di Raimondo Giustozzi
“In realtà, gli anni della Corsia dei Servi coincidevano con i primi anni di pace e i primi esperimenti di una vita civile e religiosa nella libertà; le figure del conflitto, i morti uccisi per strada, le vendette politiche e le giustizie affrettate, pur presenti e tragiche, erano vissuti come in lontananza, rispetto ad un presente che appariva illuminato da una speranza quotidiana nel fare e nel vivere. Eravamo tutti giovani. Padre Davide e padre Camillo erano fratelli maggiori, Convivevano con le nostre incertezze ma sembravano fruire di una grazia speciale, forse quella che il catechismo indicava come frutto dei sacramenti: erano liberi, molto più liberi di noi, era questo forse il segno visibile di quella grazia. Avevano partecipato alla guerra dalla parte che ritenevano giusta; erano stati e rimanevano antifascisti, ed il loro antifascismo sembrava accordarsi perfettamente con il loro cristianesimo, sembrava anzi in qualche modo dipenderne. La Corsia dei Servi è stata la loro opera, e questo libro ne traccia la storia con grande intelligenza” (Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943- 1963), premessa di Michele Ronchetti, pp. 5-6, Edizione Morcelliana, Brescia, 2025).
Il libro di Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943- 1963), di 219 pagine, è diviso in tre capitoli, declinati in paragrafi di diversa lunghezza, con una premessa, una introduzione, e l’elenco delle pubblicazioni delle “Edizioni Corsia dei Servi”. L’associazione Corsia dei Servi viene fondata nel 1952 all’interno del Convento di San Carlo (MI), con il fine di organizzare incontri e dibattiti, un cineforum, una libreria e una casa editrice specializzate. Significativo fu il ruolo, che ebbero nella gestione e nella promozione delle attività proposte dalla Corsia dei Servi, di un gruppo di laici: Lucia Pigni Maccia, Giuseppe Ricca, Desiderio Gatti e Giuseppe Merzagora. La scelta di responsabilizzare dei non religiosi avrebbe creato tensioni e polemiche tra la Corsia e l’Ordine dei Servi di Maria, la congregazione religiosa alla quale appartenevano i padri Turoldo e De Piaz.
“Nella chiesa preconciliare risultava poco accettabile che all’interno di una struttura religiosa si formassero centri e associazioni che ponessero sullo stesso piano religiosi e laici. Solo in poche eccezioni, in Italia, si erano tentati esperimenti di collaborazione” (ibidem, pag. 21). A Genova era nata nel gennaio 1946 la rivista “Il Gallo”, diretta da Nando Fabro, sostenuta da un gruppo di laici cattolici che, già negli anni di guerra, entrando a far parte della resistenza al Nazi Fascismo, avevano testimoniato un vissuto di fede differente rispetto a quello del cattolicesimo ufficiale, attardato al trionfalismo della Conciliazione tra Stato e Chiesa. A Firenze, nello stesso periodo nasceva la rivista “L’Ultima”, fondata da Adolfo Oxilia, e raccolta attorno a Mario Gozzini, Silvano Giovannelli, Bruno Nardini, Bruno Nardini, Mario Pellegrini, Enzo Salomone e Giovani Papini. Ambedue i gruppi cercavano un dialogo con le forze laiche, anche quelle che politicamente, negli anni più bui ma esaltanti della Resistenza, avevano combattuto contro il Fascismo e il nazismo. D’altronde il CLN era nato con la collaborazione di tutte le forze antifasciste.
Questi “nuovi” cattolici riaffermavano che il Cristianesimo era l’ultima possibile speranza d’una resurrezione del genere umano”. Sempre nel 1946, la casa editrice di Brescia Morcelliana pubblicava il mensile “Humanitas”, diretto da p. Giulio Bevilacqua, Michele Federico Sciacca e Mario Bendiscioli, con l’intento dichiarato di affrontare “le inquietudini e i problemi maturati nella dolorosa esperienza del nostro tempo”. L’obiettivo era di ricollegarsi alla antica e gloriosa tradizione italiana che aveva portato al connubio tra Chiesa e cultura, anzi, tra cattolicesimo e vita italiana. Nel 1949, a Modena nasceva “Adesso”, “Quindicinale di impegno cristiano”, come cita il sottotitolo, animato da don Primo Mazzolari, parroco di Bozzolo. Tra i più significativi luoghi di elaborazione e di progettazione culturale, nasceva nel 1958, a Firenze, quella di Giorgio La Pira, la rivista “Testimonianze”, fondata da padre Ernesto Balducci, dell’ordine degli Scolopi. La rivista era vicina all’esperienza comunitaria del gruppo di giovani che si raccoglievano nel circolo del “Cenacolo”. Tutti i simpatizzanti si mostravano insofferenti nei confronti dell’attivismo dell’Azione Cattolica di Luigi Gedda e in generale delle rigidità che contrassegnavano il pontificato di Pio XII. Il loro intento era di “Sclericalizzare la teologia e creare una cultura cattolica teologicamente qualificata”. I punti di riferimento erano i teologi e gli scrittori francesi: De Lubac, Daniélou, Congar, Maritain, Mounier, Gabriel Marcel e Georges Bernanos.
A Venezia, nel 1958, nasceva la rivista “Questitalia”, fondata da Wladimiro Dorigo, anche essa attenta alle riflessioni della teologia d’oltralpe; la rivista si dichiarava non cattolica o di cattolici – anzi negò sempre con determinazione la legittimità di tale definizione – anche se pose al centro dei propri interessi il tema dell’organizzazione politica dei cattolici e del ruolo che essi avevano nell’Italia del secondo dopoguerra. Nel 1961, nel solco della nuova sensibilità religiosa e politica inaugurata da Papa Giovanni XXIII, nasceva la rivista “Relazioni Sociali”, composta per lo più da giovani provenienti dalla FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), Emanuele Ranci Ortigosa, Valerio Onida, Franco Bassanini, Marco Garzonio. A Milano, già tra il 1943 e il 1945 si crea una resistenza cittadina, non solo di matrice cattolica ma anche laica e comunista. Tra gli altri, frequentava le riunioni della Corsia dei Servi, Eugenio Curiel; anime della associazione erano Turoldo e De Piaz. Assieme alla associazione nasceva la rivista “L’uomo”.
Le strutture ecclesiastiche milanesi, dopo l’8 settembre 1943, avevano difeso quanti si opponevano al Nazi Fascismo: “Presso l’Istituto delle Sorelle della Riparazione in corso Magenta lavorava il comando del Corpo Volontario della Libertà; nello stabile dei Salesiani di via Copernico capitava che si incontrassero i vertici del CLNAI; nel Piccolo Cottolengo e nell’Istituto Palazzolo trovavano ospitalità ricercati politici, e a causa di tali atti di solidarietà, tre suore furono arrestate dai tedeschi e portate a S. Vittore. David Maria Turoldo e padre Camillo Maria de Piaz erano incaricati dal CLNAI dell’assistenza religiosa ai perseguitati politici e alle loro famiglie. Avevano fondato con alcuni docenti dell’Università Cattolica di Milano, tra i quali Mario Apollonio, Gustavo Bontadini e lo scrittore Dino Del Bo, il periodico “L’Uomo”, già stampato clandestinamente durante la Resistenza come espressione del “Movimento spirituale per l’Unità d’Italia” (Pp. 34- 35).
David Maria Turoldo era stato incaricato dal cardinale Ildefonso Schuster di tenere, dal 1943 al 1953, la predicazione domenicale nel duomo di Milano; nei mesi più difficili della resistenza milanese fu anche invitato dalla curia a nascondersi perché ricercato dai Nazi Fascisti. Tutta la diocesi milanese diede un alto contributo alla Resistenza. “Per soffermarci all’ambiente milanese, quella cioè dove nacque l’esperienza delle Corsia dei Servi, è necessario ricordare i martiri antifascisti come Giancarlo Puecher, Ernesto Vercesi, già amico all’inizio del Novecento di Romolo Murri, e Teresio Olivelli; né si deve scordare la figura di Ezio Franceschini o quella di Giuseppe Lazzati, entrambi dichiarati e ardenti antifascisti” (Introduzione, pag.11, op.cit.).
L’interesse verso i poveri portava David Maria Turoldo e i confratelli del San Carlo ad istituire la Messa della Carità, durante la quale si esponevano i problemi di alcuni indigenti e si sollecitavano i fedeli a provvedere ad aiutarli. Inizia così il sodalizio con la comunità di Nomadelfia di don Zeno Saltini, approvato e sostenuto anche dal cardinale Ildefonso Schuster. Questi, durante la messa celebrata, in duomo il 13 novembre 1949, affidava alle cure di don Zeno Saltini 50 bambini. David Maria Turoldo, assieme alla contessa Giovanna Albertoni Pirelli, era l’anima del comitato milanese di aiuto a Nomadelfia. Questa radicalità evangelica, col tempo, veniva ostacolata dai vertici della Congregazione dei Servi di Maria e don David Maria Turoldo, su pressioni del Sant’Uffizio, venne allontanato da Milano nel gennaio 1954, destinazione Innsbruck. Cominciò così per Turoldo una lunga peregrinazione che lo portò anche in Germania, in Inghilterra e in Canada; nonostante avesse sempre cercato di tornare a Milano, e avesse chiesto in questo senso un intervento dell’arcivescovo cardinal Montini, ciò che gli fu sempre impedito, tanto è vero che nel 1964 decise di collocare la propria residenza a Sotto il Monte, il paese natale di papa Giovanni XXIII, dove attorno a lui si creò la comunità di Emmaus che si connotò subito per la sua attenzione per il dialogo ecumenico” (Introduzione, pag. 19, op.cit.).
Il libro di Daniela Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943- 1963) è una attenta e precisa ricostruzione del periodo storico, basata su documenti per lo più ignoti su Turoldo, De Piaz, la Corsia dei Servi e la Milano, capitale morale d’Italia, nei giorni della Resistenza e nei primi anni del dopoguerra. Scrive Michele Ranchetti, uno dei protagonisti del rinnovamento laicale cattolico, leggendo i documenti tirati fuori degli archivi: “Dopo molti anni di distanza ci siamo accorti del prevalere costante e spietato controllo, diffidente e ingeneroso da parte della gerarchia, occhiuta e meschina, e comunque attenta a non sprecare un attimo di potere chinandosi benevolente sui suoi servi indisciplinati, e rinviandone la persecuzione a tempi più maturi, quando il recuperato potere di Roma avrebbe consentito di disperdere, come si diceva, i frammenti di novità pericolosa” (Michele Ranchetti, Prefazione, pp. 7-8. Op.cit.).
Indice del libro.
Capitolo Primo: La Milano cattolica nel secondo dopoguerra.
“Durante la seconda guerra mondiale il mondo cattolico milanese, come del resto quello nazionale, non volle indulgere a toni bellicosi né si mostrò sensibile alla propaganda del regime, ma si attestò su una linea di obbedienza all’autorità costituita e di disponibilità al servizio” (Daniela Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943- 1963), pag. 29). L’atteggiamento cambia dopo l’8 settembre 1943. Anche il cardinale Schuster, sollecitato anche dal risveglio del mondo operaio, nel Natale di quell’anno, non mancava di fare cenno alle “giuste richieste” della classe operaia e “all’errore di accentrare nell’arbitrio di uno solo le sorti di un’intera nazione”. Non mancò anche di condannare sia il movimento “Crociata italica”, vicino alla Repubblica di Salò sia i gruppi insurrezionali comunisti.
Giovan Battista Montini, prima arcivescovo (1954), poi cardinale (1958) della diocesi ambrosiana, visse il periodo più esaltante del capoluogo lombardo. “Milano fu per Montini l’incontro effettivo, non letterario e non intellettualistico col mondo contemporaneo. L’arcivescovo capì che lo stile metropolitano, tutto volto al lavoro e alla costruzione di un benessere individuale, stava sconvolgendo lo scenario ambrosiano e, profondo conoscitore della tradizione lombarda, ritenne che proprio l’esempio di San Carlo Borromeo potesse servire in un momento di così radicali trasformazioni. Senza cadere nell’illusione di poter riproporre ai giorni nostri formule e schemi di cinque secoli prima, giudicò che la norma, la forza, la costanza, la severità, il coraggio, la bontà, la pietà, a santità, secondo l’esempio di San Carlo, fossero d’aiuto per l’uomo contemporaneo. Durante l’episcopato montiniano, Milano assunse un ruolo trainante, rispetto al quadro cattolico nazionale, perché si affermò un bisogno di rifondazione metodologica del rapporto fra cristiano e dimensione civile della storia” (Daniela Saresella, David M. Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943- 1963), pp. 48- 49, Morcelliana, Brescia, 2025).
Durante tutto il periodo montiniano, molti intellettuali cattolici trovarono nella città lombarda il punto di riferimento per mettere a punto il proprio impegno politico: Lazzati, Vito, Romani, Granelli, Marcora, Bassetti. I “professorini”: Dossetti, Fanfani, La Pira, formatisi nell’alveo dell’Università Cattolica, erano portatori di un progetto politico nuovo, ossia di uno Stato diverso sia da quello liberale che da quello comunista. Il gruppo Lombardo dell’Unione Cattolica diventava attivo dal gennaio 1947 e univa figure di primo piano dell’imprenditoria meneghina: Carlo Boni, Arturo Molteni, Angelo Testori, Enrico Falk.
Capitolo Secondo: Il convento di San Carlo negli anni della guerra e della ricostruzione.
Il convento di San Carlo è il luogo dove nasce concretamente “La Corsia dei Servi”: “La Corsia nacque dunque da un gruppo di frati e laici, aiutati e confortati dall’adesione morale di numerosi amici; si trattava di una nuova formula di apostolato, priva di apparati organizzativo, aperta e disponibile alle richieste della presenza e della testimonianza nel mondo contemporaneo. Attorno al convento di San Carlo si riunì il meglio dell’intellighenzia cattolica di quegli anni. Alla prima riunione, che si tenne a Milano il 12 ottobre 1952, parteciparono: Nazareno Fabretti, Nando Fabro del gruppo genovese “Il Gallo”, Adolfo Oxilia, Mario Gozzini dell’Ultima, Valerio Volpini di Fano, mons. Mariano Campo dell’Università Cattolica, il prof. Pestalozza, il prof. Giuseppe Merzagora, Giuseppe Lazzati e Giuseppe Ricca” (ibidem, pag. 84).
Per la Corsia dei Servi è il periodo più esaltante ma anche il più difficile per i frati del convento San Carlo di Milano. Molti religiosi si allontanavano dalla Congregazione Dei Servi di Maria, non per motivi di carattere dottrinale. Appoggiavano in pieno l’esperienza di don Zeno Saltini e la comunità di Nomadelfia. La casa editrice della Corsia dei Servi pubblicava libri di narrativa e teologia francese: Renè Voillaime, Jean Daniélou, Georges Bernanos, Jacques Maritain. Turoldo stesso pubblicava le proprie raccolte di poesie: Io non ho mani (1948), altre sue poesie venivano pubblicate nella rivista “L’Uomo” (Eppure di là Qualcuno, E tu mi porterai, Verbum Caro Factum est). Si moltiplicavano le programmazioni di cineforum ampiamente frequentati da studiosi e intellettuali, anche di sinistra. Elio Vittori tentò di aprire un dibattito con la Corsia dei Servi. Lo scrittore siciliano aveva pubblicato sul Politecnico un articolo dat titolo “Una nuova cultura”, in cui criticava la frase del Vangelo di Matteo “Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio”., perché aveva permesso che lo Stato, e dunque in concreto il mondo fosse lascato in mano ai politici che avevano trascinato l’umanità verso le più tragiche e incontrollate esperienze. A questo articolo rispondeva Camillo De Piaz con un suo articolo nel quale accettava la provocazione dello scrittore ma teneva anche a precisare che lo stesso si era messo in cattedra e indossato la toga (pag.64- 65.
Capitolo Terzo: La Corsia dei Servi nella Milano preconciliare (1953- 1962). Il convento di San Carlo e l’esilio di Turoldo, Montini arcivescovo di Milano e la Corsia dei Servi, un tentativo di chiusura della Corsia, nuove regole per la Corsia, le peregrinazioni di Turoldo, verso il Concilio, il Bollettini Corsia dei Servi, sono i paragrafi di questo ultimo capitolo. Gli occhiuti superiori dell’ordine controllavano quanto scriveva David Maria Turoldo e tutto ciò che costituiva l’attività della Corsia dei Servi, anche per le pressioni esercitate da Roma, in particolare dal Sant’Ufficio. “Montini si diceva contrario a provvedimenti nei confronti della Corsia dei Servi, prima perché s sarebbe privata la città di Milano di un delicato e provvido strumento di apostolato, che nessun altro era in grado di compiere, secondo, perché avrebbe suscitato reazioni assai spiacevoli, sia nell’intimo di coscienze tuttora avide di verità cristiana – e aggiungeva anche che – gente incamminata verso di noi, si rivolterebbe contro di noi, senza forse speranza di recupero” (pag. 158).
“Nella chiesa preconciliare risultava inaccettabile che all’interno di una struttura religiosa” (Il convento di San Carlo e l’Ordine dei Servi di Maria) si formassero centri e associazioni (la Corsia dei Servi) che ponessero sullo stesso piano religiosi e laici, non riconoscendo di fatto la guida e la superiorità dei primi rispetto ai secondi” (pag. 165). A questa mentalità, diffusa negli ambienti ecclesiastici italiani, rispondeva Camillo De Piaz: “Qui da noi (in Italia) non è esistito mai un laicato vero e proprio, fin dal tempo di Dante. È esistito ed esiste un altro laicato, profano e nocivo, istruitissimo e ignorante allo stesso tempo; non esistono facoltà teologiche presso le università; non c’è un retroterra culturale, né una visione autentica della Chiesa; tanto meno una piattaforma soprannaturale consapevole all’azione dei cattolici. I Vescovi che sono a un tiro di schioppo da Roma; il clero carico di privilegi; le trincee della cristianità credute molto lontane” (pag. 190- 191).
David Maria Turoldo proponeva una propria riflessione che si allargava anche alla politica nazionale e al ruolo del partito dei cattolici: “La vecchia abitudine al comando uccide ogni iniziativa. Il doroteismo è una nostra creazione (un giorno vorrei tentare un trattato sulle forme morbose del potere: una morfologia sul male da cui sono infettati vasti settori laico- cattolici d’Europa). Pochi altri atteggiamenti politici sono così sottilmente nocivi quanto il doroteismo: questo abito da festa del potere; questa capacità camaleontica del trasformismo, in vista sempre del potere” (pag. 191).
Ma i Servi di Maria del Convento San Carlo non smettevano di sognare e di preparare il futuro. Furono loro, tra i primi, a proporre per i laici cattolici dei corsi di formazione teologica per quanto volessero dedicarsi all’insegnamento religioso nelle scuole medie e superiori. Fu proprio per il loro impegno che nasce a Milano quello che diventerà nel tempo il Corso Superiore di Scienze Religiose, con l’opportunità di continuare gli studi di Teologia nelle università ecclesiastiche. Sono in continuo movimento; anche se controllati, si incontrano in diverse località della Brianza, tra tutte la città di Erba, fuori Milano, per affinare proposte, indicare mete da raggiungere, organizzare convegni, superando ostacoli di ogni sorta.
Le fatiche di Camillo De Piaz, di David Maria Turoldo e di altri amici che ruotavano attorno alla Corsia dei Servi troveranno attuazione con il pontificato di Giovanni XXIII: “Gli anni di Giovanni XXIII e le aperture conciliari erano alle porte, anticipate dal cattolicesimo francese e da alcuni gruppi e credenti anche in Italia; tra questi senz’altro per il loro rilevo intellettuale e per la loro ricca spiritualità c’eran Turoldo, De Piaz e gli altri padri e laici che seppero fare della Corsia dei Servi di Milano un luogo di importante testimonianza e di ricerca del nuovo spirito che il Concilio avrebbe legittimato” (pag. 216). È la conclusione del libro. Protagonisti, avvenimenti, contesto storico, culturale, politico e sociale sono alla base del saggio, che offre un quadro veramente esaustivo di anni lontani da noi, ma che hanno contribuito a formare quello che siamo oggi. David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e tutti gli altri protagonisti del variegato mondo cattolico, dalla Resistenza al secondo dopoguerra, ci dicono di ritornare a sognare in un presente triste e grigio dominato da guerre e da figure affatto rassicuranti, che pure hanno in mano il destino del mondo.
Anche Guccini ci invita a sognare, attraverso le sue molte canzoni, tra tutte, Cyrano “Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati, / buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza; / godetevi il successo, godete finché dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura / e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l’ignoranza dei primi della classe. / Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna. / Gli orpelli? L’arrivismo? All’amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco, / io non perdono, non perdono e tocco! (Francesco Guccini, Cyrano).
Raimondo Giustozzi
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