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Libri Emilio Lastrucci – Rocco Digilio, don Milani e noi L’eredità e le sfide d’oggi

don milani e noi librodi Raimondo Giustozzi

L’educazione deve proporsi come processo di formazione del cittadino, vale a die di un soggetto pienamene consapevole e partecipe dei processi di mutamento e delle dinamiche sociali in atto, il quale, proprio attraverso il suo processo di formazione, è orientato a contribuire ad indirizzare tali dinamiche in direzione progressiva. Tale intuizione milaniana si inquadra in un più ampio fermento riformatore e progressivo che contraddistingue le vicende politiche degli anni sessanta e che trova sviluppo, com’è noto, dapprima nei movimenti di protesta giovanili nordamericani, successivamente, subito dopo la scomparsa di don Milani, in Europa con il maggio parigino e i fermenti della contestazione operaia e studentesca del decennio che seguì” (Emilio Lastrucci- Rocco Digilio, don Milani e noi L’eredità e le sfide d’oggi, pag. 18, Armando Editore, Roma, 2020).

Il titolo dato al libro, “Don Milani e noi, l’eredità e le sfide di oggi”, è lo stesso del convegno internazionale, che si è tenuto a Matera il 24 e il 25 maggio 2018, presso l’Istituto Sant’Anna, organizzato dall’Università degli Studi della Basilicata, dall’Associazione Pedagogica Italiana (As.Pe.I.) e dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose Interdiocesano “Mons. Anselmo Pecci” di Matera. Nel corso delle due giornate, il Convegno ha registrato la partecipazione di circa 2400 convenuti, provenienti dall’intera penisola, principalmente studiosi, studenti universitari, studenti degli istituti superiori, dirigenti scolastici, docenti e, più in generale, professionisti della formazione, oltre a rappresentanti delle Istituzioni locali, nazionali e corrispondenti dei media (ibidem, pag. 383).

“Questo volume, tuttavia, non rappresenta semplicemente la pubblicazione degli Atti di quelle giornate di incontro, da cui pure trae in buona parte origine e con cui si pone, naturalmente, in piena continuità. È molto di più. Nei contributi al volume, infatti, gli studiosi hanno sviluppato ed espanso in forma di saggio i contenuti delle loro relazioni e talora hanno arricchito, approfondito ed aggiornato la trattazione, anche in considerazione del fatto che fra la celebrazione del convegno e l’uscita di questo volume sono intercorsi circa due anni, tempo necessario per pervenire alla produzione di lavori originali, dotati di rigorosissimo impianto scientifico, oltre all’allestimento del volume, che ha comportato un faticoso lavoro di revisione e sistematizzazione da parte dei curatori” (Ibidem, pp. 15- 16).

Venti le relazioni, per venti diversi studiosi, che hanno sondato la personalità, l’opera e il pensiero di don Milani, attraverso le sue opere, ma anche a quanto è stato detto e scritto su di lui. Il filo conduttore di ogni intervento, diverso l’uno dall’altro, ha legato assieme, del priore di Barbiana, la sua figura di sacerdote e di maestro, prima nella parrocchia di San Donato di Calenzano, poi in quella di Sant’Andrea a Barbiana.

Emilio Lastrucci, I care: don Milani e la cittadinanza fra partecipazione attiva, impegno civile e solidarietà (pp. 17- 39) esplora tutti i possibili significati del motto I Care, mi sta a cuore, mi interessa, mi preme, fino ad approdare al concetto più evoluto di cittadinanza. Un tema questo che viene ripreso, sia pure con corde diverse, anche nella riflessione di Luciano Corradini, La vitalità delle Lettere di don Milani, maestro di Vangelo e di Costituzione (pp. 89- 112). L’autore spiega come Costituzione, Vangelo e Scuola rappresentano tre momenti inseparabili nel pensiero e nella vita di don Milani. Il Vangelo è considerato senz’altro la porta di accesso per don Milani, pietra angolare del suo impegno verso chi non ha il dominio della parola e davanti alla predicazione è incapace di capire. È quanto evidenzia anche Anna Canfora nel suo scritto: Lorenzo Milani: prete con conformista e non confessionale (pp. 67- 87). Sergio Tanzarella, nel suo saggio, Ci aspetta nel futuro. La parresia di Lorenzo Milani in tre discorsi (1962- 1965) (pp. 43- 65), si confronta con fonti poco frequentate dalla trattatistica, ma estremamente preziose, quali le conferenze e le interviste, offrendo uno spaccato del pensiero di don Milani, tratto dalla viva forza delle sue parole.

Leonardo Santorsola, nel suo saggio Dalla parte della coscienza, ovvero di Dio e degli ultimi. Attualità e inattualità della lezione di don Milani (pp. 115- 134), dimostra che il tema della coscienza e dell’obbedienza attraversa la vita e le opere di don Milani. Rocco Digilio nel proprio contributo “Bagliori pedagogici nella Lettera ai giudici” (pp. 135- 162) esplora tutte le implicazioni del documento milaniano: una chiesa in uscita, don Milani ribelle obbedientissimo, la collera dei poveri, la storia come vettore di educazione, come orizzonte di senso e di futuro, libertà e coscienza. Il saggio di Giuseppe Spadafora, La lettera a una professoressa e il suo contributo per la scuola democratica. Riflessioni didattiche (pp. 165- 176) è una rilettura puntuale e originale dell’opera di don Milani, la sua immutabile attualità, ma non tralascia di evidenziare anche alcuni aspetti non facilmente conciliabili con gli interrogativi della pedagogia odierna.

Gianni e Pierino sono due personaggi chiave della Lettera a una professoressa. Il primo va a scuola ma viene bocciato ripetutamente perché viene da una classe sociale povera e analfabeta. Il secondo, figlio di dottori, il signorino Milani ne sa qualcosa, dal momento che proviene dallo stesso mondo, va a scuola a mietere diplomi. Ambedue i personaggi sono l’emblema della perenne differenza di classe. Guido Benvenuto, nel saggio Pierino e Gianni: tra vecchie e nuove disuguaglianze (pp. 249- 266) ripercorre la trama dell’esclusione che, nonostante la società del benessere e del progresso, rimane la discriminante che più interpella e inquieta. Sullo stesso tema ritorna Gabriella Aleandri nel contributo “Don Milani per l’educazione degli adulti e l’educazione permanente (pp. 327- 331). Il lavoro di Franca Pinto Minerva, “Gli ultimi e gli esclusi: la parabola dell’espropriazione linguistica” (pp. 217- 223) è una denuncia della situazione odierna riguardo al problema dell’integrazione.

La visione pedagogica di don Milani, specie nella Lettera a una professoressa, ha rappresentato un’efficace denuncia dei limiti di molta didattica, praticata nelle scuole, prima nella Scuola Elementare, poi in quella secondaria di primo grado (Scuola Media, con la riforma del 1962), tanto da segnare uno spartiacque tra un prima e un dopo. Questo aspetto è ampiamente trattato nei contributi di Michele Pinto: Don Lorenzo Milani. L’attualità dell’impego e del messaggio a cinquant’anni dalla sua scomparsa (pp. 367- 379), di Angelo Vecchio Ruggeri, Don Milani fra evoluzione e contraddizioni della scuola italiana (pp. 359- 366). Michela Santerini nel saggio L’eredità di don Milani (pp. 201- 214) focalizza la propria attenzione sull’attualità di don Milani nella scuola e nella società. Scrivevano i ragazzi di Barbiana: “La scuola ha un solo problema, i ragazzi che perde. Se questo avviene “È un grande ospedale che cura i sani e respinge i malati”.

Don Milani e i ragazzi di Barbiana parlavano di selezione. Era la parola giusta. Oggi si parla di dispersione. Mettiamo il vino nuovo in otri vecchi. Siamo diventati più scaltri ma anche ipocriti. Inventiamo delle parole neutre, che non lo sono affatto. Il problema della scuola è anche oggi uno solo, i ragazzi che perde. Li perde soprattutto nel passaggio dalla scuola Media alle Superiori, anche perché molti ragazzi, e non solo i figli di immigrati, ma anche i nostri, impiegano molti più anni, dei tre previsti, per terminare la Scuola Secondaria di Primo Grado, in quanto vengono bocciati una o più volte. Ricordo che, quando ancora insegnavo, soprattutto negli ultimi anni, qualche collega banalizzava il problema e, a sentir parlare di dispersione, ricordava quella subita dai soldati italiani nella campagna di Russia e altre amenità. Non faceva ridere nessuno, diceva solo sciocchezze (N.D.R.).

La perdita di un’enorme massa di studenti che abbandona la scuola rimane un luogo comune, accettato quasi con rassegnazione, dimenticando che in questa zona d’ombra si nascondono non solo i destini individuali di ragazzi e ragazze ma anche le prospettive di crescita del nostro paese. Rispetto al passato non è più tempo di descrizioni e diagnosi. Non c’è alcun bisogno di ripetere ritualmente la litania dell’abbandono scolastico. Ai livelli di dispersione e alla perdita di attrazione della scuola occorre contrapporre un approccio strategico e operativo, orientato dal coraggio di una visione rivolta al futuro” (Emilio Lastrucci, Rocco Digilio, op. cit. pag. 23).

Don Milani scriveva nelle sue lettere, indirizzate ad amici ma anche a probabili nemici, che il segreto pedagogico di Barbiana non era esportabile. Questa posizione particolare di don Milani viene esplorata con cautela dai saggi di Sandra Cristolini, la lezione di don Milani agli insegnanti in formazione (pp. 179- 196), di Concetta Sirna, don Milani maestro di criticità, impegno civico e sperimentazione didattica (pp. 269- 278), di Angela Pascale, I nuovi ambienti di apprendimento: l’eredità della scuola di Barbiana (pp. 279- 302). Il fine di ogni intervento educativo per don Milani è quello di portare l’alunno ad una propria indipendenza e autonomia. “La Scuola di Barbiana era una Scuola importante, bella! Qui si veniva solo per lavorare. Era equiparata alla vita del lavoro nei campi e quindi occupava tutto il giorno”, racconta Piero Cantini, un alunno di Barbiana. La proposta di” costruire la conoscenza attraverso processi collaborativi e cooperativi” viene criticata da un’ideologia “anti sessantotto”, ideologia che trova nell’educazione alla pari la responsabile di tutti i mali della scuola italiana. La “Peer Education”, l’educazione alla pari non è un trastullo pedagogico ma è la risorsa importante dei pari nel costruire cultura, quello che i benpensanti di ieri e di oggi non apprezzano e gettano alle ortiche. Stolti e spocchiosi. Alcuni non hanno mai messo piede in una scuola, non hanno mai insegnato, ma si sentono in diritto di criticare tutto e tutti. La Cooperazione Educativa non era di casa solo a Barbiana ma in molte altre scuole d’Italia e d’Europa (Francia con Célestin Freinet) e con altri maestri oltre don Milani: Mario Lodi, Bruno Ciari, Gianni Rodari, Giuseppe Tamagnini, Giovanna Legatti e tutti gli insegnanti che militavano nel Movimento di Cooperazione Educativa (M.C.E.).

Pietro Lucisano nel suo saggio “I numeri di don Milani” (pp. 225- 247), muovendo dalle tabelle e grafici, raccolti da don Milani nelle sue opere, Esperienze Pastorali e Lettera a una professoressa, documenta l’ineluttabilità dei “numeri” per un corretto raziocinare. “Se don Milani divenne maestro per caso, come scrive in modo lapidario Alberto Melloni nella sua vivace introduzione all’Opera Omnia del priore di Barbiana, scrittore lo fu per vocazione e per necessità. Non una scrittura, però, con un fine diverso da quello del bisogno interiore di dire ciò che più gli premeva, nel modo più lineare ma più pregnante; non una parola in più rispetto a quel che bastava per rendere chiaro e pieno il suo pensiero. Una ricerca minuziosa delle parole, essenziali; della sintassi semplice ma assolutamente efficace. Don Milani usa nello scrivere la stessa acribia (precisione) dello scalpellino nel modellare la sua opera d’arte, togliendo e levigando ogni residuo superfluo e ridondante. Fino a giungere alla funzione critica e formativa del linguaggio, che per don Milani perviene a fondamento della sua opera educativa. Raffaele Spiezia, nel suo saggio, Don Milani e la centralità della lingua: la lingua seconda (pp. 307- 319) si sofferma proprio sull’importanza per don Milani della seconda lingua. Giuseppe Serio, nel suo contributo, Don Lorenzo Milani, un ribelle paradossalmente obbediente (pp. 321- 326) parla della sua visita a Barbiana e di quella fatta da papa Francesco sulla tomba di don Milani nel minuscolo cimitero di Barbiana. Don Milani è stato una “benedizione per la chiesa e il prete ribelle per amore”. Paolo Landi, don Milani tra passato e futuro (pp.347- 357) da alunno della scuola di Barbiana, introduce il lettore nel vivo mondo della piccola frazione di montagna, scadendo i tempi della scuola e dell’impegno. Serena Brunelli e Carmen Quinto raccontano un’esperienza di visita a Barbiana vissuta, assieme ad un gruppo di insegnanti in formazione, il quattro novembre 2016, Cronaca di una visita di studio a Barbiana, pp. 413- 419. Belli sono i due testi scritti da due partecipanti alla visita di istruzione e riportati nel libro, struggenti sono le foto che riguardano il minuscolo cimitero d Barbiana, la chiesetta, il poco mobilio della scuola, la scritta I Care, l’astrolabio, il banco da lavoro, la piccola biblioteca, la cartina della Palestina al tempo della vita di Gesù, utilizzata sempre da don Milani quando spiegava il Vangelo.

 

Bibliografia

 

Emilio Lastrucci, nato a Roma nel 1955, è attualmente docente di Pedagogia Sociale e Pedagogia Sperimentale all’Università della Basilicata e nel Dottorato di Ricerca in Psicologia Sociale e dello Sviluppo e Ricerca Educativa dell’Università La Sapienza di Roma. nonché visiting professor in varie Università straniere. Presidente nazionale dell’Associazione Pedagogica Italiana (As.Pe.I.) dal 2017 al 2020, fondatore (nel 1993) e Presidente nazionale della Società Italiana per la Ricerca Educativa (S.I.R.E.), è membro di varie Accademie scientifiche di respiro mondiale. Ha diretto ricerche, soprattutto di impianto empirico-sperimentale, di massimo rilievo internazionale, vertenti, in special modo, sui processi di alfabetizzazione, la comprensione della lettura, l’insegnamento della Storia e delle Scienze Sociali, l’educazione alla cittadinanza, occupandosi altresì di programmazione curricolare, valutazione oggettiva ed autovalutazione di Istituto ed elaborando modelli teorico-applicativi che hanno registrato vasto impiego nel tessuto scolastico educativo.

È autore di oltre 500 pubblicazioni scientifiche, fra cui oltre 40 monografie, tradotte in varie lingue. È Direttore di varie ed importanti riviste scientifiche e collane editoriali nel settore psico-pedagogico-didattico, di livello nazionale ed internazionale, redattore di alcune Enciclopedie di diffusione mondiale ed autore di dieci voci dell’Enciclopedia Italiana Treccani. È consulente permanente del Ministero dell’Istruzione e del Ministero dell’Università e della Ricerca.

Rocco Digilio è docente di Filosofia sistematica presso l’ISSR (Istituto Superiore Scienze Religiose) di Matera – Potenza, Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. È coordinatore delle attività di tirocinio presso il Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Formazione Primaria dell’Università della Basilicata e docente, a contratto, di Pedagogia, presso la stessa Università. Dirige “Studium Personae”, rivista di teologia, filosofia e scienze umane. Le sue ricerche si concentrano sulla filosofia dell’educazione e sull’approfondimento di questioni di massima rilevanza nel dibattito pedagogico odierno, con particolare riguardo ai problemi inerenti al rapporto tra educazione, etica e diritti umani, con uno sguardo costantemente rivolto al concetto di persona umana (quarta pagina di copertina del libro: Emilio Lastrucci e Rocco Digilio, Don Milani e Noi, l’eredità e le sfide di oggi, Armando Editore, Roma, 2020).

 

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