Valerio Calzolaio
Mangiando. Con (o senza) gusto. Sono cinque i gusti fondamentali: dolce, salato, acido, amaro, umami. I loro sensori sono innanzitutto vista e olfatto, poi dalla bocca in giù. Meglio capirci qualcosa al di là delle preferenze individuali. Le piante non sono come gli animali, sono fotoautotrofe e producono tutti i composti necessari al proprio metabolismo, trasformando in composti organici (contenenti carbonio) i composti inorganici come azoto, zolfo, fosforo, sali minerali, acqua (presi dal suolo) e l’anidride carbonica (presente in atmosfera). Noi, invece, come gli altri animali, siamo organismi chemoeterotrofi, ricaviamo energia e molecole di partenza tramite l’ingestione, la digestione e l’assimilazione di composti chimici diversi, che poi “bruciamo” (ossidiamo) producendo anidride carbonica. Più o meno il contrario delle piante. Dobbiamo inoltre “introdurre” altri composti indispensabili al nostro metabolismo (amminoacidi, acidi grassi, vitamine, minerali, acqua), che non siamo in grado di produrre. Abbiamo bisogno di vario cibo “chimico”, costituito pure da altre specie viventi (animali e/o vegetali). Anche da ciò si comprende l’essenzialità del contesto ambientale e dell’ecosistema in cui esistiamo ora, sopravviviamo mangiando, ci riproduciamo. Nel corso della nostra evoluzione sapiens noi abbiamo introdotto il lusso del decidere attraverso cosa cibarci (la nutrizione), come e quando collocare l’atto del mangiare (l’alimentazione), collettivamente e per certi versi individualmente. Si chiama chemorecezione il processo attraverso il quale il nostro organismo “riconosce” e sceglie le molecole. I sensori che abbiamo nel naso e in bocca (per lo stimolo dei vari gusti e per il sapore complessivo finale) sono presenti (anche se ce ne accorgiamo meno) in altri parti del corpo. Avere gusto influisce sul benessere.
Il giovane ricercatore di scienze molecolari del gusto Davide Risso (Alba, 1989) e l’esperta docente di Scienze del Gusto e del Cibo Gabriella Morini (Como, 1964) hanno scritto insieme un saggio interessantissimo, utile a tutti noi mangianti, sempre e comunque, in particolare a coloro che vogliono continuare a nutrirsi godibilmente con cognizione di causa. Non a caso la prefazione è affidata a un famoso cuoco. Il titolo è l’inizio di una popolare locuzione latina non classica (De gustibus), il completamento (non est disputandum) qui non serve perché non si tratta di preferenze personali ma di basi scientifiche, opportune sia per il mangiare buono pulito giusto che per la salute complessiva. Il tono è discorsivo, scelta accentuata dal non allineamento a sinistra delle pagine. Spiegata la chemorecezione, il testo si articola in capitoli con brevi paragrafi (le note bibliografiche raccolte in fondo): i gusti fondamentali (cinque appunto) e i loro sensori (la mappa della lingua non esiste, per quanto se ne parli ovunque, anche nei corsi per sommelier); una vita amara (ma non per tutti); il gusto oltre la bocca (poi polmoni, cuore, stomaco, pancreas, fegato, intestini, reni, apparato genitale e urinario); la lezione del caldo (e del piccante); la lezione del freddo (e della temperatura); vampiri dei nostri giorni (o del perché ci pungono); strane abitudini (come toccare con gusto, assaggiare con i piedi, inghiottire senza masticare, riconoscere gustando); morti, resurrezioni e conversioni (o dell’evoluzione biologica); dulcis in fundo (l’amato prezioso gusto dolce può essere regolato, anche tolto). Utilissimo indice analitico, con i nomi scientifici, alcuni scienziati e inventori, tanti cibi e bevande, qualche assenza (per esempio diabete o fermentazione, pur trattati).
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