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Dialogo tra Eraldo Affinati e Rosanna Virgili Attorno al romanzo Il Vangelo degli Angeli

Serata di alto profilo culturale quella di venerdì 31 marzo, dalle 21.30  alle 23,30 circa, nel salone della Parrocchia San Gabriele, Civitanova Marche (MC), ad ascoltare la voce di Eraldo Affinati, scrittore e docente di Lettere e Rosanna Virgili, biblista, scrittrice e docente di Sacra Scrittura. L’iniziativa, promossa dall’Unità Pastorale Cristo Re – San Pietro (Civitanova Marche) ed estesa alla Vicaria di Civitanova Marche e Potenza Picena, ha visto la partecipazione di un discreto numero di persone, provenienti dalle diverse parrocchie cittadine.

Don Mario Colabianchi, parroco dell’Unità Pastorale Cristo Re – San Pietro, illustrando il tema della serata, ha richiamato quanto detto da Papa Francesco in visita alla tomba di don Lorenzo Milani nel piccolo cimitero di Barbiana, il 20 giugno del 2017: “Incontrando Cristo, don Milani ha voluto ridare ai poveri il grande dono della parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia. E’ la parola che apre la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole”.

L’idea di presentare il libro di Eraldo Affinati “Il Vangelo degli Angeli”, ha precisato Aldo Caporaletti, è venuta lo scorso anno durante la preparazione della conferenza su don Lorenzo Milani, con la testimonianza dell’allievo Paolo Landi. Al priore di Barbiana, Eraldo Affinati ha dedicato, nel 2016, un libro finalista del Premio Strega: “L’uomo del futuro”. Di don Milani ha seguito le tracce, fondando, dopo l’esperienza nella scuola pubblica, con la moglie Anna Luce Lenzi, presente alla serata, le scuole “Penny Wirton”, gratuite per ragazzi immigrati: “I ragazzi di Barbiana di oggi”, come ama definirli Eraldo Affinati. E proprio dalla scuola, dall’incontro con gli studenti, che nasce il romanzo “Il Vangelo degli Angeli”, composto durante l’isolamento causato della pandemia.

Lo scrittore avverte una grande passione per la figura umana di Gesù. Prima ancora delle sue idee, che ancora oggi restano straordinarie, desidera conoscere e stare vicino al “bambino irrequieto”, all’”adolescente difficile”, al “maestro carismatico”. Per questo decide di riscrivere il testo evangelico, filtrandolo con la sua sensibilità. Le fonti di ispirazione sono quelle dei Vangeli di Luca e di Giovanni e poi gli Atti degli Apostoli. Figure essenziali del romanzo sono gli Angeli che, come l’autore li immagina, sono “addestrati e formati come commandos, vanno e vengono dalle loro stazioni orbitali per recare messaggi (a Maria, Giuseppe, Zaccaria…) ma provvedono anche a proteggere Gesù nei suoi movimenti terrestri, da quando era piccolo al momento della crocifissione e oltre ancora”. C’è tanto materiale per una trasposizione cinematografica. Scrive Eraldo Affinati: “Io voglio credere. Spero nella presenza di Dio. E’ una scelta consapevolmente rischiosa. Non ho sicurezze. Mi rifaccio a Dante, quando risponde a Pietro nel XXIV Canto del ‘Paradiso’: ‘Fede è sustanza di cose sperate / e argomento de le non parventi /e questa pare a me sua quiditate’”.

Eraldo Affinati (1956) vive a Roma, dove svolge attività di critico letterario, saggista, scrittore e docente. Laureato in Lettere, nel 1992 pubblica il saggio “Veglia d’armi. L’uomo di Tolstoj”, a cui segue nel 1995 il romanzo “Bandiera bianca”, ambientato in una casa di cura, che segna l’affermazione dell’autore come uno dei più interessanti del panorama italiano. Nel 1997 esce “Campo del sangue”, suo diario di viaggio ad Auschwitz, finalista dei premi Strega e Campiello. Nel 2002, Affinati ottiene il Premio della Resistenza Città di Omegna con “Un teologo contro Hitler. Sulle tracce di Dietrich Bonhoeffer”. Nel 2005 con il romanzo “Secoli di gioventù” vince il Premio Grinzane Cavour. Nel libro “La città dei ragazzi” (2008) concentra le sue conoscenze sul tema immigrazione. Tra le opere successive: “L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani” (2016), finalista al Premio Strega e “Il sogno di un’altra scuola”, biografia di don Milani.

Considerati i temi affrontati, con il parroco dell’Unità Pastorale “San Pietro e Cristo Re”, don Mario Colabianchi, che ha esteso la proposta alla Vicaria Foranea, è maturata l’idea di presentare il “Vangelo degli Angeli” in prossimità della Settimana Santa, attraverso un dialogo-confronto tra l’autore e un esperto biblista, in questo caso la Prof.ssa Rosanna Virgili, docente di Esegesi

Rosanna Virgili (1958) vive a Roma, è laureata in Filosofia all’Università di Urbino, in Teologia alla Pontificia Università Lateranense e licenziata in Scienze Bibliche al Pontificio Istituto Biblico di Roma. E’ docente di Esegesi Biblica presso l’Istituto Teologico Marchigiano di Ancona. Si occupa di formazione biblica nelle Diocesi italiane e straniere. Collabora con il quotidiano “Avvenire” e stabilmente ad una rubrica televisiva di lettura femminile della Bibbia (TV2000).

Aldo Caporaletti, promotore culturale dell’evento, ha orchestrato in modo sapiente ogni momento della serata. Emilia Bacaro, attrice della compagnia “Piccola Ribalta” ha letto, ad intervalli concordati secondo una scaletta stabilita, sei diversi brani del romanzo, che toccavano: L’Annunciazione dell’Angelo Gabriele a Maria, Gesù che incontra i primi amici, il fondamento della nuova religione, il tradimento di Giuda, il sepolcro di Gesù, la Pentecoste. Al termine di ogni brano, prima Eraldo Affinati, poi Rosanna Virgili hanno commentato il contenuto dei brani letti.

Annunciazione dell’Angelo Gabriele (primo brano)

“Gabriele, potendo disporre dei radar di ultima generazione, splendidi visori incorporati nei tessuti cerebrali, aveva fatto presto a individuare la casa penetrandovi con una delle sue mirabili giravolte di fantastico equilibrista. Avrebbe potuto entrare subito in azione, invece indugiò qualche minuto più del necessario, riparato dietro un tavolaccio solo per contemplarla: i capelli lisci e corvini le scendevano fin sulle spalle. Gli occhi neri sfolgoravano. L’angelo ora era pronto, sebbene faticasse a governare l’ansia: sapeva di trovarsi sul crinale della Storia, ancora un passo e tutto sarebbe cambiato… Lei, in quegli istanti irripetibili, pareva ancora inconsapevole. Ogni madre, pensò Gabriele, quando dà alla luce un figlio, esegue l’umanità, proprio come fa il musicista con lo spartito. L’ambasciata che si apprestava a consegnare possedeva un significato ancora più profondo: innestava l’eternità nel tempo, senza tuttavia distruggerne la parvenza. Era stato debitamente istruito, sapeva di non doverla spaventare; per questo, dopo il saluto, subito si premurò di rassicurarla: Il Signore è con te, piena di grazia. Lei, appoggiata al lettuccio, alzò lo sguardo smarrita senza capire cosa volesse intendere quella strana creatura, condottiero quasi suo coetaneo, cosicché egli proseguì scandendo bene le parole: Presto avrai un figlio al quale metterai nome Gesù. Diventerà il re d’Israele e il suo regno non finirà mai” (Eraldo Affinati, Il Vangelo degli Angeli, pag. 19, HarperCollins editore, Milano, 2021).

 

L’annunciazione dell’Angelo Gabriele a Maria avviene in una casa, nella quotidianità della vita della ragazza dai “capelli lisci e corvini”. Lo stesso angelo aveva visitato il sacerdote ebreo Zaccaria nel tempio. Gli aveva predetto che sua moglie Elisabetta, dichiarata sterile, perché avanti negli anni, avrebbe concepito un figlio. Si sarebbe chiamato Giovanni, secondo il volere del padre Zaccaria. L’angelo rimane nel luogo sacro. Giovanni è solo il precursore, colui che avrebbe preparato la strada al Nazareno. Con l’Annunciazione, invece, il divino irrompe nel tempo degli uomini. Gabriele vola a Nazareth in casa di Maria. Dio si fa carne, non rimane nel tempio, dove si parla di Dio, ma spesso non lo si incontra mai perché si crede di possederlo, solo parlandone.

 

Gesù incontra i primi amici (secondo brano)

 

Gesù diventa grande. Incontra i primi amici. “Chi sono gli amici? Intenditori di congenialità. Ti comincio a frequentare se intuisco in te qualcosa che funziona con me. Una simpatia senza necessità pratica. Il nazareno era appena andato via da casa, dove non aveva trovato l’adesione che cercava: non il consenso puro e semplice, neppure un accordo preliminare, bensì l’intesa antecedente a ogni programma. Scommetto su di te come persona, a prescindere da tutto. Non so neanche chi tu sia, ma ti vengo dietro. Mi ispiri fiducia. Ne ho bisogno. Non potrei fare altro. Mi chiedi se ci sono? E io ti rispondo: sì, eccomi qua. Proprio come aveva fatto Maria con Gabriele.

Questo era mancato al giovane falegname. In famiglia, soprattutto, ma anche fuori, dove se avesse dichiarato il proprio intendimento magari sarebbero stati in molti a voler andargli dietro, perché comunque aveva mostrato il carisma sufficiente per attirarli, ma l’avrebbero fatto per costituire un gruppo in contrapposizione con qualcun altro, cioè per uno scopo politico. Andremo lì, faremo questo, otterremo quest’altro. Saremo in tanti. Susciteremo approvazione. Ci applaudiranno. Grideranno in nostro favore. Costruiremo un’altra città dove regnare. No. Non così. Gesù non voleva essere un capobanda. E neppure un generale. O un imperatore. Non cercava adepti o sodali. Men che mai sudditi ubbidienti. In fondo non gli sarebbe bastato nemmeno avere semplici fedeli. Meri osservanti dei precetti. Formulava una richiesta molto più radicale: o tutto o niente” (Ibidem, pag. 84).

 

Dio è la risposta al grido dell’uomo. Il cuore dell’uomo è inquieto finché non riposa in Lui, scriveva Pascal. Gesù chiama i primi discepoli, poi gli apostoli perché stiano con lui. L’amicizia è la fonte della vita. Il verbo greco, agapao, traslitterato, vuol dire “accogliere con affetto”, “avere caro”, oppure “essere contento”, “preferire”. Lo sguardo di Gesù è franco, libero, spassionato. Il suo è uno sguardo a fondo perduto. Non si è mai amico di un altro per convenienza, per opportunità, per ricavarne dei vantaggi. Questo funziona come categoria mondana. La scelta dell’amicizia è stare da una parte, con tutta l’anima e con tutta la propria mente, Sposare la causa di tutti è come non scegliere nulla. “Là dove è il tuo tesoro, lì sia anche il tuo cuore”.

 

Fondamento della nuova religione (terzo brano)

 

“Una potenza ineguagliabile emanava dal vecchio ragazzo di Nazareth. Fino a pochi mesi prima era vissuto nell’anonimato di un piccolo villaggio, come uno qualsiasi. Ora lo vedevi seduto sul muretto, con i piedi a ciondoloni, i sandali slacciati, la stanchezza dipinta nel volto, lo slancio che subito rinasceva, impegnato a discutere, a richiamare l’attenzione, accorto e premuroso, e non sapevi come spiegartelo. Dove trovava quella freschezza? Quando le voci crescevano, i cani abbaiavano, quasi volessero prender parte all’assemblea senza sapere come. Nell’animazione dell’oratore sentivi la carne e il sangue, pareva che tu stesso prendessi posizione attraverso di lui, tanta era la forza con cui ti coinvolgeva, ti portava con sé, ti faceva sentire un grande. Allora persino i passanti, notando il gruppetto carico di passione, si fermavano a osservare. Lo vedi? È il nuovo rabbi di cui ti ho parlato. Cosa sta dicendo?

Alzava le braccia per illustrare i concetti e il sole frantumava le luci del tramonto sul cotone della sua veste. Si toglieva i capelli dagli occhi e avevi l’impressione che ti volesse fissare per sempre con quello sguardo lucido, amoroso. Tu mi interessi, capito? E io, dimmi, sono importante per te? Ci siamo conosciuti e d’ora in poi non ci perderemo, dovremo prenderci cura l’uno dell’altro: è tutta qui la mia religione. In sostanza non c’è molto da aggiungere. Queste riflessioni non te le diceva in modo esplicito. Lasciava che si formassero dentro di te. A un certo punto si coagulavano ed ecco che eri cambiato, non ti riconoscevi più” (Ibidem, pag. 99).

 

Gesù al pozzo di Giacobbe, quando incontra la Samaritana, azzera le distanze. Dammi da bere, dice alla donna. La sete di Dio entra nella vita della Samaritana e diventa parola che conquista la donna.

 

Il tradimento di Giuda (quarto brano)

 

“Quando Giuda operò la sua tragica scelta, negli spazi oltremondani il serafino che lo seguiva entrò in crisi, quasi non riuscisse ad accettare il fallimento dell’uomo che aveva deciso di sorvegliare. Tutti glielo avevano sconsigliato, ma lui si era offerto volontario perché aveva creduto nella possibilità di mutare il destino del futuro traditore. Scese dall’osservatorio dei custodi vagando sconsolato nei crateri sottostanti per lunghe ore: ogni tanto si metteva a sedere sulla sabbia tenendosi la testa fra le mani. Quanta passione sprecata! Quanto amore perso! Eppure io gli voglio ancora bene! Anzi, adesso quasi più di prima. Aiutatemi voi se potete. Fu necessario l’intervento delle squadre di salvataggio per andarlo a recuperare. Il capo pattuglia, vedendolo svanito, incapace di connettere, gli fece sorseggiare dalla borraccia che sempre aveva nello zaino una speciale miscela di erbe aromatiche, poi se lo caricò sulle spalle e lo riportò indietro.

Giuda sta dentro il nostro cuore, si ripresenta quasi ogni giorno; chi pensa di poterlo respingere una volta per tutte non ha compreso la profondità del suo gesto. Vieni qui, amico mio, appena potrò farlo, se mi converrà ti infliggerò il colpo finale. I Caifa sono fra noi, sapientemente mimetizzati. Per distruggere il nemico, può bastare poco: pettegolezzi, omissioni di soccorso, indifferenze, giustificazioni, sofismi, assenze, negligenze. I magnifici stili della migliore espressione: se dico questo, o non lo dico, se faccio questo, o non lo faccio, ne uscirò al meglio. Mi salverò la reputazione. Nel mio piccolo, saprò cavarmela. Nostro malgrado, dobbiamo ammettere che Giuda ci serve, eccome, anche se non lo chiameremo mai col suo vero nome. Lui sta sempre lì, seduto nel cantuccio, in attesa. Secoli dopo ancora all’opera, pronto a intervenire. Appena sente lo squillo, scatta in piedi. Neppure gli angeli ormai possono fermarlo. Infatti, quando entra in azione, loro si scansano” (Ibidem, pag. 373).

 

Giuda è l’economo del gruppo. In un episodio del Vangelo, in casa di Simone il lebbroso, a Betania, rimprovera, assieme ad altri presenti, Maria di Betania perché unge il capo di Gesù con il Nardo. L’olio, prezioso e profumatissimo, costava più di trecento denari. Per lui era uno spreco. Il prodotto, se venduto, con i ricavato si poteva aiutare i poveri.  Gesù risponde a quanti biasimavano il comportamento della donna: “Lasciate stare! Perché le date noia? Ha fatto un’azione buona verso di me. I poveri li avete sempre con voi; quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avrete per sempre” (Marco, 14, 3 – 9). Giuda non entra nella logica della Grazia. Il perdono è la trasgressione della legge. L’economia, priva del soffio del Vangelo, è destinata a fallire. Giuda rimane il leguleio. Tradisce Gesù per ancora meno, per trenta denari. A cosa fatta, si pente, restituisce i denari ai sacerdoti e si impicca.

 

 

Il sepolcro d Gesù (quinto brano)

“Quando la pietra si chiuse, il buio trionfò. Gli angeli avevano già preparato le piattaforme sospese ma Gesù, invece di salire in cielo, decise con mossa inaudita di scendere negli inferi. Dopo aver parlato ai viventi, si rivolse agli estinti. Non voleva lasciare nessuno indietro: le generazioni trascorse avevano bisogno del suo aiuto. Il cocchio alato restò deserto ai limiti della terra conosciuta, fra l’uggiolare dei cani e il fragore delle cascate, mentre quello igneo partì immediatamente verso le viscere profonde dei crateri da cui eruttava la materia lavica. A scortare il maestro nelle antiche segrete, ricettacolo dei condannati incolpevoli, deposito di tutte le ignoranze, furono i più coraggiosi fra i cacciatori della guarnigione reale: veterani esperti capaci di aprirgli la strada favorendo il suo passaggio nelle paludi sottostanti oltre le quali, a strapiombo nei fossati ancestrali, si trovavano migliaia di celle piene di reclusi.

La città dei morti assomigliava a una piaga purulenta nei meandri planetari, sotto un frantume di stelle. I derelitti giacevano affranti sui letti a castello con occhi fissi scavati nelle orbite. Folle di sbandati biascicavano frasi incomprensibili, cercando di rispondere a quesiti assurdi formulati da secondini tatuati. Bande di orfani si azzuffavano senza requie gli uni contro gli altri impugnando coltelli e bastoni. Una bambina teneva sulle ginocchia scheletriche il fratellino cercando di imboccarlo, ma lui risputava il cibo senza riuscire a masticarlo. Colonne di copertoni consumati punteggiavano una specie di borgata piena di motorini accatastati, propulsori sui marciapiedi, pezzi di ricambio sotto vetrate esplose, biciclette rovesciate, furgoni parcheggiati di sghimbescio. Il fumo regnava sovrano in quegli ambienti sordidi, misto a pezzetti di carta bruciata. Nelle botteghe dai cartelloni sbilenchi e le insegne sbiadite uomini e donne languivano, ubriachi e sfatti, con pesanti catene ancora legate ai piedi. Dalle pozzanghere secche si sprigionava un fetore insopportabile dentro il quale colonie di insetti danzavano ciechi. Molti prigionieri, ergastolani dalle vite putrefatte, stavano accasciati lungo i muri della desolazione, credendo di essere stati dimenticati per sempre: pensavano di non avere più scampo, ma non era vero!” (Ibidem, pag.463).

 

Tra tutte le parti del romanzo, ha precisato Eraldo Affinati, questa è quella che mi è  costata di più in termini di fatica letteraria. L’Inferno è attorno e dentro di noi. L’ho sperimentato nel corso dei miei viaggi in Africa ma anche in certe periferie delle grandi metropoli europee, compresa Roma. La scrittura nasce sempre da un bisogno di testimoniare quello che uno vede e comunica agli altri. La tomba rappresenta la solitudine umana. La morte è una trasformazione ha precisato Rosanna Virgili. Abramo si riunisce ai suoi padri. La prosa poetica della Bibbia è tipica dell’amore e del lutto.

 

La Pentecoste (sesto brano)

 

“Appostati alla maniera di aquile accorte e vigilanti sulle garitte più esposte dei castelli sospesi, gli angeli frombolieri, rapidi e intraprendenti nella loro atavica giovinezza, colsero al volo il ritorno del Figlio prediletto e, dopo averlo intercettato come richiesto dalle supreme nomenclature, provvidero a stabilire le condizioni necessarie alla discesa in terra dello Spirito Santo: boati e fragori, fulmini e saette, un tumulto che piombò gagliardo sulla povera casa dove si trovavano gli apostoli, ancora storditi dalla visione di Gesù salito trionfante al trono del Padre. (…)

I frombolieri si gettarono giù dalle torri con mossa dolce e leggera per facilitare l’apprendimento degli idiomi e predisporre le traduzioni in simultanea da una lingua all’altra. Non era impresa da poco: bisognava edificare una linea di passaggio permanente e strutturale dalla superiore tenda di comando, presidiata da pochi generali, al sottostante campo delle operazioni, brulicante di folla, facendo in modo che le istruzioni, quali fossero state, non venissero fraintese o, peggio ancora, contraffatte. (…)

Aprendo le grandi ali della sorte, del perdono e della misericordia, quei giovani ardenti, audaci eroi delle flottiglie celesti, girarono in tondo nella voliera allo scopo di favorire la discesa degli Angeli Custodi, i quali erano già pronti in miliardi di schiere: frotte di agenti segreti educati nei secoli al trapasso vertiginoso da una vita che va a quella che viene, pronti all’azione di guardia e sorveglianza, formati al divino insegnamento come inconfondibili rappresentanti dei nuclei territoriali diffusi ovunque sulla Terra.

L’esercito valoroso e qualificato della Terza Persona, Spirito Santo, respiro delle prime rocce, vento dell’atmosfera, energia della Storia, indole della natura umana, si posizionò paziente lungo i crinali scoscesi del nostro destino. Bastarono pochi attimi, poi le amorevoli guide vennero giù come fiocchi di neve, stelle cadenti, arcobaleni mobili: sin dai primordi, era sempre stata questa la loro opera distintiva. E da allora, ancora oggi, stanno continuando a scendere. Non smettono di farlo, mentre finisco di scrivere, per ogni bambino che nasce, così da non lasciarlo mai solo” (Ibidem, pag. 495).

 

L’irruzione dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste è descritta in modo avvincente con il ricorso ad alcune tecniche proprie del romanzo fantasy, che non disturbano affatto, anzi costituiscono un valore aggiunto al “Vangelo degli Angeli” assieme alla nutrita galleria di personaggi che riempiono quello che nei Vangeli Canonici non c’è né ci può essere per ovvi motivi. Il fine del Vangelo è catechetico. Non è un libro di storia né un romanzo. Riscrivere il Vangelo, come ha fatto Eraldo Affinati, è opera meritoria. Costituisce uno strumento ulteriore per leggere i Vangeli Canonici. Nei Vangeli, ha precisato Rosanna Virgili non si fa uso del linguaggio bellico. Solo nel Magnificat si dice: “Ha rovesciato i potenti dai troni”. Riscrivere il Vangelo con la propria vita è ancora più encomiabile, come hanno fatto Madre Teresa di Calcutta, don Lorenzo Milani, don Primo Mazzolari, don Tonino Bello, padre Ernesto Balducci, padre Davide Maria Turoldo, Giorgio La Pira, e molti altri, ognuno con il proprio carisma.

 

Le domande poste dai presenti ai due relatori, le risposte date da questi ultimi, la lettura di poesie, di preghiere scritte da don Tonino Bello, proposte da don Mario Colabianchi, hanno reso la serata più intima, ottima preparazione per tutti alla festa imminente della Pasqua. Il messaggio del Vangelo non potrà mai essere ridotto a trucioli di utopie assieme al sogno di don Milani e di altri ricordati sopra.

 

Raimondo Giustozzi

Copertina libro

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