di Valerio Calzolaio
Quasi tutte le rive dei mari mediterranei settentrionali stanno per essere molto frequentate da decine di milioni di sapiens, non solo gli altrettanti o più che vi abitano in prossimità (sottoposti ai certificati rischi del lento progressivo innalzamento del livello del mare), soprattutto quelli che vi potranno andare per vacanza e per turismo durante breve o lunga parte dei assolati caldi quattro prossimi mesi. Nei due emisferi le estati si svolgono a semestri più o meno alternati, sui vari bacini oceanici non sempre le rive sono meta di vacanza o turismo, nel nostro Mediterraneo sì, non ci sono barriere coralline è vero ma tante rocce e spiagge godibili per prendere il sole, fare il bagno, socializzare, cercare conchiglie e altri reperti, allargare l’orizzonte. La riva spesso brillante di ogni spicchio di acqua salata o dolce è un luogo oggettivamente emozionante, siamo animali terrestri consapevoli che l’insieme delle emerse terreferme sono ecosistemi insulari rispetto al prevalente resto.
La costa è un mondo antico, un luogo d’incontro fra acqua e terra che esiste da quando ci sono oceani e continenti, centinaia di milioni di anni, un mondo che tiene vivo il senso di continuità dell’evoluzione e dell’incessante spinta della vita. Introducendo la recente edizione italiana di uno splendido volume del 1955 della ricercatrice e biologa statunitense Rachel Carson (Springdale, Pennsylvania, 1907 – Silver Spring, Maryland, 1964), la bravissima scrittrice canadese di speculative fiction, a noi contemporanea, Margaret Atwood sottolinea alcune notevoli novità della situazione attuale dei bacini oceanici, che “non erano ancora accadute” rispetto alla prima metà del Novecento: le incipienti grande estinzione della biodiversità e crisi climatica idrica del pianeta, la strabordante pesca commerciale e a strascico, le reti “fantasma” di plastiche e l’acidificazione negli oceani, oltre che in positivo l’istituzione di alcune aree marine protette.
Su queste pagine sono stati più volte trattate e approfondite, anche recentemente, molte di quelle novità e altri aspetti dell’evoluzione contemporanea della vita nei mari e negli oceani del pianeta.
Quel che più colpisce e allarma è la crescita della temperatura media: gli oceani hanno la febbre alta. Negli ultimi anni la temperatura superficiale marina ha raggiunto livelli progressivamente mediamente superiori. Gli scienziati ritengono che ciò sia da attribuirsi in parte a un fenomeno climatico periodico; tuttavia, le temperature registrate rivelano una tendenza preoccupante dovuta al riscaldamento globale provocato dalle attività umane, il noto human induced climate change. Ogni minimo aumento della temperatura ha un enorme impatto sulla vita marina e sull’intensità delle tempeste, la redazione di Il Bo Live ci ha scritto sopra un libro, continuamente aggiornato del resto. L’anidride carbonica nell’atmosfera terrestre “intrappola” il calore, solo l’1% circa di tale calore vi rimane, ne consegue un evidente progressivo riscaldamento dello strato superficiale della terraferma laddove hanno contatto atmosfera e suolo. Il restante calore viene perlopiù assorbito dai vasti oceani del pianeta, oltre il 70% della superficie del globo. L’acqua richiede molta più energia per riscaldarsi rispetto all’aria, la temperatura delle grandi masse d’acqua della Terra è aumentata più lentamente (seppure sempre più accelerando), poi molto si ripercuote “sotto”, calore assorbito per due terzi fino a settecento metri di profondità. Lo strato ancor più profondo, che scende per altre centinaia di metri, ha comunque già immagazzinato il residuo terzo del calore in eccesso. Anche le ondate di calore marine presentano maggiore frequenza e intensità, versione oceanica dei fenomeni di caldo torrido che subiamo in terraferma. Le temperature del primo metro di superficie dell’acqua possono impennarsi di vari gradi sopra la media, ce ne siamo accorti facendo il bagno negli ultimi decenni e, soprattutto, la maggior parte delle forme di vita marina vivono nella parte superiore degli oceani, proprio nella zona in cui le temperature stanno salendo più velocemente, con effetti gravi, sui coralli che si “sbiancano” per esempio o sull’arrivo di invadenti “nuove” specie nel Mediterraneo.
Inoltre, l’acqua calda occupa più spazio di quella fredda; riscaldandosi quindi, i mari e gli oceani si espandono e il loro livello sale. Tra il 1971 e il 2010 questo innalzamento dei mari (solo quello causato dal calore) ha provocato un aumento del livello di circa otto decimi di millimetro ogni anno. Poi c’è il contributo dello scioglimento dei ghiacci, esso stesso un “disastro” o foriero di “disastri” per tante terreferme. Coste e rive mediterranee incluse, fra le altre alcune delle frontiere geopolitiche più “calde” e neglette della penisola italiana. La nostra posizione geografica privilegiata nel bacino impone di studiare a fondo le sfide che si affastellano pure al di là delle coste di casa, cominciando per esempio dalle conseguenze dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente. Quanto passeggeremo sulle rive di qualche mare la prossima estate proviamo a riflettere su cosa stiamo calpestando.
Rachel Carson ci ha insegnato molto: come il mare stesso, anche la costa (il luogo dei nostri vaghi ricordi ancestrali) affascina quelli che vi abitano o vi fanno ritorno. Nei ritmi ricorrenti di flussi, riflussi e frangenti, e nella vita tanto varia lungo la linea di marea, c’è l’ovvia attrazione esercitata da movimento, variazione e bellezza. Quando scendiamo verso la linea della bassa marea, entriamo in un mondo antico come le stesse terre emerse, il luogo primordiale dell’incontro tra gli elementi di terra e acqua. Per noi, sapiens e non sapiens, solo in quanto creature viventi, ha lo speciale significato di quell’area dentro o in prossimità della quale un’entità distinta come Vita fu trascinata per la prima volta in acque basse, si riprodusse, evolse e dette origine a quel flusso di esseri viventi infinitamente vario poi emerso, nel tempo e nello spazio, per occupare la terraferma. Respirare e studiare le coste significa percepire e intuire le prime forme di vita terrestre.
Secondo la scienziata Carson, le coste del pianeta Terra settanta anni fa potevano essere suddivise in tre tipi fondamentali, con tutti gli aspetti associati e le tipiche comunità di piante e animali: gli aspri litorali rocciosi, le spiagge sabbiose, le barriere coralline. La costa atlantica degli Stati Uniti era e resta una delle poche al mondo che presentano chiari esempi di ciascuna tipologia. I biologi marini cercano fra la sabbia e le onde, fra la superficie e gli abissi, trovano (come ogni curioso naturalista) pozze di marea e grotte, stelle di mare e gasteropodi, e ci insegnano a guardare il mare in modo nuovo: vedi, osserva, impara, stupisciti, chiedi, trai le conseguenze. Lì molto ha ricercato e operato Carson, della quale è recentemente uscito proprio un gran bel saggio: La vita che brilla sulla riva del mare. Le piante e gli animali che popolano i litorali rocciosi, le spiagge sabbiose e le barriere coralline, traduzione di Isabella C. Blum, introduzione di Margaret Atwood (2021), Aboca Sansepolcro (Arezzo), 2022 (orig. The Edge of the Sea, 1955), che fu vissuto e scritto a inizio anni Cinquanta e suscita meraviglia e godimento, oggi come ieri. Probabilmente anche domani.
Rachel Carson aveva precocemente insegnato zoologia all’università, divenendo poi la seconda donna assunta a tempo indeterminato dal Dipartimento Statunitense per la Pesca come biologa marina, e scrisse vari capolavori scientifici con cura dello stile e della passione, classici del pensiero ecologista contemporaneo. Ogni frase è chiara e densa. Questo è il terzo volume della trilogia del mare (1941, 1951, 1955), con differenti trame narrative e letterarie, premessa indispensabile per quel Silent Spring del 1962 che sfidò l’industria chimica e denunciò gli effetti nefasti dell’impiego diffuso di pesticidi come il DDT. Il testo del 1955 è strutturato in sei capitoli con illustrazioni in bianco e nero.
Il capitolo 1 (Il mondo delle rive) parte da ricordi personali di bordi oceanici significativi per sottolineare l’incanto e la bellezza delle rive. Il capitolo 2 (Modelli di vita lungo le coste) introduce, quali temi fondamentali, i fattori che determinano e danno forma alla vita costiera: onde, correnti, maree, l’acqua stessa del mare. I capitoli successivi sono “interpretazioni”: della costa rocciosa il terzo, della riva di sabbia il quarto, della costa corallina il quinto. Il capitolo 6 riassume e conclude il valore dell’”inarrestabile” mare, sulle coste vi sono echi del passato e del futuro: echi del flusso del tempo, che cancella e nondimeno contiene tutto quello che è stato prima; echi dei ritmi eterni del mare che danno forma, modificano e dominano; ed echi del flusso della vita che scorre inesorabile come una qualsiasi corrente oceanica, dal passato verso un futuro sconosciuto.
Per comodità dei tanti che amano collocare i propri ritrovamenti in modo ordinato negli schemi classificatori ideati dalla mente sapiens, i gruppi convenzionali, o phyla, di piante e animali sono presentati nell’Appendice che precede l’ottimo Indice analitico. Grazie all’accorto lavoro della traduttrice. alla parte originale (spesso ovviamente datata) dellanomenclatura presentata nel testo, si affianca nelle note il nome oggi usato e nell’indice finale l’elenco dei cambiamenti successivi. Il taglio complessivo di questo terzo volume della trilogia è più scientifico e meno narrativo dei precedenti due. Il primo, Under the Sea-Wind (1941, periodo bellico), aveva un incedere lirico, poetica naturalistica a partire dalla storia semplice di tre singoli organismi, ovviamente con alcuni nomi propri e schemi cognitivi del nostro essere umani sapienti: un piovanello, uno sgombro e un’anguilla. Non era forse la prima volta ma tanti grandi scrittori ne hanno poi seguito le orme.
Anche il libro successivo riguarda il mare, The Sea Around Us (1951) ed ebbe un enorme successo, no fiction. Come ha scritto Atwood “qui la narrazione non è romanzata ma fattuale: combina storia e preistoria, geologia e biologia, in un inno all’oceano che è secolare e celebrativo”. Accompagniamo l’autrice non sopra le rive (come nel terzo) ma sotto le onde, nel blu oltremare degli abissi: un regno di avventure e meraviglie, ove serve un’appassionata guida esperta e scientifica per accompagnare le emozioni, suoni e colori, organismi e relazioni. Non cose fantastiche ma fantastica vita reale, abbastanza sconosciuta ai più, allora come oggi. Senza la fama e la visibilità arrecatale dalla trilogia, il suo successivo messaggio sugli inquinamenti chimici, sull’allarme sanitario e sulla necessaria indignazione ecologista non avrebbe avuto il duraturo impatto internazionale e probabilmente non sarebbe stata abbozzata la svolta nelle politiche ambientali di molti paesi del mondo.
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