di Raimondo Giustozzi
Il titolo del libro, La Repubblica di Barbiana, è fortemente allusivo. “Repubblica di Barbiana” perché è la padronanza della parola che fa sovrani, è la coerenza che rende credibili, due messaggi che sono alla base del concetto di repubblica e che racchiudono la testimonianza di don Milani”(Paolo Landi, La Repubblica di Barbiana, la mia esperienza alla scuola di don Lorenzo Milani, premessa, pp. 7- 8, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2020). Sovranità e coerenza sono valori che valgono anche oggi o almeno così si spera. Le ultime consultazioni elettorali non vanno in questa direzione né nell’uno né nell’altro senso. Qui a Civitanova Marche, dove si votava per il rinnovo dell’amministrazione comunale, al primo turno aveva votato il 51% degli aventi diritto; al ballottaggio, la percentuale è scesa al 38%. Sono cifre che devono far riflettere. “La democrazia non è perfetta, ma è il sistema meno perfetto” (W. Churchill). Non è solo un aforisma.
“Se vuoi essere credibile – ripeteva don Lorenzo – devi essere coerente, mai essere opportunista, uno che si adatta o subordina ciò che pensa a ciò che va di moda, all’opinione prevalente in quel momento, mai promettere cose che sai di non poter realizzare, o dimenticare il giorno dopo le promesse per le quali sei stato eletto. Essere coerenti significa essere scomodi e la coerenza ha sempre un prezzo, anche se alla lunga è vincente” (Paolo Landi, op. cit. pag. 282).
“L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (Costituzione Italiana, art. 1). “Perché è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui. Che sia ricco o povero importa meno. Basta che parli. Gli onorevoli costituenti credevano che si patisse tutti la voglia di cucir budella o di scrivere ingegnere sulla carta intestata: “I capaci e i meritevoli anche se privi di mezzi hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi” (Costituzione Italiana, art. 34). Tentiamo invece di educare i ragazzi a più ambizione. Diventare sovrani! Altro che medico o ingegnere” (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, sovrani, pag. 96, Libreria Editrice Fiorentina).
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva adesione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese” (Costituzione Italiana, art. 3). “Il babbo di Gianni a 12 anni andò a lavorare da un fabbro e non finì neanche la quarta. A 19 anni andò partigiano. Non capì bene quello che faceva. Ma certo lo capi meglio di voi. Sperava in un mondo più giusto che gli facesse eguale almeno Gianni. Gianni che allora non era neanche nato. Per lui l’articolo 3 suona così: “E’ compito della signora Spadolini rimuovere gli ostacoli…” (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, pag. 62).
La Repubblica di Barbiana, non è un libro di cronaca, né una ricerca storica. L’autore racconta episodi recuperati dalla memoria. Superati i tre anni di Avviamento Professionale, Paolo decide di sostenere l’esame di ammissione all’istituto Leonardo da Vinci di Firenze, obbligatorio per chi proveniva dall’Avviamento Professionale. Viene bocciato all’esame. Si iscrive allora ad un corso per Odontotecnici, che durava quattro anni, l’unico ad avere posti disponibili. Il costo degli attrezzi per seguire le lezioni, era però proibitivo per la famiglia. Decide allora di salire a Barbiana e conoscere don Milani, un prete che faceva scuola gratis. Era il 1963. Da questa data diventa un alunno di Barbiana.
Il libro è diviso il due parti: La mia esperienza alla Scuola di Barbiana (pp. 11 – 141) e L’Opera di don Lorenzo Milani (pp. 145 – 321). Il volume, di 354 pagine, contiene una premessa scritta dall’autore, un inedito di don Lorenzo Milani. I Borghesi (pp. 203 – 208), le conclusioni (pp. 319 – 321) e un’appendice (pp. 325 – 352) con due capitoli: Frasi celebri tratte dagli scritti di don Milani e il discorso di Papa Francesco, tenuto a Barbiana il 20 giugno 2017 per i 50 anni dalla morte di don Lorenzo Milani. Le foto presenti nel libro sono prese dalla Fondazione don Lorenzo Milani, di cui Paolo Landi fa parte, altre sono di sua proprietà.
I sogni e le speranze di un adolescente, cancellati da una bocciatura nella scuola di Stato, sono recuperati a Barbiana. Il linguaggio usato è quello insegnato da don Milani, senza fronzoli. Tutto è bello del libro, soprattutto quello che Paolo Landi scrive nelle conclusioni, parlando anche a nome degli altri alunni di Barbiana: “Grazie Priore, ci hai insegnato a essere adulti prima del tempo, senza chiedere nulla in cambio, se non l’amore per il prossimo. Non ti siamo stati sempre fedeli, né ci siamo sentiti discepoli, il tuo messaggio era troppo scomodo. Ognuno di noi ha cercato di vivere la propria esperienza, perché non volevamo vivere di luce riflessa. Abbiamo verificato quanto fossero importanti e attuali i tuoi insegnamenti, e ognuno li ha adottati come meglio ha potuto e come le circostanze della vita glielo hanno reso possibile. Come volevi tu, siamo andati e ci siamo impegnati, chi nel sindacato e nella politica, chi in fabbrica, chi nel volontariato e chi nel territorio… Oggi la Chiesa riconosce in te un profeta: lo ha detto il Papa a Barbiana e noi ne siamo orgogliosi, abbiamo avuto la fortuna di avere per Maestro un povero prete di montagna, che oggi viene considerato un profeta e forse domani un santo… Per tutti noi resti il Priore. Un uomo solare, un prete di fede, un maestro rigoroso, un padre affettuoso. Grazie Priore!…”(Paolo Landi, ibidem, pp. 119- 120).
Sono parole che commuovono, scritte col cuore, d’altronde erano gli stessi alunni che avevano scritto molti anni prima: “A voi fa paura un ragazzo che a 15 anni sa cosa vuole. Ci sentite l’influenza del maestro. Guai a chi vi tocca l’Individuo. Il Libero Sviluppo della Personalità è il vostro credo supremo. Della società e dei suoi bisogni non ve ne importa nulla. Io sono un ragazzo influenzato dal maestro e me ne vanto. Se ne vanta anche lui. Sennò la scuola in che consiste? La scuola è l’unica differenza che c’è tra l’uomo e gli animali. Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l’umanità va avanti. Gli animali non vanno a scuola. Nel Libero Sviluppo della loro personalità le rondini fanno il nido eguale da millenni” (Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, l’individuo, pag. 112, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze).
La mia esperienza nella scuola di Barbiana (parte prima)
Prima di Barbiana, Paolo Landi racconta la propria vita trascorsa nella casa di campagna a Vicchio del Mugello. All’età di cinque- sei anni, assieme al fratello più grande, va nel campo a badare i maiali, porta le mucche a bere al fiume, aiuta il papà a seminare il grano o a raccogliere il fieno. Raggiunge la Scuola Elementare, a piedi, percorrendo sentieri lungo un torrente, per complessivi quattro chilometri, due all’andata e due al ritorno. Calza zoccoli con il plantare di legno, chiodi sotto la suola per non scivolare e per consumarli di meno. Di quel mondo lontano ricorda le feste in casa, la vendemmia, la trebbiatura, l’uccisione del maiale, la benedizione delle case, l’alimentazione a base di pane, polenta, verdure, l’immancabile uovo fresco bevuto tutte le mattine, la raccolta dei marroni, il pane fatto in casa. Terminata la Scuola Elementare, frequenta l’Avviamento Professionale e prende il diploma. Vuole continuare gli studi in un istituto di istruzione superiore. Sostiene gli esami di ammissione per iscriversi all’Istituto Leonardo da Vinci di Firenze. Viene bocciato, da qui decide di salire a Barbiana con il papà, che aveva sentito parlare a Borgo San Lorenzo, un paese vicino a Vicchio, di un prete amico dei poveri, che faceva scuola e per di più gratis. Iniziano così i due anni e mezzo nella Scuola di Barbiana con don Lorenzo Milani.
Morto don Milani, la scuola viene chiusa. Paolo Landi ricorda il disagio di parlare di Barbiana. Il suo disagio era lo stesso che aveva Michele Gesualdi, l’alunno che ha mantenuto vivo il ricordo del maestro, facendo di Barbiana un luogo della memoria. Don Milani era stato mandato in esilio a Barbiana. I suoi superiori non lo avevano capito, perché circondato da collaboratori pettegoli, invidiosi e gelosi. Se questo era accaduto, anche Barbiana doveva rimanere il luogo del silenzio. Paolo Landi ricorda nel libro l’amico Michele Gesualdi con parole colme di affetto e di commozione: “Michele ci ha lasciato il 18 gennaio 2018. Lui più di tutti gli altri ragazzi, ha tenuto in vita, rappresentato e custodito Barbiana e la sua memoria. E’ Michele che ha valorizzato gli insegnamenti di don Milani con la raccolta e la pubblicazione delle sue lettere. E’ Michele che con altri ragazzi ha promosso e sostenuto la Fondazione Don Lorenzo Milani, come centro d documentazione e per preservare il pensiero, la scuola di Barbiana così come don Lorenzo l’ha lasciata” (Paolo Landi, Ciao Michele, op. cit. pp. 72- 73).
In brevi paragrafi, l’autore del libro descrive dove si trova la piccola frazione di Barbiana, il monte Giovi alle spalle, la vallata del Mugello ai suoi piedi, la stradina, costruita dagli alunni nell’ultimo suo tratto, che conduce a Vicchio, la sistemazione della scuola in due stanze della canonica, il priore: “Era un uomo solare, un prete sempre con la tonaca, che sapeva essere allo stesso tempo duro, rigoroso e affettuoso. Se si accorgeva che un ragazzo era disattento, erano scenate a non finire. Asino, somaro, resterai un contadino, schiavo delle mode” (Ibidem, pp. 35- 36). Erano scudisciate che servivano per toglierci di dosso la paura di parlare.
Don Lorenzo, nelle lettere era solito parlare della sua famiglia di Barbiana e dei parenti di Firenze, dove abitavano la mamma Alice Weiss, la sorella Elena, il fratello Adriano. Facevano parte della famiglia di Barbiana: Eda Pelagatti, colei che sapeva mandare avanti la piccola comunità con sollecitudine, sempre attenta agli alunni e alle loro necessità, Adele Corradi, insegnante a Borgo San Lorenzo, al pomeriggio e fino a tarda sera, volontaria alla Scuola di Barbiana. Insegnava il latino ai ragazzi più grandi, correggeva i compiti degli alunni. Svolgeva tutto con gratuità e dono. Agostino Ammannati, professore di Liceo a Prato, era un altro collaboratore fisso della scuola. Maresco Ballini, uno dei ragazzi di San Donato, dirigente sindacale della CISL a Milano, persona attenta e riflessiva, era il consigliere di don Lorenzo Milani. Ha fatto scuola di sindacato ai giovani sindacalisti apprendisti di Barbiana: Michele Gesualdi, Paolo Landi, Agostino Burberi, che si erano legati ad altri maledetti toscani: Roberto Romei, Pieraldo Isolani, durante il periodo milanese, che è stato in tutti gli anni sessanta e settanta del novecento il locomotore delle lotte sindacali (Ibidem, pag. 265).Gino Carotti era il riferimento per tutte le attività pratiche. Cesare, parroco di Santa Lucia, amico di don Lorenzo, saliva a Barbiana ogni domenica.
Degli anni trascorsi a Barbiana, Paolo Landi ricorda l’apprendimento delle lingue nel piccolo registratore a pile, il “Gelosino”. La Rai a quel tempo trasmetteva tutte le mattine alle 6 in punto un corso di lingua inglese, francese e tedesco. Don Lorenzo registrava la lezione e due ore dopo, quando iniziava la scuola, utilizzava la registrazione per fare la lezione di Inglese. Una volta gli alunni sfruttarono la presenza di un giovane spagnolo, di nome Ramon per imparare lo Spagnolo. Tanto erano entusiasti del metodo, che riuscivano a seguire la lezione attraverso il registratore, anche quando raccoglievano le olive nei campi attorno alla chiesa. Ogni visita di una persona importante a Barbiana era l’occasione per fare scuola. Don Milani invitava a Barbiana quanti si mettevano a disposizione per innalzare il livello culturale dei poveri per renderli sovrani.
Alla Scuola di Barbiana si dedicavano molte ore alla lettura dei quotidiani per metterli a confronto e farsi una propria opinione dopo la lettura. Don Milani invitava gli alunni a distinguere il giornalista serio dal pennivendolo, cioè il giornalista capace solo di riportare, come un babbeo, notizie e informazioni senza curarsi che fossero vere o false, distorte, o mera propaganda. Molti giornalisti superavano questo esame: Italo Pietra, Bernardo Valli, Luca Pavolini, Giorgio Pecorini (Ibidem, pp. 54- 55). Anche sul sesso e l’educazione sessuale non c’erano sotterfugi, tutto doveva avvenire alla luce del sole, secondo un’informazione scientifica corretta e precisa. Il momento più importante per la piccola comunità dei Barbianesi era quando si preannunciava un viaggio all’estero. Indimenticabile fu il viaggio a Parigi nel 1964; partirono i sei ragazzi più grandi della scuola: “Doveva essere un viaggio per migliorare la conoscenza della lingua francese, cercare di incontrare e di parlare con più persone possibili e conoscere il loro modo di vivere” (Ibidem, pp. 60- 62).
A Barbiana non mancavano anche episodi curiosi. Una domenica accadde che Paolo Landi chiese a don Milani se poteva andare nella propria parrocchia per ritirare la tessera di Azione Cattolica. Don Milani gli accordò il permesso. Al momento della consegna, Paolo non ricevette la tessera richiesta. Il motivo del rifiuto da parte del parroco era che “lui andava a scuola da quel prete che la Chiesa aveva mandato lassù per i suoi insegnamenti”. La mamma di Paolo investì il prete dicendogliene di tutti i colori. Il babbo fece di più. Tutti gli anni dava alla parrocchia bottiglie di vinsanto per la Messa. Dopo l’episodio della tessera negata al figlio, sentenziò: “Non darò più una goccia di vinsanto a quel prete farabutto!”. Le bottiglie destinate alla parrocchia furono dirottate a Barbiana, con grande apprezzamento da parte di don Lorenzo per la buona qualità del vinsanto (Ibidem, pag. 43).
Barbiana, il 28 ottobre 1972, vive una giornata indimenticabile. Paolo e Graziella diventano sposi. Celebra il matrimonio, don Cesare, l’unico prete del Mugello amico di don Milani. “Sposarsi quassù è un riconoscimento al Maestro che ha inciso così profondamente nella vita di entrambi. E’ un matrimonio alla barbianese: senza l’abito bianco, senza cravatta, senza marcia nuziale, un matrimonio semplice, non borghese. La chiesetta è colma di gente: i parenti del Mugello, alcuni ragazzi della scuola e tanti, tanti amici arrivati da Milano e da Varese con un pullman”. Graziella, la sposa è una ragazza di Milano. Per il pranzo di nozze un semplice buffet portato da casa, servito su tre tavoli della Scuola che Eda si è preoccupata di rendere accoglienti con delle tovaglie bianche. Il piatto più apprezzato trentacinque chili di marroni del Monte Giovi, le bruciate, i marroni (così vengono chiamati i marroni cotti al forno), sono passati alla storia: tutti ricordano il matrimonio dei marroni cotti al forno (Ibidem, pp. 68 – 70).
Un altro bel capitolo, declinato in diversi paragrafi, si intitola Barbiana vista con gli occhi dei miei quattordici anni, una sorta di diario scritto da Paolo Landi nel marzo del 1964. Sono alcune note che riguardano la confidenza con don Milani, il rapporto tra maestro e scolaro, il maestro e l’educatore. Altro prezioso materiale di lettura è costituito dai temi che Paolo Landi scriveva e don Milani correggeva. Sono quindici temi legati alle vicende della vita di ogni giorno, alla politica, ai problemi sociali, alla letteratura. Il capitolo “La colonia dei barbianesi in Inghilterra” racconta le esperienze dei ragazzi di Barbiana all’estero. L’anno è il 1965. Paolo ha sedici – diciassette anni. “Proprio in quell’anno fu possibile a una decina di ragazzi andare in Inghilterra. Questo periodo è ricostruito con stralci di lettere inviate alla scuola di Barbiana. Sono 46 stralci di lettere scritte al priore e alla Scuola, durante il periodo di lavoro e di studio trascorso in Inghilterra tra il 1965 e i primi mesi del 1966. Tutte le lettere iniziano con cari tutti, perché tutta la posta che arrivava a Barbiana, salvo alcune lettere riservate al Priore, era letta e commentata a scuola davanti ai ragazzi” (Ibidem, pag. 93- 95 – 141).
L’opera di don Lorenzo Milani (parte seconda).
“E’ la parte più impegnativa del libro. Affronta gli insegnamenti profetici di don Lorenzo Milani, quelli che riguardano la scuola, il sociale, la Chiesa, la politica. Sono ancora di grande attualità, nonostante siano trascorsi cinquantacinque anni dalla morte del priore di Barbiana. Molti salgono a Barbiana e molti lo considerano un santo” (Ibidem, introduzione, pag. 8). Paolo Landi ripercorre la vita terrena di Lorenzo Milani che sceglie, dopo vent’anni passati nelle tenebre dell’errore, di farsi prete. Dopo l’ordinazione sacerdotale viene mandato nella parrocchia San Donato di Calenzano, dove rimane per sette anni, dal 1947 al 1954), da qui viene esiliato a Barbiana, dove rimane per tredici anni, dal 1954 al 1967.
Sono belle anche le testimonianze raccolte dall’autore che fa parlare quanti hanno avvicinato don Lorenzo Milani, prima a San Donato, poi a Barbiana. Mario Rosi e Luana (San Donato) ricordano la sera in cui tutti i giochi, che i giovani della parrocchia utilizzavano prima della Scuola Serale Popolare, tenuta da don Milani, andarono a finire nel pozzo. La decisione fu presa nel corso di un’assemblea. Si era deciso che “La Scuola era la salvezza della classe operaia, la ricreazione era invece la sua rovina”. I giochi: ping pong, pattini, attrezzatura per la scherma, tiro con l’arco sono ancora lì sul fondo del pozzo, posto al centro del cortile. Maresco Bellini (San Donato) ricorda l’intervento del cardinale Elia Dalla Costa che definì don Lorenzo una campana stonata che andava allontanata da Calenzano. Don Lorenzo Milani ha sempre difeso il cardinale, la responsabilità dell’emarginazione di don Milani, confinandolo nell’esilio di Barbiana, fu della curia fiorentina nella persona dell’arcivescovo, poi cardinale mons. Ermenegildo Florit, d’accordo con il cardinale Ottaviani e la curia romana che volevano ridimensionare e isolare tutto il cattolicesimo fiorentino che ruotavo attorno a don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci, don Giulio Facibeni, Giorgio La Pira, mons. Enrico Bartoletti, don Bruno Borghi, padre Davide Maria Turoldo.
Agostino Burberi (Barbiana) ricorda l’episodio della processione del Corpus Domini che le poche famiglie di Barbiana amavano fare ogni anno più di ogni altra cosa al mondo. Don Milani era contrario alle manifestazioni esteriori della fede popolare, che secondo lui era solo un retaggio del passato. I fedeli, con tanto di figuranti con baldacchini, mappe, stendardi si fecero trovare pronti, vestiti di tutto ponto. Il priore non poté fare a meno di assecondarli, tirando loro le orecchie nel corso dell’omelia in chiesa, invitandoli più a confessarsi e accostarsi alla comunione più che andare dietro a quelle manifestazioni esteriori. Lo strappo tra il popolo di Barbiana e il priore si ricucì grazie alla mediazione di Eda Pelagatti. Nevio Santini (Barbiana), alunno della Scuola di Barbiana, ricorda che tutti gli allievi della scuola erano vasi da riempire, candele da accendere: “Avevano bisogno di una luce per uscire dal buoi della timidezza, paura e incapacità che ci portavamo addosso, causa la mancanza della cultura e della parola” (Ibidem, pag. 160- 161). Don Milani colmò tutto questo e accese nei ragazzi il desiderio di essere liberi e sovrani. Fiorella Tagliaferri (Barbiana) ricorda tre episodi: don Milani seduto al freddo, fuori dalla sua porta di casa, la visita di Giorgio La Pira a Barbiana e il sacco di pane. Nel primo episodio, descritto anche nel film con Castellitto nelle vesti di don Milani, il priore rimane fuori al freddo, in pieno inverno, e giura di non spostarsi da lì fino a quando la mamma di Fiorella non decide di mandargli a scuola, almeno il fratello Giorgio. Nel secondo episodio si parla delle alte paghe date ai politici per difenderli dalla corruzione, tesi smentita dai fatti successivi, non nel caso del sindaco di Firenze, nell’ultimo racconto, sempre Fiorella Tagliaferri ricorda la generosità di Elena Pirelli Brambilla che donò alla propria famiglia bisognosa un sacco di pane.
Gli scritti di don Lorenzo Milani (pp. 167- 210) si conoscono tutti: Esperienze Pastorali (1958), Lettera ai Cappellani Militari e lettera ai Giudici (1965), Lettera a una professoressa (1967), Il catechismo di don Milani (1983), copia ciclostilata recuperata da Michele Gesualdi e pubblicata dalla Libreria Editrice Fiorentina, Lettera a Pipetta (1950), Lettera dalla montagna (fine anni cinquanta), Lettera ai ragazzi di Piadena (1963). Il libro di Paolo Landi riporta anche un inedito del priore: i Borghesi (pp. 203 – 208), testo incompleto. Doveva essere, nell’intenzione di don Lorenzo Milani, la continuazione della Lettera ai ragazzi di Piadena. Quest’ultima – scrive Paolo Landi – risale ai primi mesi in cui io ero arrivato a Barbiana. E’ molto bella; in poche righe don Lorenzo e i ragazzi di Barbiana spiegano ai ragazzi del maestro Lodi le finalità della scuola, la scoperta del sapere, il sapere per il prossimo. Può essere considerata un vero e proprio manifesto sulla scuola. Sono ripresi molti dei concetti sviluppati quattro anni dopo in Lettera a una professoressa (Ibidem, pag. 171).
Tra le due scuole, di Barbiana e quella di Vho di Piadena, in provincia di Cremona, c’era anche un’affinità di metodi didattici. Anche il maestro Mario Lodi era interessato alla scrittura collettiva del testo, tecnica usata da don Lorenzo Milani nella propria Scuola. La tecnica della scrittura collettiva veniva sperimentata in Francia da un maestro francese, Célestine Freinet. Tale tecnica era stata fatta propria in Italia dal gruppo di insegnanti di Scuola Elementare che si raccoglievano attorno a Giuseppe Tamagnini, Giovanna Legatti, Anna Marcucci Fantini, Rino Giovannetti, Marina Manzoni, Carmela Mungo, Maria Luigia Bigiaretti, Lidia Biagini, Anna Arlotti, Enrico Uguccioni, Aldo Pettini. Il gruppo della Cooperativa della Tipografia a Scuola (CTS), nasce il 4 novembre 1951, a Fano, in casa di Anna Marcucci Fantini. E’ il primo nome del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE). Al gruppo si uniranno ben presto altri grandi maestri, docenti e formatori che hanno fatto della cooperazione educativa il principio e il fine della propria professione: Raffaele Laporta, Mario Lodi, Visalberghi, Albino Bernardini, Bruno Ciari (Note di chi scrive).
Gli alunni della Scuola di Barbiana vivevano con ansia il contrasto tra il vescovo mons. Ermenegildo Florit e don Lorenzo Milani. Il priore più volte invitò il proprio vescovo a fargli visita anche per dare credibilità a quello che stava facendo per la formazione umana, culturale e religiosa del gregge che gli era stato affidato. Il vescovo, che fu invitato anche dal Papa Paolo VI a dimettersi, dimissioni che il vescovo, arroccato e lontano da tutti, rifiutò sdegnato le dimissioni. I ragazzi vissero con apprensione la minaccia del vescovo Florit di ridurre il loro priore, parroco, amico, maestro allo stato laicale con la minaccia della sospensione a divinis. Una sera tardi stavano aspettando una lettera che doveva essere consegnata a don Lorenzo. Temevano che contenesse la lettera della sospensione a divinis. Con loro grande sorpresa trovarono che nella lettera c’erano centomila lire donate dal Papa Paolo VI per le necessità della scuola. Un altro grande momento di paura lo vissero, quando la canea fascista si scagliò contro don Milani con insulti, minacce di morte, a seguito della lettera ai cappellani militari.
Tutti gli insegnamenti di don Lorenzo Milani trovarono applicazione nel lavoro, quando Paolo Landi iniziò a lavorare nel sindacato, sponda CISL di Milano come responsabile di zona nel settore tessile, abbigliamento e calzaturiero dell’Alto Milanese, una zona molto estesa che comprende Legnano, Castano, Magenta e Abbiategrasso e che arriva fino al Ticino, ai confini delle province di Novara e Pavia. Una realtà industriale della Lombardia con una forte presenza dell’industria meccanica, tessile, aereonautica e dell’auto. Paolo Landi inizia il lavoro nel sindacato nel 1966 e vive pianamente tutto il ’68: “E’ stato un periodo storico di grande entusiasmo, di mobilitazione e di speranze, con notevoli risultati positivi. Allora non c’era voglia di attendere, ma determinazione e volontà di realizzare risultati, impegnandosi in prima persona per ottenerli. Rispetto alla situazione di morta gora di oggi è semplicemente inimmaginabile quanto avveniva allora. Alle lotte di fabbrica si aggiunsero anche quelle del Movimento Studentesco per il diritto allo studio, purtroppo gli studenti erano andati oltre; avevano scambiato il diritto allo studio con la scuola facile, il sei politico. In questo periodo gli insegnamenti di don Lorenzo Milani non rimasero chiusi e isolati a Barbiana, ma ebbero una grande influenza sul sindacato e sulle lotte dei lavoratori per l’egualitarismo e il dritto allo studio” (Ibidem, pag. 261).
Nelle ultime pagine del libro scorrono come titoli di coda quei messaggi di don Lorenzo Milani che non tramontano mai: Il maestro come modello di vita, l’ingiustizia è un peccato mortale, far parti uguali fra gente diseguali è la più subdola delle ingiustizie, il problema degli altri è uguale al mio, uscirne tutti insieme è politica, sortirne da soli è avarizia, nessuno riforma se stesso. Don Milani riprendeva un insegnamento di don Primo Mazzolari, che a un cristiano non serve avere le mani pulite se vengono tenute in tasca. I cristiani più degli altri devono impegnarsi nel sociale, in politica, affinché si affermino scelte come servizio, solidarietà, missione, coerenza con impegni presi.
Altri grandi messaggi: La legge giusta e quella sbagliata, anche un diritto può diventare un privilegio. È la parola che fa eguali, Scuola inclusiva di elevazione sociale. Sul primo insegnamento scriveva: “In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è obbedire. Posso dire loro che si dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte), essi dovranno battersi perché siano cambiate” (Lettera ai Giudici).
La Scuola di Barbiana e don Lorenzo Milani sono stati un dono per la Chiesa e la Società. Don Milani, prete scomodo, ribelle obbedientissimo, ha saputo creare, tra i paria di una delle zone d’Italia, espressione usata da Neera Fallaci nel suo libro, Dalla parte dell’ultimo, vita del prete Lorenzo Milani, sindacalisti, insegnanti, infermieri, operai. “Paolo Landi ha ricoperto cariche di rilievo nel sindacato CISL, ha fondato l’associazione di consumatori ADICONSUM e poi la Fondazione per il consumo sostenibile, ha collaborato al Comitato etico Coop Nordest. Membro della Fondazione Don Lorenzo Milani partecipa a conferenze e incontri organizzati dalle scuole nella ricorrenza del cinquantenario della morte di don Milani” (Quarta pagina di copertina).
Michele Gesualdi è stato sindacalista, prima a Firenze, poi a Milano. Ritornato nella città toscana ha ricoperto per due mandati elettorali (10 anni) la carica di presidente della Provincia di Firenze. E’ stato per anni il custode della memoria di Barbiana e di don Milani. Ha fondato assieme ad altri alunni la Fondazione don Lorenzo Milani. L’ultimo suo dono è il libro “Don Lorenzo Milani e l’esilio di Barbiana”. E’ stato il primo degli alunni di Barbiana a lasciarci. I funerali si sono tenuti a Barbiana il 20 gennaio 2018. Riposa accanto alla tomba di don Milani nel piccolo cimitero di Barbiana.
“Fate scuola, fate scuola”, aveva detto sul letto di morte don Lorenzo ai suoi ragazzi, consapevole della irrepetibilità della sua esperienza, “ma non come me, fatela come vi richiederanno le circostanze, voi dovrete agire come vi suggerirà l’ambiente e l’epoca in cui vivrete. Essere fedeli a un morto è la peggiore delle infedeltà”.
I link sotto riportati sono relativi ad alcuni articoli scritti per la Voce delle Marche alcuni anni fa. Riguardano una recensione al libro di Michele Gesualdi, Don Lorenzo Milani e l’esilio di Barbiana, il saggio di Eraldo Affinati, sulle strade di don Lorenzo Milani, l’uomo del futuro e il sogno di una chiesa povera e evangelica. Cosa hanno detto di don Milani, don Luigi Ciotti, mons. Loris Capovilla, Mario Lancisi, padre Ernesto Balducci.
Michele Gesualdi
https://www.lavocedellemarche.it/2018/03/don-lorenzo-milani-e-lesilio-di-barbiana/
Eraldo Affinati
https://www.lavocedellemarche.it/2016/12/il-tramonto-delle-utopie-di-un-prete/
don Luigi Ciotti, padre Ernesto Balducci, mons. Loris Capovilla, ecc.
https://www.lavocedellemarche.it/2017/06/il-sogno-di-una-chiesa-povera-e-rivoluzionaria/
Raimondo Giustozzi
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