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Europe on my mind L’orbanizzazione della Georgia e le promesse dell’Unione europea

georgia-Nella terza giornata de Linkiesta Festival, sul palco dei Bagni Misteriosi a Milano, Nona Mikhelidze e Seyda Canepa dialogano sul futuro di Tbilisi che si trova davanti al rischio concreto di diventare una democrazia illiberale

 

Linkiesta ha deciso di premiare come donna europea dell’anno la presidente della Repubblica georgiana Salomé Zourabichvili per il suo atto di coraggio nel denunciare i brogli delle ultime elezioni, truccate dal partito di governo “Sogno georgiano”. Come spiegato nell’articolo all’interno dell’ultimo numero de Linkiesta magazine, Zourabichvili è l’ultimo e più forte ostacolo alla orbanizzazione completa della Georgia, e rischia di non essere rieletta alle prossime elezioni presidenziali di dicembre. Nonostante il suo accorato appello alla Corte costituzionale per dichiarare il voto illegittimo, il governo ha ignorato queste accuse, convocando comunque la prima sessione del Parlamento.

Le proteste non si sono fatte attendere e il 23 novembre, anniversario della rivoluzione delle rose del 2003, sono culminate in una manifestazione simbolica guidata dalle manifestanti georgiane che si sono dirette verso la residenza di Bidzina Ivanishvili, considerato l’oligarca che governa informalmente il paese. E lo hanno fatto con le valigie in mano, simbolo del grande esodo dei georgiani dal paese, ammassandole davanti al cancello della residenza, e gridando: «Tu te ne vai, noi restiamo qui». Infatti su una popolazione di appena quattro milioni, un milione di georgiani vive all’estero, una cifra cresciuta significativamente sotto il governo di “Sogno Georgiano”.

Il futuro di Tbilisi è quindi incerto, in bilico tra un destino di democrazia illiberale e una fragile, ma ostinata speranza di essere uno Stato di diritto solido in grado di entrare presto e a pieno titolo nell’Unione europea. Quale tendenza prevarrà? Una risposta provano a darla le due ospiti dell’incontro “Georgia on my mind”, moderato dal giornalista de Linkiesta Alessandro Cappelli.

Secondo Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca dell’Istituto Affari Internazionali, ciò che è accaduto in Georgia non può essere isolato dal contesto globale. «Certo, non si possono paragonare queste elezioni a quelle statunitensi o europee per importanza, ma emergono dinamiche comuni. Oligarchi, denaro e potere hanno preso il sopravvento sui valori democratici. L’informazione è stata usata in modo sbagliato, manipolata, e la disinformazione ha prevalso, erodendo i fondamenti stessi della società. Quello che è successo qui ricorda ciò che accadde 21 anni fa, nel 2003, durante la Rivoluzione delle Rose. Allora, come oggi, si parlava di elezioni falsificate e della violazione di un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione: la segretezza del voto».

In Georgia, come in tanti altri paesi ex sovietici, la lotta contro la Russia è una fuga dal malgoverno, dalla corruzione, dal nepotismo, dalla povertà e dall’ingiustizia sociale. Non che in Europa non ci siano problemi, ma per noi è un’alternativa chiara. Quando il popolo georgiano si è trovato davanti a due modelli – quello russo e quello europeo – ha scelto Bruxelles. «E non è per propaganda, non è per entrare nella Nato o in altre strutture; è semplicemente umano. Le persone vogliono una vita migliore, e quella vita migliore la vedono in Europa, Ma non voglio dare l’impressione di essere pessimista. Chi come me è nato sotto il colonialismo sovietico non ha il lusso di piangersi addosso. Penso che l’Ucraina abbia già vinto la sua guerra per la sovranità e l’indipendenza, anche grazie all’aiuto occidentale. Ormai il distacco dell’Ucraina dalla Russia è definitivo, sia a livello statale che sociale. Ma è importante che l’Occidente prenda coscienza dei reali obiettivi della Russia. Quello che Mosca è riuscita a fare in Georgia – e che voleva fare in Ucraina – è infiltrarsi senza carri armati. In Georgia hanno occupato il venti per cento del territorio fisicamente, ma hanno anche esportato il loro modello di governance, cooptando il governo locale. Questa è una battaglia che la Russia sta applicando su scala globale», spiega Mikhelidze.

Secondo l’analista georgiana non tutto è perduto e bisogna continuare a lottare per un futuro migliore: «Per noi georgiani, vedere l’Ucraina resistere è fonte di speranza. In mezzo a enormi difficoltà, guardiamo a quello che stanno facendo con profonda ammirazione. E per questo saremo eternamente in debito con il popolo ucraino: non stanno lottando solo per loro, ma per tutti noi che siamo stati colonizzati per secoli. Rimane però l’amarezza. Dopo ventun anni dalla Rivoluzione delle Rose, ci ritroviamo di nuovo a lottare per un diritto basilare come quello al voto libero e trasparente. È difficile, ma non dobbiamo arrenderci e prendere come ispirazione Maro Makhashvili, una giovane donna georgiana che nel 1921 combatteva contro le truppe sovietiche. Poco prima di morire scrisse al padre: “Caro babbo, per ora sto bene. Il nemico è ancora lontano e i nostri stanno combattendo duramente. Non fa nemmeno così freddo. Non abbiate paura. Vinceremo con gloria”».

Sul palco della Sala Testori nei Bagni Misteriosi, è intervenuta anche Seyda Canepa, corrispondente per l’emittente turca Ntv, secondo cui una parte del problema è dell’Unione Europea che a volte assume un atteggiamento attendista verso i paesi che desiderano farne parte, come la Georgia. «Lo abbiamo visto anche con la Turchia: si tira indietro, aspetta di vedere cosa accadrà, ma non sempre è proattiva. Questo approccio fa sorgere domande. L’Unione Europea non deve promettere cose che non può mantenere. Se Bruxelles offre un percorso di adesione, deve essere chiara, fissare delle scadenze, chiedere riforme precise e monitorare i progressi. Ma, molti paesi incontrano ostacoli interni nel realizzare queste riforme. Allora, forse, è l’Europa stessa che deve rivedere alcune delle sue istituzioni e procedure per supportare meglio questi paesi e le loro società civili. Bisogna affiancare i governi e i popoli in modo più stretto per aiutarli a costruire una società più democratizzata».

Un momento critico per la società georgiana è stato quando il governo ha introdotto la legge sugli ’agenti stranieri’, una misura controversa che costringe a registrarsi in un apposito elenco, diventando di fatto soggetti a un controllo governativo, tutte le associazioni, giornali o altre organizzazioni che ricevono più del venticinque per cento dei loro fondi dall’estero. La reazione dell’Unione Europea non si è fatta attendere: il processo di integrazione della Georgia è stato immediatamente congelato, lasciando secondo Canepa la società civile georgiana in una situazione paradossale: «Da una parte deve confrontarsi con un governo influenzato dalla Russia, dall’altra sente che l’Unione Europea – che dovrebbe rappresentare una speranza – non fa abbastanza. Se l’Ue sostiene un governo che opera sotto l’influenza di Mosca, non fa che rafforzare le dinamiche che il popolo georgiano sta cercando di combattere. La situazione rimane intricata, ma è chiaro che la Georgia è a un bivio: da un lato c’è la volontà del popolo di proiettarsi verso l’Europa, dall’altro c’è una classe politica che sembra seguire un percorso diverso. L’Unione europea dovrà decidere se essere spettatrice o giocare un ruolo attivo nel sostenere questa transizione».

Bisogna però fare un passo indietro e capire davvero il percorso che ha portato il governo sempre più vicino alla Russia. Ufficialmente, il “Sogno Georgiano” si dichiara pro-europeo, ma il modello a cui si ispira secondo Mikhelidze è ben diverso da quello che ci si aspetta: «È l’Europa di Viktor Orbán, un’Europa conservatrice e distante dai valori progressisti dell’Unione Europea. Non a caso, Orbán è stato tra i primi a congratularsi con il governo georgiano dopo le elezioni, ribadendo questa affinità ideologica».

All’inizio il governo si era presentato come un grande sostenitore del processo di integrazione euro-atlantica. Avevano sottoscritto accordi di associazione con l’Unione Europea nel 2013 e implementato numerose riforme tecniche, tanto da posizionarsi tra i migliori performer del Partenariato Orientale, insieme a Moldova e Ucraina. La Georgia era al primo posto per il numero e l’efficacia delle riforme tecniche. Ma questo risultato si è fermato di fronte a questioni politiche cruciali: l’indipendenza del sistema giudiziario, il rispetto dei diritti umani, e il trattamento delle minoranze etniche e sessuali.

Mikhelidze spiega al pubblico de Linkiesta che il governo georgiano ha reindirizzato gradualmente l’economia verso i mercati russi. «Se analizziamo gli appalti pubblici, emerge chiaramente che la maggior parte delle imprese coinvolte ha legami con la Russia. Non dimentichiamo che anche Bidzina Ivanishvili, leader informale del governo, ha accumulato la sua ricchezza in Russia negli anni Novanta. E chi come lui ha fatto fortuna in Russia sa quanto sia rischioso sfidare il Cremlino: gli oligarchi che ci hanno provato, come Khodorkovsky, hanno perso tutto e sono stati costretti all’esilio o imprigionati».

Ma il problema della legge sugli agenti stranieri non riguarda solo l’attivismo o la società civile. La norma colpisce progetti europei come Horizon Europe, che finanziano ricerca e cooperazione scientifica. Le organizzazioni georgiane, non potendo più partecipare, si trovano escluse da iniziative fondamentali per lo sviluppo del paese. «È paradossale che un paese che aspira a entrare nell’Unione finisca per sabotare le sue stesse opportunità di integrazione. Eppure nonostante l’ottanta per cento dei georgiani sostenga l’integrazione europea, molti elettori non credono che il governo sia davvero pro-russo. Questo equivoco è alimentato dal fatto che il governo continua a portare avanti il processo di integrazione europea, almeno formalmente. Di facciata, restano impegnati, ma la realtà è ben diversa», spiega Mikhelidze.

Per l’analista dello Iai, la decisione dell’Ue di concedere lo status di candidato alla Georgia nel dicembre 2023 è stata un errore colossale. «Come georgiana, credo che bisognava aspettare le elezioni. Concedendo lo status prima, l’Unione europea ha rafforzato il governo, che ha usato questo riconoscimento per legittimarsi e rispondere alle critiche dell’opposizione, dichiarando: “Vedi? Nonostante tutto, siamo ancora considerati democratici e pro-europei”». Durante la recente campagna elettorale truccata, il governo ha sfruttato anche la vulnerabilità della società georgiana, usando una narrazione manipolatrice, facendo credere ai cittadini che se avesse vinto l’opposizione, la Georgia sarebbe diventata un secondo fronte per la guerra contro la Russia.

Il conflitto in Ucraina ha infatti riaperto vecchi traumi nella società georgiana, la guerra civile degli anni Novanta e l’invasione del 2008. Questa narrazione ha avuto un forte impatto su una popolazione che conosce bene le conseguenze di un conflitto. «La Georgia, con i suoi quattro milioni di abitanti, sa che non avrebbe possibilità contro la brutalità di un’invasione simile a quella subita dall’Ucraina, un paese molto più grande e resiliente», chiarisce Mikhelidze.

La recente elezione di Donald Trump a presidente negli Stati Uniti potrebbe avere un impatto sul dossier georgiano e sulle sue relazioni internazionali?” Secondo Mikhelidze sia il partito di governo che le opposizioni hanno simpatie per i repubblicani americani. «Non tanto per Donald Trump in sé, ma per una sorta di eredità culturale della Guerra Fredda. Nei paesi dell’Europa dell’Est, molti continuano a vedere i repubblicani come i falchi, quelli più duri nei confronti della Russia, e non accettano che il partito di Reagan ormai non esiste più. Sono rimasti ancorati a quell’immagine. La realtà è che a Trump probabilmente non interessa nulla della Georgia. Le decisioni su questo fronte saranno prese da altri all’interno del Partito Repubblicano, non da lui», spiega Mikhelidze secondo cui probabilmente il Congresso continuerà a comminare sanzioni contro il governo georgiano come ha fatto lo scorso anno contro quattro giudici georgiani, una mossa senza precedenti, motivata da accuse di corruzione.

Linkiesta, Esteri, 25 novembre 2024, Lorenzo Ceva Valla

 

 

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