di Valerio Calzolaio
Gli albori del mondo vegetale appaiono prima degli albori del mondo animale, si sa, poi hanno convissuto per centinaia di milioni di anni sviluppando un’intricata vitale serie di relazioni negli ecosistemi; il genere Homo e la nostra residua specie esistono solo di recente nel mondo animale, noi sapiens siamo poi stati sempre più invadenti rispetto alle altre specie nella maggior parte degli ecosistemi, soprattutto da quando abbiamo iniziato a insediarci stabilmente, in un accampamento, villaggio, borgo murato, città, porto, metropoli. Si sa. Oggi circa il 55 per cento della popolazione mondiale vive in aree urbane e vari dipartimenti delle Nazioni Unite prevedono che tale percentuale salirà al 68 per cento entro una generazione, il 2050. Ovviamente, la percentuale non dice le quantità assolute: qualche migliaio di anni fa eravamo in tutto qualche milione sulla Terra, ora siamo oltre otto miliardi di individui. La densità di abitanti per chilometro quadrato risente della enorme urbanizzazione, certo vi sono spazi “verdi” in tutti gli agglomerati urbani, più o meno grandi, e vi sono rifugi residenziali in tutte le zone poco o niente abitate, boschive o coltivate, aride o montane.
Nella storia evolutiva della connessa biodiversità terrestre, oltre alle migrazioni, un ruolo decisivo l’hanno avuto, le estinzioni, non solo le “grandi”, cinque conclamate e una probabilmente in corso, ma anche quelle piccole o uniche, più o meno isolate, continue e punteggiate. Anche moltissime specie hanno avuto una fine (estinzione) dopo l’inizio (speciazione), oggi sono estinte. Così gli ecosistemi mescolano specie costitutive con specie che emigrano e immigrano, specie che resistono molto a lungo e specie che si estinguono in breve tempo, solo su quello specifico ecosistema o all’interno dell’intera Terra. Ancora una volta occorre studiare e verificare i tempi normalmente lunghi (e talora accelerati, come noto) della biologia evoluzionistica, ogni vita individuale e di specie meriterebbe una biografia contestuale e comparata, vale anche per il mondo vegetale definito “sessile” (ancorato al substrato). E, comunque, in genere i singoli alberi hanno vita più lunga dei singoli animali.
Vi sono piante cicliche, perlopiù annuali o biennali, come animali che vivono per periodi brevissimi di tempo; laddove non prevalgono dinamiche cicliche nell’evoluzione di specie, per le piante si parla di tipologie “perenni”, a segnalare una lunghissima durata, almeno rispetto ai tempi di vita della maggior parte degli animali che sopravvivono intorno a noi; un’effettiva “longevità” riguarda loro. Quindi, il mondo vegetale è apparso prima, centinaia di milioni di anni fa, e in media ha assunto specie e forme che singolarmente durano più a lungo. Accanto a innumerevoli luoghi naturali, vi sono molti “musei” per verificarlo: orti botanici, giardini di storia naturale, parchi verdi, ne abbiamo spesso parlato.
Le piante fossili e le piante preistoriche incuriosiscono e affascinano, in un modo o nell’altro sono riuscite a sopravvivere a meteoriti, a fenomeni di estinzione di massa, all’attacco di patogeni e di insetti e, per ultimo, sono riuscite a sfuggire alla deforestazione e all’uso del loro legno, mostrando quelle straordinarie capacità adattative ed evolutive che hanno condotto alle specie vegetali successive (oggi presenti ovunque). Furono, inoltre, alcune specie di piante primigenie a bilanciare nell’atmosfera le percentuali di ossigeno necessarie alla vita di noi mammiferi (dopo la quinta estinzione quasi generalizzata). Sono di fatto ancor oggi indispensabili alla vita sulla Terra: petrolio e carbone sono i loro resti, dobbiamo proprio a loro l’energia fossile che muove il mondo moderno e contemporaneo. Tutte le specie utili in agricoltura e le piante di ornamento attuali discendono da loro, eppure sono ai più abbastanza sconosciute, pochi riflettono sulle loro antiche origini e sulla relativa diffusione prima delle grandi glaciazioni.
Nasce da questa esigenza di conoscenza concreta e diretta l’idea di un giardino preistorico ove vedere e toccare, fisicamente camminare tra queste piante, dai primissimi muschi e licheni alle primordiali piante a fusto, poi dalle gimnosperme alle primitive angiosperme. Ovviamente, la frammentarietà dei reperti riesce a comunicarci solo piccola parte della realtà del passato, dovendo poi sempre più tener conto della rivoluzione dello studio tassonomico, con il passaggio dalla classificazione morfologica linneana alla classificazione basata sul genoma. I giardini preistorici nel mondo si contano sulle dita della mano. Uno si trova a Sarzana, che bello! Si può andare oppure si possono sfogliare intanto: Enrico Caneva, Le proteaceae, Associazione Botanica Giardini Caneva Sarzana, pag. 161, e soprattutto La flora preistorica. I giardini del Giurassico, prefazione di Walter Landini, Töpffer Sestri Levante 2023, pag. 217.
L’affermato ingegnere e botanico autodidatta Enrico Caneva si è trasferito nel 2018 da Parigi a Sarzana e ha recuperato un campo abbandonato, costruendovi un giardino aperto al pubblico: circa un ettaro e mezzo sviluppato su tre balze con approccio paesaggistico, già oltre quindici mila piante e 2.500 specie provenienti da tutto il mondo (quasi tutte repertoriate e catalogate), il tutto a un passo dal centro della cittadina ligure. Il suggestivo progetto riguarda in futuro anche il recupero di aspetti della remota vita vegetale della zona, uno studio sulle piante preistoriche delle Alpi Apuane e dei Monti Pisani, quelle presenti prima della glaciazione, da 250 a 50 milioni di anni fa, al tempo dei dinosauri, creando una sorta di ampio boschetto preistorico (tra queste per esempio il Trochodendron aralioides, pianta preistorica di cui sono in bella mostra una quindicina di esemplari nel giardino di Via Berghini Pasquale inaugurato nell’agosto 2022). Prima sfida: reperire semi o plantule delle rarissime specie superstiti. Seconda sfida: piantumare e riuscire a ri-acclimatare le piante reperite.
Nel 2023 Caneva ha pubblicato il primo volume (di tre) dedicato alla flora preistorica nel periodo del Giurassico, appunto (dopo la fine del Triassico) da circa 201 milioni a circa 145 milioni di anni fa, tempo di dinosauri: non solo un elenco dettagliato bensì una sorta di guida alla preservazione e allo sviluppo di antichissime piante biodiverse, che ci consente di ragionare meglio sullo stesso concetto di “autoctono”, di migrazioni vegetali sia dirette che indirette, sia evolutive che casuali o indotte dall’uomo. La personale passione dell’autore per le conifere rende le gimnosperme primitive le principali protagoniste del testo scritto. Ogni capitolo parte da riflessioni sulla paleogeografia, sulla tettonica delle placche, sull’evoluzionismo e sulle grandi estinzioni. Molte figure (oltre 120) e foto (scattate nei giardini Caneva). Accurate referenze scientifiche. Finali glossario e lista delle specie citate.
Il giardino sensoriale e didattico è privato, facilmente visitabile su appuntamento con prenotazione, già spesso affollato di scolaresche; se si è sensibili all’appetito delle zanzare meglio evitare i mesi più afosi e siccitosi (come quelli dell’estate scorsa 2024, non vi è piovuto mai per almeno 45 giorni); organizzato a tre balze. La prima balza è un uliveto misto di macchia mediterranea, circa quattromila metri quadrati anche di siepi, cipressi e pioppi, essenze e rose in dinamica cromatica, con panchine e spazi per eventi pubblici (spesso organizzati col bel tempo e la collaborazione di associazioni culturali locali). La seconda balza fa riferimento al bioma arido, allori e felci preistoriche, due mila metri quadrati, la terza al bioma umido, seimila metri quadrati. Confinano con la seconda cinta seicentesca delle mura di Sarzana (la prima è medievale) e con l’antico canale irriguo Lunense del Magra, lungo circa ventitré chilometri tra Toscana e, prevalentemente, Liguria (Luni era la famosa colonia romana della zona, fondata come avamposto militare nel 177 a.C.).
All’interno di ogni balza grande attenzione è posta alla simbiosi fra le varie piante e a una distribuzione che tenga insieme il più possibile una comune primitiva provenienza geografica, dal Sudafrica (non solo la Protea) all’Australia (le cui piante tendono a fiorire in febbraio, un’inattesa meraviglia di colori), dal Giappone al Messico, dal Cile alla California, dalla Nuova Zelanda alla Tanzania, da Pompei (alcune rose) al Texas. Sono in corso di finale predisposizione il ginepraio, la limonaia, la zona (gialla) dedicata a Goethe, il laghetto stagno con ninfee, il ripristino del pozzo seicentesco “delle delizie”, l’area di educazione olfattiva con estrazione dei profumi e, soprattutto, forse entro il 2024 grazie al finanziamento ottenuto di un bando pubblico, alcune serre con annessi auditorium per conferenze e spazi di meditazione naturalistica.
Sarzana è un comune orientale della provincia di La Spezia, oltre ventimila abitanti, una ricca storia sociale e religiosa in quanto cruciale crocevia interregionale, ricchissimo di beni artistici e culturali, non alto sul livello del mare ma in mezzo ad alti rilievi montani proprio sull’apice occidentale degli Appennini. I Giardini Caneva sono un piccolo scrigno al suo interno, non distante dai caselli autostradali e dalla costa. L’Italia ha una quantità e varietà di piante, fiori e alberi, unica e preminente in Europa, oltre dieci mila specie viventi, di cui ben più dell’80% sono definite “autoctone” (1.782 sono state invece classificate “aliene” nell’inventario aggiornato della flora italiana, numero in crescita). L’originale “incanto” botanico del levante ligure si rinviene proprio nelle diffuse vegetazioni “giurassiche” presenti, nelle prime piante che hanno fatto legno, negli antenati dei cipressi attuali, nei pini preistorici.
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