Il resto è silenzio. Guerre di ieri e di oggi
Chiara Ingrao
Politica
Baldini+Castoldi Milano
2023 (1° ed. 2007)
In libreria dal 17 febbraio. Prima grande presentazione romana 27 febbraio.
Pag. 187 euro 16
Valerio Calzolaio
Qui. Ora. L’esperta interprete romana Sara è in autobus, ha appena finito di tradurre simultaneamente in un congresso di filosofia, torna a casa stanca, subisce la bulla provocazione del ragazzotto di una banda, da un brandello di conversazione telefonicha ascolta qualcuno si è messo in casa qualcun altro. Sobbalza. Le riemerge dentro in modo annebbiato la storia di Slavenka, l’eroina bruna e bellissima, uccisa sul ponte di Sarajevo, dove si sparavano tutti, assalitori ed assaliti, morta per recuperare il corpo del fratello, ucciso forse dai compagni dell’altro fratello, che combatteva con i bosniaci nazionalisti. L’Antigone di Sarajevo, la chiamarono i giornali, aveva anche un’altra sorella, Musnida (Pacifica è il significato del nome); la musulmana e la slava, la bella e la sbiadita, in una di quelle famiglie in cui le origini e le provenienze si sono mescolate e dove la guerra scava solchi, separa destini. Sara ora vive sola, dopo una dolorosa separazione dal marito, ha delicati rapporti con la sorella e si ritrova proiettata a ricostruire il guazzabuglio di una storia rimossa, di un lutto non elaborato. Le aveva conosciute negli anni Ottanta al festival del Cinema jugoslavo a Pesaro, dove anche Musnida lavorava con lei, mentre Slavenka aveva seguito la sorella per una breve vacanza. Tutti erano affascinati dalla bella e loquace Slavenka, ma Sara aveva stretto amicizia con Musnida, avevano scoperto affinità culturali e condiviso l’amore dei libri, le poesie declamate a memoria in lingua originale. Poi, dopo più di dieci anni, improvvisamente una sera arriva la telefonata di Musnida, è a Roma in fuga dalla guerra. Non aveva chiesto niente, Sara si era sentita in dovere di offrirle comunque ospitalità a casa sua, ora rievoca la difficoltà di accogliere l’Altro o l’Altra, e il suo dolore, i guasti delle guerre.
La colta sensibile Chiara Ingrao (Roma, 1949), oggi scrittrice e animatrice culturale nelle scuole, già sindacalista, interprete, parlamentare, da sempre dirigente del movimento pacifista e anti-razzista, attiva nel femminismo e nel volontariato, riesce con intelligenza e partecipazione a immergerci nelle dinamiche terribili di ogni conflitto armato. Per davvero Il resto è silenzio, titolo che viene dall’Amleto, il saluto con cui si lasciavano Sara e Musnida la sera tardi, dopo lunghe chiacchierate. La premessa alla nuova edizione fa ovviamente utilmente riferimento alla guerra in corso dopo l’invasione russa dell’Ucraina: “La guerra che dopo il 24 febbraio 2022 pare rimbombare ovunque, nelle televisioni e sui giornali e sui social, e qualche mese dopo invece scompare, inghiottita dall’assuefazione. La guerra noiosa, sempre tragicamente uguale a sé stessa, che torna sporadica in prima pagina come minaccia alle nostre bollette del gas, o come cronaca di un dibattito fra potenti. La guerra in Europa, che potrebbe farsi totale e travolgerci tutti ma rimane lo stesso guerra degli altri, come tutte le altre in ogni parte del mondo: non sono mai nostre, le carni che morde e la sofferenza di chi fugge… E la guerra indicibile: il suo marchio a fuoco nelle città e nei corpi congelati o straziati, nelle anime di chi non ha più parole per dirsi”. Fra storia e mito, realtà e narrazione, il bel romanzo nasce da questa indicibilità, dall’impatto duraturo di un’altra guerra europea, dal 1990 al 2001, vicina ai nostri confini, in quella che ancora chiamavamo Jugoslavia (Musnida si autodefinisce ostinatamente “jugoslava”, pure dopo che la Jugoslavia è implosa). La storia delle due sorelle a Sarajevo viene raccontata in contrappunto con quella delle due tebane Antigone e Ismene; in particolare, in tre capitoli si alternano la narrazione in prima persona di Sara e la voce di Ismene. La terza coppia di sorelle è quella romana odierna. E “sorelle” va oltre il dato parentale. I dialoghi e i pensieri richiamano anche Israele e la Palestina, Gaza e le Torri gemelle, l’Afghanistan e l’Iraq. In appendice la stimolante postfazione Noi e la guerra, ieri e oggi di Raffaella Chiodo Karpinsky e la dettagliata cronologia della guerra nei Balcani.
v.c.
Recensione La vita ti sia lieve
La vita ti sia lieve. Storie di migranti e altri esclusi
Alessandra Ballerini
Politica
Prefazione di Erri De Luca; postfazione di Fabio Geda
Zolfo Milano
2023 (integrazione e riedizione di un volume del 2013, più volte ristampato)
In libreria dal 24 febbraio. Presentatelo ovunque!
Pag. 241 euro 17
Valerio Calzolaio
Genova, Lampedusa, Italia. 2001-2022. Carceri, Cie, case d’accoglienza, tribunali, centri antiviolenza, mari mediterranei. 21 luglio 2001, scuola Diaz: “vengo fermata di fronte al cancello da due colossi abbronzati, travisati e cattivi che mi spingono via. Io, sotto la luce abbagliante di un elicottero, mi qualifico, loro non lo faranno mai; dico chi sono e da chi sono stata incaricata, di loro si deve ancora scoprire il mandante. Li informo che in quanto avvocato nominato devo assistere a quella che credo ancora essere solamente una perquisizione. Spingono e urlano, nelle mie orecchie su tutti rimane un grido feroce”. “Cosa pensi di fare, avvocato del cazzo, puttana, difendi quelle merde del Social Forum? Allora ti ammazziamo insieme agli altri”. Prima storia di urla e sangue, si continua a Lampedusa con “Il falco e il bambino” nell’estate 2011 e a Ventimiglia nell’aprile dello stesso anno, complessivamente sono sessanta significative vicende vere: donne e uomini di oggi, ragazzi e ragazze, profughi e migranti, naufraghi e salvati, manifestanti e richiedenti, le loro ragioni e vertenze. Con un’avvertenza: “Evidentemente non tutti i giudici sono insensibili, non tutte le «guardie» sono violente e arroganti, non tutti gli uomini sono maltrattanti, non tutti i poteri sono sempre corrotti o ottusi. Ma capita. E quando capita i danni sono incontenibili e imprevedibili. Ho avuto la fortuna di imbattermi in giudici attenti e coraggiosi, in appartenenti alle forze dell’ordine leali e instancabili, in uomini (e donne) eroici e giusti. E me li ricordo uno a uno con gratitudine e ammirazione. Non sono la maggior parte e per questo sono i più preziosi. Riparano torti, evitano di commetterne, si prendono cura degli offesi. Non ho scritto di loro ma anche a loro dedico quello che ho scritto.”
La bravissima avvocata civilista Alessandra Ballerini (Genova, 1970) frequenta i drammi contemporanei con la paura delle persone perbene, senza filtri e senza ideologie, cercando di essere utile a prevenire, diminuire, scovare menzogne e violenze. Il 21 luglio 2001 era osservatrice per il Genoa Social Forum davanti ai misfatti della scuola Diaz, il 14 gennaio 2013 ancora a Contrada Imbriacola di Lampedusa a visitare per professione e passione i 231 profughi rinchiusi, il 14 agosto 2018 a mezzogiorno non lontano dal viadotto sul torrente Polcevera, appena crollato causando 43 vittime, 11 feriti e 566 sfollati (e da anni accanto alla famiglia Regeni per continuare a far cose con Giulio). Il suo bellissimo libro “La vita ti sia lieve” è insieme diario politico, giornalismo narrativo, griglia critica su cronache quotidiane riferite a diritti umani e migranti. Trovate eventi e personalità di cui abbiamo letto, ascoltato, visto, affrescati attraverso parole, sguardi, sentimenti, odori, colori, spunti che toccano dentro e insegnano molto. Oppure sapiens comuni: donne combattive che cercano di avere la custodia dei propri figli, minorenni abbandonati a sé stessi che chiedono aiuto, prostitute ribelli in un (nostro) paese spesso inospitale. Dedicato alla madre e a Don Andrea Gallo (“immaginandoli insieme”), al fianco delle sue storie (“fascicoli aperti”) Erri De Luca e Fabio Geda. Il titolo riprende l’estremo augurio, sit tibi terra levis, che tanti usano e che da sempre l’autrice sente e porta seco accanto ai vivi, nei campi di accoglienza, nei centri di rimpatrio, in carcere o nel suo studio legale, mentre ascolta fatti di straordinaria sofferenza, soprusi e crimini: al momento dei saluti, come una silenziosa preghiera per queste creature che hanno già sopportato fardelli insostenibili, le sale alle labbra «che la vita da oggi ti sia lieve». Una parte di quei fardelli si trasferisce inevitabilmente sulle sue spalle e, quando non riesce a reggerne il peso, scrive. Mettere sulla carta i torti e le sofferenze di cui è stata spettatrice aiuta a ristabilire un minimo di distanza e alleggerire il carico, una sorta di terapia “casalinga” (indispensabile anche a noi lettori), con l’auspicio che la vita, quella di tutti, sia piena, ma lieve. Ballerini fa così del bene pure ad altri, che possono goderne la scrittura intensa e profonda.
v.c.
Recensione Notturno francese
Notturno francese
Fabio Stassi
Giallo sentimentale e letterario
Sellerio Palermo
2023
In libreria dal 14 febbraio 2023
Pag. 148 euro 14
Valerio Calzolaio
Roma, Nizza, Marsiglia. Un settembre recente. Vince Corso va in stazione per raggiungere in treno la fidanzata Feng al lavoro a Napoli, hanno in programma un romantico weekend. Sbaglia convoglio, sull’altro binario l’identico Frecciarossa conduce a Milano, diretto senza fermate intermedie. Prova a leggere il libro che si era portato (“Notturno indiano”), incontra l’anziano Saverio (seduto al posto con l’identica sua numerazione di carrozza e sedile), anche su suo consiglio decide d’improvviso di effettuare finalmente un’investigazione a lungo rinviata. Vince è nato a Nizza il 24 aprile 1970, questo lo sa. La madre (d’origine siciliana) lo ha concepito quand’era impiegata o cameriera negli alberghi della Costa Azzurra sul Mediterraneo francese orientale, lo ha poi cresciuto da sola con amiche e colleghe, continuando a lavorare e trasferendosi anni dopo a Genova dove Vince aveva fatto il liceo. In punto di morte gli aveva rivelato che con il padre aveva trascorso solo quella fatidica notte in una stanza dello splendido Hotel Le Negresco, la mattina aveva ritrovato sul comodino solo tre libri rilegati di blu. Come mestiere ora Corso esercita biblioterapia: sapiens gli confidano malesseri e lui suggerisce loro un romanzo, a seconda della descrizione dei sintomi e di una minima anamnesi. Vive in una mansarda di via Merulana 268, ha tantissimi libri, dischi di musica francese, l’amico cane Django. Da lì e da altrove ha inviato (al padre) all’indirizzo dell’albergo una cartolina al giorno per cinque anni, pochi mesi prima gli ha scritto una lunga lettera allo stesso modo, capisce che è giunto il momento di visitare di persona dove è stato concepito, un forte decisivo investimento economico ed emotivo, un incerto viaggio a ritroso nel tempo. Lì hanno appeso le sue cartoline, si fa dare il registro d’ingresso del luglio 1969 e domenica 27… qualcosa scopre, quanto basta per proseguire.
Il bibliotecario di origine siciliane Fabio Stassi (Roma, 1962) ha iniziato a scrivere romanzi di vario genere oltre una quindicina d’anni fa, levigati solidi misurati, colmi di notevoli letture e densi di riferimenti ad altrui scritture, seriali quelli con Vince Corso (protagonista anche di vari racconti), narrati in prima persona al passato, qui ancora con 24 brevi capitoli titolati con le secche fasi dell’indagine, fatali all’inizio, meticolose poi. Il titolo del bellissimo suggestivo romanzo rielabora il volume di Tabucchi che Vince si mette nel trolley, stella polare del viaggio, tanto nei passaggi esistenziali quanto nei paesaggi visivi (rivisitati con lo sguardo e il cuore di Izzo). Non a caso la cruciale appendice si chiama “costellazioni, poeti, spartiti, e di Solea”: vi troverete gli innumerevoli libri evocati (come frammento o ispirazione o interludio), le canzoni citate (s’inizia con Caetano Veloso), l’origine di alcune descrizioni o di personaggi, il nome dell’amatissima labrador accucciata quando l’autore lo ha scritto. Il protagonista (detective di enigmi letterari, sentimentali più che gialli) svolge l’indagine più importante della sua vita con la prudenza di un investigatore ormai vicinissimo al proprio obiettivo, ma allo stesso tempo con la trepidazione del latitante all’oscuro dell’identità paterna, pedinatore e pedinato intorno a un eventuale cimitero (incantevole) dove seppellirla. I deliziosi apparati finali sono così completati dalle antiche cartoline con otto amorevoli frasi (ispirate a Osvaldo Soriano) del padre girovago sulla costa francese e dall’indice dei luoghi e delle stazioni ferroviarie attraversate fino a Sète, visto che il figlio spesso suole appuntare citazioni su un taccuino, il Quaderno dei viaggiatori cerimoniosi. Dagli alberghi e dalle pensioni dove la madre aveva lavorato era transitata quasi tutta la letteratura degli ultimi due secoli.
v.c.
Recensione Eredità colpevole
Eredità colpevole
Diego Zandel
Noir storico
Voland Roma
2023
Pag. 244 euro 19
Valerio Calzolaio
Roma e Trieste. Un paio di decenni fa. Il giornalista e scrittore Guido Lednaz è amico del giudice Gigi La Spina, si vedono per commentare il processo che ha visto assolto (“difetto di giurisdizione”) Josip Strčić, imputato di genocidio contro gli italiani, i reati tra maggio 1945, con l’entrata delle truppe titine a Fiume, e febbraio 1947, con il Trattato che sancì, a partire dal successivo 15 settembre, il passaggio di quasi tutta l’Istria alla Jugoslavia. Le associazioni di destra attaccano il giudice, che viene poi ucciso davanti al portone di casa, cinque colpi, l’ultimo alla testa, un’esecuzione. L’amico decide di indagare sul passato (pure Goli Otok) e sul presente (altre morti). Nel ben congegnato noir “Eredità colpevole”, Guido è ispirato al bravissimo autore Diego Zandel (campo di profughi fiumani di Servigliano, 1948), l’imputato a Piškulić, capo della polizia politica di Tito e autore di eccidi nelle foibe. Il titolo si collega alle ultime righe, una delle “soluzioni”.
v.c.
Recensione Karolus
Karolus. Il romanzo di Carlo Magno
Franco Forte
Romanzo storico
Mondadori Milano
2023
Pag. 727 euro 25
Valerio Calzolaio
25 dicembre 800. Roma. Quel Natale il Papa sta per proclamare un nuovo sovrano, a ricevere la corona è Carlo Magno (742 – 814), primogenito della stirpe dei Carolingi, immerso in una storia di coraggio e amori, sangue e dubbi, battaglie e trionfi, complotti e intrighi, rimpianti e perdite. E segreti! In “Karolus”, attingendo a sterminate storiografia e bibliografia, l’ottimo scrittore, sceneggiatore e giornalista Franco Forte (Milano, 1962), direttore editoriale delle collane da edicola Mondadori (compreso Il Giallo), narra lungamente e intensamente le gesta del celebre reggente unico del Sacro Romano Impero, dalla primissima infanzia agli ultimi istanti di vita. Dopo la dedica (alla famiglia), l’albero genealogico della “stirpe”: prima da Pipino il Breve a Carlo e ai suoi tanti fratelli e sorelle minori; poi dalle cinque mogli agli innumerevoli figli, soprattutto di Ildegarda (la terza, sposata nel 771 e morta nel 783). Seguono ascesa e dominio, attraverso sei godibili capitoli.
v.c.
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