Non è solo una scheda. È il tuo contratto con il futuro.
Se hai meno di 35 anni, è molto probabile che tu conosca bene il significato della parola
“precariato”: contratti che scadono prima ancora di iniziare a sentirsi sicuri, chiamate last-
minute per lavorare, tirocini eterni e non retribuiti, lavori saltuari pagati in voucher.
Nel frattempo, si continua a parlare di “futuro”, “opportunità”, “ripresa”. Ma dove sono,
davvero?
L’8 e il 9 giugno puoi smettere di aspettare risposte e iniziare a darne una tu. Ai
referendum sul lavoro si decide se continuare così — oppure voltare pagina.
Cosa si vota esattamente?
Il referendum popolare mira ad abrogare parti delle leggi che alimentano il lavoro precario
o poco sicuro.
I quesiti sono tecnici, ma le conseguenze sono molto concrete. Ecco un riassunto
semplificato:
1. Stop al lavoro a termine senza limiti: oggi le aziende possono rinnovare i contratti a
tempo determinato quasi senza motivo. Il referendum punta a bloccare questo abuso.
2. Più sicurezza, più responsabilità: se ti fai male in un appalto, il committente può
lavarsene le mani. Con il “sì”, tornerà ad avere responsabilità diretta.
3. Limiti al lavoro a chiamata: basta proroghe infinite di contratti “a intermittenza”, che non
garantiscono né orari né stabilità.
4. Contro l’abuso dei voucher: uno strumento nato per lavori occasionali che oggi copre
anche quelli continuativi. Il referendum vuole fermare la deriva.
Qualche numero che parla chiaro
Oltre 1 milione di giovani italiani lavora con forme di contratto precarie.
Il 52% degli under 30 cambia lavoro ogni anno.
Gli incidenti sul lavoro coinvolgono sempre più giovani e lavoratori esterni agli organici
ufficiali.
Più del 70% dei giovani italiani dichiara di sentirsi “insicuro” rispetto al proprio futuro
lavorativo.
Perché è importante partecipare
Non si tratta solo di dire “no” a qualcosa. Ma di dire sì a un’idea diversa di lavoro: stabile,
dignitoso, tutelato.
E soprattutto, di dimostrare che i giovani non sono assenti, ma presenti e consapevoli.
Chi ha reso precarie le nostre vite spera che stiamo zitti, o peggio, che restiamo a casa.
Ma questa volta non è un voto lontano dalla realtà. È personale.
Il lavoro non deve più far paura.
Il voto è uno strumento potente. Non è perfetto, ma è l’unico che abbiamo per farci sentire.
L’8 e 9 giugno, non restare in panchina. Il cambiamento inizia con una X.
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