di Francesca Basso, Viviana Mazza
Il muro con il Messico ha fatto scuola. Domani (mercoledì) il Parlamento europeo riunito in plenaria a Strasburgo sarà chiamato a votare un emendamento proposto dal Partito popolare europeo guidato da Manfred Weber che, prendendo le mosse dalle conclusioni del Consiglio europeo di febbraio (il vertice dei leader Ue), chiede di poter finanziare con il bilancio comune dell’Unione del 2024 la costruzione di recinzioni, ovvero muri, ai confini esterni dell’Ue. Weber ci ha spiegato in un’intervista che «il Ppe pensa che l’Ue debba finanziare queste recinzioni perché non si tratta di proteggere i confini nazionali ma quelli europei». Il Ppe aveva anche chiesto che oggi a Strasburgo si tenesse un dibattito «per cercare solidarietà verso l’Italia, servono misure concrete da parte degli altri Paesi Ue». Ma la proposta è stata respinta dalla plenaria che ha preferito quella di socialisti, verdi e sinistra (con anche il sostegno dei popolari) per una discussione — oggi pomeriggio — che non riguardi solo l’emergenza italiana ma la «necessità di una soluzione europea alla crisi migratoria per facilitare il salvataggio di vite nel Mediterraneo, soprattutto in Italia» (hanno votato contro FdI e Lega). Roma ha proclamato l’11 aprile scorso lo stato di emergenza e il governo, per ribadire la linea dura, vuole eliminare la protezione speciale per i richiedenti asilo rivedendo le regole sulla protezione.
A partire dal 2018 si sono moltiplicate in Europa le barriere fisiche ai confini esterni dell’Unione. Sul finanziamento di muri la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha sempre espresso la propria contrarietà citando un accordo politico con il Parlamento Ue, mentre il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha sempre detto che non ci sono ostacoli giuridici. Anche per Weber «non c’è alcun problema legale, è una questione politica», ma soprattutto ritiene che «gli altri partiti, come i liberali, i socialisti e i verdi, debbano spiegare perché costruiscono recinzioni a livello nazionale ma al Parlamento Ue votano contro». Se l’emendamento dovesse passare — ma non è detto che raccolga una maggioranza, avrà probabilmente il sostegno anche dei conservatori dell’Ecr (di cui fa parte Fratelli d’Italia) e di Identità e democrazia (il gruppo della Lega) — rappresenterà una svolta.
Già nell’ottobre del 2021 dodici Paesi Ue — Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia e Slovacchia — avevano inviato una lettera alla Commissione Ue per chiedere di finanziare con il bilancio Ue «barriere fisiche», che per i firmatari «sembrano essere un’efficace misura di protezione che serve gli interessi dell’intera Ue, non solo dei Paesi membri di primo arrivo». La definivano una «questione urgente». In quelle settimane i Paesi Baltici e la Polonia erano sotto pressione per i migranti spinti al confine dal dittatore bielorusso Alexander Lukashenko con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione. L’Unione di fatto già finanzia ai Paesi Ue i mezzi di sorveglianza e le attrezzature necessarie per i controlli alle frontiere ma non paga la costruzione dei muri. E per alcuni si tratta quindi di una foglia di fico.
L’Italia, poi, ha il problema della gestione delle frontiere marittime, di cui ha ottenuto il riconoscimento della «specificità». Come ha spiegato bene Weber «la frontiera marittima è estremamente complicata perché la priorità in mare è salvare vite umane» e per questo l’Italia al Consiglio europeo straordinario di febbraio ha chiesto e ottenuto che nelle conclusioni fosse sottolineata «la necessità di una cooperazione rafforzata in ordine alle attività di ricerca e soccorso», per poter reclamare un aiuto da parte degli altri Paesi Ue. Secondo l’ultimo rapporto di Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere, «il Mediterraneo centrale è stata la rotta più attiva nel primo trimestre dell’anno con quasi 28 mila attraversamenti irregolari delle frontiere, il triplo rispetto a un anno fa. A marzo, i rilevamenti totali su questa rotta sono aumentati di quasi nove volte rispetto allo scorso anno, superando i 13 mila». Secondo l’Onu il primo trimestre del 2023 è stato il più letale per i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo dal 2017, con 441 vite perse nel tentativo di raggiungere l’Europa.
Di fronte a numeri in crescita, i Paesi Ue sembrano abbracciare il modello della «Fortezza Europa». E il segnale arriva proprio dai Paesi nordici che fino a poco tempo fa erano additati come modello di accoglienza. A novembre la socialdemocratica Mette Frederiksen è stata riconfermata alla guida della Danimarca promettendo «accoglienza zero dei rifugiati», fatta eccezione per gli ucraini. Il servizio danese per l’immigrazione, unico in Europa a farlo, a marzo ha annunciato di ritenere «sicure» per i rimpatri altre due aree della Siria controllate dal governo: Tartus e Latakia, dopo che nel 2019 aveva già dichiarato «sicura» anche Damasco. Stoccolma, guidata da Ulf Kristersson con l’appoggio esterno dell’estrema destra, ha deciso di fare una campagna a livello internazionale per disincentivare le partenze di chi non ha diritto alla protezione e a livello nazionale per aumentare i rimpatri volontari di chi già risiede in Svezia, informando della possibilità di tornare nei Paesi d’origine grazie ad aiuti governativi.
Comunque, in America il «grande, bellissimo muro» di Trump non ha mai funzionato. Qui e qui un paio di spiegazioni del perché. La verità è che sarebbe necessario ripensare la politica di immigrazione anziché usarla come un’arma politica. Ma al momento è questa un’utopia. Joe Biden, un presidente democratico, sta cercando di navigare una situazione politicamente complicata. Da sinistra viene criticato per la gestione dei richiedenti asilo al confine con il Messico, in quanto molto simile — ha scritto il New York Times — a quella di Donald Trump. A gennaio una quarantina di membri del Congresso hanno condannato in una lettera la sua «deludente» politica al confine, per aver respinto i richiedenti asilo. Al momento — fino all’11 maggio — è in vigore il cosiddetto «Title 42», una norma approvata durante la pandemia dall’amministrazione Trump, che permette di respingere rapidamente i migranti che attraversavano il confine illegalmente — inclusi coloro che hanno diritto, in base alla legge internazionale, a presentare richiesta di asilo. Ma a un certo punto è intervenuta la magistratura: non si può continuare a usare la pandemia come scusa per evitare di affrontare il problema.
I media di destra criticano Biden per le numerose eccezioni alla regola avvenute nei due anni passati, poiché sono stati fatti entrare almeno un milione di richiedenti asilo che avevano oltrepassato illegalmente il confine. Appena eletto, per esempio, Biden ha deciso che i bambini non possano essere espulsi sulla base dell’emergenza sanitaria; questo ha portato ad un aumento notevole nell’arrivo di bambini non accompagnati. In altri casi i migranti sono stati lasciati entrare — in attesa di udienza per l’asilo — perché mancano accordi per il respingimento nei Paesi di origine.
L’uso poco coerente di Title 42 ha prodotto un approccio caotico all’immigrazione, spesso variabile di ora in ora, di giorno in giorno e in base al punto di passaggio al confine. Ma per chi passa, poi, i tempi delle richieste di asilo sono biblici. Ci sono un milione e mezzo di persone in fila, secondo uno studio recente della Syracuse University, e ci vorranno mesi se non anni. E ora le autorità si stanno preparando a quello che accadrà dopo la fine di Title 42, con numeri potenzialmente ancora maggiori di richiedenti asilo.
L’amministrazione Biden avrebbe preso in considerazione la detenzione di famiglie di migranti al confine, facendo infuriare parecchi politici democratici che l’hanno definita una pratica «disumana» quando avveniva durante l’amministrazione Trump. L’amministrazione Biden starebbe anche pensando di velocizzare le richieste di asilo facendo i colloqui presso le stazioni del «Border Patrol», però gli avvocati degli immigrati temono che ciò non permetta loro di prepararsi in modo adeguato per presentare il proprio caso.
In vista delle prossime elezioni, questo sarà certamente un tema caldo per Biden. Oltrettutto la destra sostiene che il presidente stia prestando troppa attenzione e troppe risorse all’Ucraina, mentre questa crisi interna che riguarda i confini americani è assai più grave. L’immigrazione sarà al centro anche delle prossime elezioni europee, nonostante lo sforzo di arrivare a un accordo sulle nuove regole per l’asilo entro questa legislatura: popolari, socialisti, liberali, verdi, conservatori e l’estrema destra si scontreranno sulle soluzioni comuni a un problema che da anni non è riuscito ancora a mettere d’accordo i Paesi Ue a causa degli interessi nazionali contrapposti.
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