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Charles A. Kupchan, Nessuno controlla il mondo.

Nessuno controlla il mondodi Raimondo Giustozzi

Pubblicato per la collana Geopolitica, capire gli equilibri del mondo, curata da Federico Rampini, il volume N° 24 “Nessuno controlla il mondo. L’Occidente e l’ascesa del resto del mondo. La prossima svolta globale”, di Charles A. Kupchan. Il saggio è stato stampato in Italia per la prima volta nel 2012 da Il Saggiatore S.r.l. Milano, edito come Edizione speciale per il Corriere della Sera, su licenza de Il Saggiatore S.r.l. Milano, il 19.08.2022. Il libro consta di 251 pagine che comprendono: la prefazione, la premessa (pp. 7 – 16), il saggio vero e proprio (pp. 17 – 210), note e bibliografia (pp.211- 251). Il lavoro si sviluppa in sette capitoli, ognuno dei quali viene declinato da alcuni paragrafi di diversa lunghezza, grafici e tabelle sono riportati a commento del  quarto capitolo.

Indice dei capitoli

  1. La svolta
  2. L’ascesa dell’Occidente. La parabola della storia
  3. L’ultima svolta. Come l’Occidente eclissò il resto del mondo
  4. La prossima svolta. L’ascesa del resto del mondo
  5. Le alternative alla via occidentale
  6. Rinvigorire l’Occidente
  7. Governare un mondo che nessuno controlla.

 

“Uno degli effetti collaterali alla guerra in Ucraina, con nuove connotazioni geopolitiche, è la rinascita di un Terzo Mondo di cui facevano parte tutti quei paesi, che negli anni della Guerra fredda (1946 – 1989) avevano deciso di non schierarsi né con il blocco occidentale, guidato dagli Stati Uniti d’America né con il blocco comunista guidato dall’Unione Sovietica. Il termine finì per essere sinonimo di povertà. Oggi il panorama economico è diverso. Molti di quei paesi che allora erano sottosviluppati, ora hanno economie che figurano nel G20: India, Indonesia, Arabia Saudita, Brasile, Messico, Sudafrica, Nigeria. Alcuni di questi paesi appartengono anche ad associazioni dalle geometrie variabili e alternative come il club dei BRICS: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, che talvolta si presenta come il G7 dei paesi emergenti” (Federico Rampini, prefazione, pag. 7, in Charles Kupchan, Nessuno controlla il mondo. L’Occidente e l’ascesa del resto del mondo. La prossima svolta globale”, Milano, 2022)

Un numero cospicuo di questi paesi ha scelto di non condannare ufficialmente l’aggressione della Russia contro l’Ucraina; altri ancora, pur condannandola, non hanno voluto applicare contro la Federazione Russa le sanzioni economiche decise dai paesi che definiamo Occidente, concetto geopolitico, non geografico, che abbraccia anche Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda. Il blocco dei paesi non allineati con l’Occidente né nemici della Russia non nasce con la guerra in Ucraina. In effetti non è mai morto dai tempi della guerra fredda. Questo nuovo Terzo Mondo, dal significato geopolitico più che economico, avrà un peso sempre crescente e l’Occidente fatica a prenderne le misure, nonché a rivolgere delle proposte attrattive e a formulare strategie convincenti verso quest’area (Ibidem).

“Nemmeno le potenze emergenti in cui vige la democrazia, come India e Brasile, possono essere annoverate tra i più convinti sostenitori del campo occidentale. Al contrario, si schierano regolarmente contro Stati Uniti ed Europa su questioni geopolitiche, commerciali e ambientali, preferendo prendere le parti dei Paesi emergenti, che siano democratici o meno. Gli interessi contano più dei valori. Non solo i regimi autoritari ben governati resisteranno alle democrazie liberali, ma anche le potenze democratiche emergenti si troveranno spesso in disaccordo con l’Occidente. Forse la sfida decisiva per l’Occidente  e i Paesi in ascesa sarà proprio gestire questa svolta globale e concepire un approdo pacifico al mondo nuovo. L’alternativa è una situazione di anarchia competitiva, che si produrrà automaticamente, mentre molteplici centri di potere, con le diverse idee di ordine che rappresentano, lotteranno per la supremazia”.

“Alcuni osservatori prevedono che la comunità globale adotterà senza riserve i valori e la concezione di ordine internazionale dell’Occidente, mentre altri annunciano l’avvento di un secolo asiatico. Il saggio argomenta che il futuro non avrà un singolo centro di gravità. Nessuno controllerà il mondo. Gli attributi fondamentali dell’occidente: democrazia liberale, capitalismo industriale e nazionalismo laico non vengono riprodotti tali e quali dalle regioni che si stanno modernizzando. Il sistema capitalista ha certamente dimostrato il suo fascino universale. La maggior parte delle potenze emergenti però, tra cui Cina, India, Turchia, Brasile, non stanno replicando il percorso seguito dall’’Occidente. Le caratteristiche socio economiche di questi paese sono differenti, questo rende ben distinti i loro ordinamenti interni e i loro orientamenti ideologici. Di conseguenza, le potenze emergenti cercheranno di riformare e non di consolidare l’ordine internazionale che si è formato sotto la tutela dell’Occidente”.

“L’autocrazia in Cina, in Russia e nel Golfo Persico, le teocrazie in Medio Oriente, gli uomini forti in Africa, il populismo in America Latina costituiscono una sfida all’universalizzazione del modello occidentale, e non una semplice tappa intermedia lunga la strada che conduce alla democrazia liberale, al capitalismo industriale e al nazionalismo laico. Gli Stati Uniti, scrive Henry Kissinger, dovranno comprendere che l’ordine mondiale dipenderà dalla misura in cui tutti i partecipanti avranno contribuito a crearne la struttura”. Robert Kagan, un altro fine analista di geopolitica, sostiene che le élite occidentali hanno sempre agito nella convinzione che la democrazia liberale sia l’unica forma legittima di governo, mentre tutti gli altri sistemi politici sarebbero non solo illegittimi, ma anche transitori. Questa è una posizione che ha una sua robustezza morale e coerente con una serie di valori profondamente radicati nelle democrazie atlantiche. L’equazione tra legittimità e democrazia mina tuttavia l’influenza occidentale tra le potenze emergenti. India e Brasile, entrambi democrazie stabili, tendono a considerare l’ossessione occidentale per la promozione della democrazia come un’ingerenza non richiesta negli affari altrui”.

“Vladimir Putin e Xi Jinping considerano la cosiddetta ingerenza umanitaria una manovra appena dissimulata delle democrazie occidentali per essere libere di agire come meglio credono. Cina e Russia guadano con sospetto agli sforzi occidentali di stabilire regole che giustifichino violazioni della sovranità nazionale. L’indipendenza del Kossovo, chiesta a gran voce dalle potenze occidentali, l’hanno vista come una palese ingerenza ai danni della sovranità della Serbia (2008), allo stesso modo non sono stati d’accordo con la Nato nel tentativo di rovesciare Gheddafi, dopo essere intervenuta con il dichiarato scopo di proteggere la popolazione civile in Libia. Questi due episodi furono tra i primi segnali della Cina e della Russia, che si stavano affermando apertamente come due potenze revisioniste, decise cioè a rivedere, scardinare e trasformare in profondità l’ordine internazionale”.

Il saggio di Kupchan è stato scritto nel 2021, in un periodo abbastanza critico ma non come quello che stiamo attraversando oggi. C’era solo stata la guerra di Putin in Cecenia e in Giorgia. Il nuovo ordine sembra che abbia trovato in Vladimir Putin e in Xi Jinping due interpreti da non sottovalutare. Il primo ha scatenato una guerra devastante in Ucraina, il secondo non nasconde di sostituirsi nell’Indo Pacifico agli Stati Uniti con l’annessione di Taiwan, rivendicata come appartenente alla Cina Popolare. L’autore, alla luce dei fatti che si stanno sviluppando è del tutto troppo ottimista quando scrive: “Se l’Occidente avrà successo nel trasmettere al resto del mondo gli stessi tratti che riuscì a dare a se stesso secoli fa: tolleranza politica, ideologica e dinamismo economico, allora la svolta globale non segnerà l’avvio di una era di scontri ideologici e rivalità politiche ma, grazie a diversità e pluralismo, getterà le basi per un’epoca di mutuo rispetto globale” Il presente non è affatto così. In Europa e in America mancano dei leader in grado di tener botta a Putin e Xi Jinping. Negli Usa molti democratici si augurano che Biden non si ricandidi alle prossime elezioni americane. In Europa, Olaf Scholz non ha lo stesso peso che aveva Angela Merkel sulla scena internazionale. Boris Johnson, dimessosi dal governo, non ha mai dato l’impressione di essere all’altezza di un Winston Churchill, che, pur avendo vinto sulla Germania nella seconda guerra mondiale, al termine del conflitto venne mandato a casa dagli elettori inglesi. Ciò suscitò l’ilarità di Stalin che anche in quell’occasione non capì niente della democrazia: “Se si rimane alla superficie, le democrazie sono un caos, mentre i regimi autoritari hanno decisionismo, continuità, tenacia e determinazione. Il verdetto della storia, almeno nell’ultimo secolo si è rivelato più clemente con le democrazie che con le dittature” (Federico Rampini, Prefazione, pp. 7 – 11, in Charles Kupchan, nessuno controlla il mondo, Milano, 2022).

“Il mondo del futuro” – scrive Charles Kupchan – “sarà multipolare e allo stesso tempo politicamente plurale. Il saggio cerca di offrire un contributo circa questo nuovo ordine mondiale, delineato in parte ma non in modo definitivo da nuove e vecchie superpotenze. Discute i fondamenti sociali ed economici del mondo occidentale, descrivendo il panorama politico che sta emergendo nel resto del mondo e proponendo una serie di principi basilari cui fare riferimento, per farsi parte attiva nella sempre più rapida transizione che coinvolge l’ordine globale” (Premessa, pp. 13 – 14, op.cit.).

Il piano di lavoro del libro

E’ l’autore stesso che nel primo capitolo del libro, al terzo paragrafo, illustra il piano dell’opera nelle sue finalità: “Questo libro ha due obiettivi principali. Il primo è di tipo analitico: esplorare le cause e le conseguenze della prossima svolta globale. Il secondo e il terzo capitolo cercano di inquadrare il problema del mutamento globale in una prospettiva storica. Il secondo capitolo descrive la precedente svolta globale: l’ascesa dell’Europa e l’eclissi di Asia e Medio Oriente, come principali centri di potere mondiali. Il terzo capitolo completa la storia dell’ascesa dell’Occidente comparando i progressi realizzati in Europa nella prima età moderna con la stasi centralista che ebbe la meglio in Asia e Medio Oriente. Tali regioni non sperimentarono le trasformazioni storiche che stavano plasmando la modernità in Occidente. Sotto la guida dell’Europa prima e degli Stati Uniti poi, l’Occidente divenne il principale artefice delle regole che assicuravano l’ordine del sistema internazionale”.

“Il quarto e il quinto capitolo sono dedicati alla prossima svolta globale: l’ascesa dei paesi non occidentali. Il quarto capitolo è un preludio alla seconda metà del libro. Descrive in sintesi come in molti campi: ricchezza, demografia, istruzione, industria, capacità militari, il resto del mondo sta rapidamente colmando il divario con l’Occidente: Anche se Stati Uniti ed Europa tornassero ad avere alti tassi di crescita economica, l’Occidente perderà inevitabilmente il predominio di cui ha goduto fin dal XIX secolo. Il quinto capitolo passa in rassegna le prove a cui l’emergere delle nuove potenze sottoporrà la via occidentale: autocrazia, teocrazie, populismo”.

Il secondo obiettivo del libro è di tipo normativo: tracciare i passi che l’Occidente dovrà compiere per adattarsi al mondo del XXI secolo. Il sesto capitolo mostra come sia indispensabile che l’Occidente recuperi la propria vitalità economica e politica, se vorrà essere il perno della prossima svolta globale. Esamina in primo luogo gli sviluppi che hanno fiaccato la forza materiale e ideologica dell’Occidente: la crisi economica che ha colpito entrambe le sponde dell’Atlantico, la rinascita dei nazionalismi nella vita politica dell’Unione Europea e la brusca polarizzazione di quella statunitense. Il capitolo cerca quindi di delineare quali azioni le democrazie atlantiche dovranno compiere per riavviare la crescita economica, ridare fiato alla politica democratica e riacquistare fiducia in se stesse.

Il capitolo finale propone una visione politica che consentirebbe all’ordine internazionale di adattarsi alla svolta globale all’orizzonte. Gli Stati Uniti devono essere in prima fila nella costruzione di un nuovo consenso internazionale, senza per questo aspettarsi che le potenze emergenti aderiscano passivamente ai valori dell’Occidente e ne abbraccino le istituzioni. E’ probabile che questi siano i principi attorno ai quali si affermerà un nuovo ordine mondiale: una legittimità politica che derivi dalla governance responsabile, piuttosto che nella democrazia liberale, la tolleranza per il pluralismo ideologico e politico, l’equilibrio tra una governance globale e i maggiori poteri conferiti alle organizzazioni sovranazionali regionali, l’affinamento di un modello di capitalismo più regolato, con un ruolo centrale dello stato. Il rispetto da parte americana di un nuovo insieme di principi guida che restituiscano legittimità incoraggerebbe le potenze emergenti a fare altrettanto, creando le condizioni migliori per delimitare un ordine che preservi la stabilità dopo la fine del predominio occidentale”(Piano dell’opera, pp. 26 – 27, op. cit.).

La fine del predominio occidentale è nell’ordine delle cose, sembra dire l’autore, sta nei loro leader costruire l’architettura giusta ed equa di un nuovo ordine multipolare, assieme a tutti gli attori delle potenze emergenti. Chiarezza e trasparenza devono costituire il tavolo di lavoro comune a tutti. Indubbiamente è una stagione nuova e come tale richiede passione e impegno. Leggere fa bene e ad ogni età. Anche se non si pratica la politica in modo diretto, c’è sempre lo spazio per condividere con altri mete e sogni da realizzare insieme. Un punto fermo è la condanna ad ogni forma di imperialismo vecchio e nuovo. Chi si dedica in modo diretto alla politica deve pensare alla polis, alla città e se gli riesce al mondo intero, che sono un bene di tutti. Via quindi ai politici per caso o ad altri che fanno tutto, solo per interesse personale.

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