di Ferruccio de Bortoli corriere.it
Incoraggiare all’astensione, fenomeno purtroppo confermato nella sua gravità nelle ultime elezioni, contribuisce a depotenziare un istituto di fondamentale importanza come il referendum
Arrivano cinque quesiti referendari, sottoposti al voto popolare l’8 e 9 giugno. E più dei contenuti si discute sulla possibilità che si raggiunga (impresa titanica) il quorum che renda valida la consultazione. È del tutto legittimo – lo ha fatto Forza Italia – invitare all’astensione. Meno che si dica che i costituenti abbiano previsto che il voto sia solo un diritto. In realtà, come prevede l’articolo 48 della Costituzione, è anche un «dovere civico». Ed è la partecipazione che irrobustisce il diritto, mentre l’astensione lo indebolisce al punto da farlo apparire inutile. È questo il punto che dovrebbe essere chiaro soprattutto a chi ha a cuore la sovranità popolare.
«L’assemblea costituente – spiega Marilisa D’Amico, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Statale di Milano – sottolineò questo aspetto del dovere civico proprio perché il diritto di voto, fondamentale in una democrazia rappresentativa, non è soltanto il modo di dare voce alla volontà popolare. È lo strumento indispensabile per realizzare e difendere tutti i principi costituzionali. E non a caso, per tanto tempo, l’astensione ha comportato una sanzione amministrativa, poi scomparsa».
Parlando del referendum bisogna ricordare che, nel nostro ordinamento, ha solo valore abrogativo. Dunque, ci si esprime su temi già votati dalle Camere che rappresentano la volontà popolare. Il quorum è, sotto questo aspetto, indispensabile. Incoraggiare all’astensione, fenomeno purtroppo confermato nella sua gravità nelle ultime elezioni, contribuisce a depotenziare un istituto di fondamentale importanza, come il referendum, già sfibrato purtroppo negli anni da qualche eccesso. Alla fine diventa arduo riproporlo per altri quesiti, magari più importanti.
Discutere nel merito le proposte, giuste o sbagliate che siano, difendendo leggi votate in Parlamento (e non lasciandole al proprio destino) è esercizio di educazione civica oltre che di coerenza politica (in qualche caso venuta meno). Meglio che gli elettori si confrontino sul tema. Poi decidano in piena libertà. Anche di astenersi.
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