di Valerio Calzolaio
Occidente, più o meno. L’ultimo paio di secoli. L’ecologismo di estrema destra
è tutt’altro che una novità: risale dritto fino alla sua incarnazione su larga scala
più aberrante, l’”ecologia nazista”, che impastò misticismo, esoterismo, teoria
della razza e nazionalismo per promuovere la purezza del sangue considerata
addirittura condizione indispensabile per la realizzazione di un vero equilibrio
tra la terra e le comunità umane. Ignorare o denigrare gli allarmi che
provengono dalla scienza del clima risulta ormai una strategia difficilmente
praticabile. Si va dunque sempre più affermando un consistente e pericoloso
nucleo di populismo ambientale che riassume l’azione per il clima in primo
luogo nel lasciare i migranti fuori dai propri confini nazionali. L’ecofascismo
esprime una vera e propria ossessione per la purezza razziale come indicativa
di un “ordine naturale” che non va contaminata da arrivi esterni, una ideologia
che viene da lontano: la storia politica dell’ecologia non è sempre stata
progressista. Occorre innanzitutto richiamare lo zoologo, filosofo e artista Ernst
Haeckel che nel 1866 coniò il termine “ecologia” ed estese una concezione
pseudoscientifica dell’evoluzione oltre i confini della biologia in direzione del
darwinismo cosiddetto sociale, fornendo via via la giustificazione al fanatismo,
al razzismo e al nazionalismo. Quel pensiero ha guardato alla conservazione
della natura come a un argine contro i danni della modernità, comprese le
idilliache scelte del vegetarismo. Ovviamente, non c’è univocità né linearità,
tuttavia dai tempi antichi le idee “verdi” corrono il pericolo di essere rubate e
manipolate, ridipinte di nero”. Meglio rifletterci con attenzione e tenersi a fili
scientifici coerenti.
La bravissima giornalista scientifica Francesca Santolini (Roma, 1977)
collabora con varie testate quotidiane e scrive da un quindicennio brevi densi
saggi su questioni cruciali (sfide ecologiste, cambiamenti climatici, migranti
ambientali). Qui ha l’obiettivo di mostrare un esame aggiornato dell’antico uso
dell’ecologia da parte di alcune destre politiche: riconoscere il cambiamento
climatico attribuendone la colpa alle migrazioni, ai popoli del Sud del mondo,
alla modernità capitalistica. Certo, ci sono pure le destre negazioniste, i loro
esponenti appaiono spesso in tv; tuttavia esistono loro accanto pure alcune
destre insidiose che “manipolano” l’ambientalismo, una falsificazione
reazionaria e subdola dei dati scientifici, concezioni talora parallele talora
complici (nell’azione amministrativa dei governi guidati da forze di destra).
Occorre abbandonare la convinzione che l’ambientalismo progressista sia il
titolare esclusivo dei temi ecologici. Il documentato brillante volume recupera e
ripercorre testi, interviste, storie, temi in una decina di capitoli con le note in
fondo al testo: sangue e suolo; negazionismo climatico e fascismo fossile;
confini verdi; white green power; la manipolazione dell’ecologia profonda; la
distopia dello Stato ecofascista; laboratori di ecofascismo; e in Italia?
Giustamente è sottolineato di continuo l’opzione assoluta degli ecofascisti per
l’avversione ideologica e crudele verso ogni immigrazione nel proprio paese,
dimentichi delle emigrazioni proprie, della denatalità occidentale e
dell’evoluzione umana meticcia: l’ecofascismo (pure italiano) chiude le
frontiere ai migranti con il pretesto della crisi climatica, considerata anzi
un’opportunità per riorganizzare la società secondo logiche autoritarie,
xenofobe, razziste.
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