il sospetto che quello del declino cognitivo non fosse un problema esclusivo del presidente precedente. Fatto sta che è con questo presidente degli Stati Uniti, reduce dalla grottesca parata militare voluta nel giorno del suo compleanno, che gli altri leader occidentali riuniti per il G7 devono avere a che fare, tentando di limitare i danni.
Il suo ruolo, purtroppo, è fondamentale sia nel conflitto mediorientale, sia in quello ucraino. Dunque si ripropone per l’ennesima volta questo strano gioco di società, a metà tra politica e psichiatria, in cui i sei adulti nella stanza (i capi di governo di Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Giappone e Canada, chiamiamoli i Sei Grandi) cercheranno di far ragionare il Gran Bambino (Trump). Ho messo tra i sei adulti anche l’Italia, cioè Giorgia Meloni, ma in realtà è tutto da vedere che parte intenda recitare in questa commedia.
Da qualche tempo, per fortuna, mi pare che anche gli osservatori più benevoli si siano resi conto di come i suoi equilibrismi tra Unione europea e Stati Uniti, di fronte a quello che sta facendo Trump, non siano solo insostenibili e contrari all’interesse nazionale, ma siano anche piuttosto preoccupanti per quanto rivelano delle sue vere intenzioni e dei suoi veri principi. Con la scusa di mediare (anche lei) tra Europa e America, finora Meloni ha potuto mantenere la sua ambiguità, giurando a ciascun interlocutore che lo faceva solo per lui, ma è fin troppo chiaro dove si trattasse di tattica e dove fosse proprio amore.
Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.
Linkiesta, 16 giugno 2025
La Linea, di Francesco Cundari
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