bacheca social

FAI UNA DONAZIONE





Sostieni questo progetto


A tutti i nostri lettori

A tutti i nostri lettori . Andremo dritti al punto: vogliamo chiederti di proteggere l’indipendenza dello Specchio Magazine. Se tu e tutti coloro che stanno leggendo questo avviso donaste un caffè, potremmo permetterci di far crescere l’Associazione lo Specchio e le sue attività sul territorio. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è il prezzo di una colazione o di una rivista nazionale. Questa è la maniera più democratica di finanziarci. Con il tuo aiuto, non negheremo mai l’accesso a nessuno. Grazie.
aprile 2022
L M M G V S D
« Mar   Mag »
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930  

Una guerra vergognosa e fratricida

cosa-fa-vivere-gli-uomini-libro-74551di Raimondo Giustozzi

L’invasione dell’Ucraina, ribattezzata operazione militare speciale, da chi l’ha pianificata, è stata presentata come necessaria per denazificare una nazione sovrana, libera e indipendente. Il governo ucraino è stato definito dal capo del Cremlino “Una banda di drogati”. Il pretesto dell’intervento è stato trovato nel genocidio di cittadini russofoni perpetrato dall’esercito ucraino nell’area del Donbass. “Il numero delle vittime, secondo un documento delle Nazioni Unite, pubblicato il 27 gennaio 2022, dal 2014 alla fine del 2021, si aggira tra i 14.200 e i 14.000, con 3.404 civili, circa 4.400 membri delle forze ucraine e circa 6.500 membri dei gruppi armati” (Fonte Internet) . Le due repubbliche autoproclamatesi autonome, quella di Donetsk e Luhans’k contano rispettivamente due milioni e trecento mila abitanti e un milione e mezzo di abitanti.

In queste due repubbliche si sono fronteggiate per otto anni formazioni paramilitari che si combattevano su fronti opposti. Milizie ultra nazionaliste, accusate di ideologia nazista, tra cui il famoso Battaglione Azov, l’ultimo estremo difensore di Mariupol, combattevano contro altre formazioni paramilitari e brigate internazionali che appoggiavano le rivendicazioni dei separatisti russofoni delle due repubbliche. Le differenze tra i due opposti schieramenti, quanto ad inni, bandiere e altro sono state sempre sottili, La colpa del governo ucraino è stata quella di mandare i carri armati. Il risultato di questa guerra durata otto anni, le vittime ricordate sopra.

Il presidente della Federazione Russa con l’operazione militare speciale ha creduto fosse giunto il momento per invadere tutta l’Ucraina su tre fronti, riservando alla repubblica, che un tempo faceva parte dell’URSS, assieme ad altre repubbliche sovietiche, un trattamento speciale. Il popolo ucraino, attraverso libere elezioni, aveva manifestato il desiderio di guardare verso l’Europa. La Federazione Russa non poteva aspettare. Vedeva in atto il tradimento, un po’ come quando si accusa la propria moglie di essere fedifraga. La paura di essere accerchiati, la sensazione di essere messi all’angolo, l’umiliazione patita con la scomparsa dell’Unione Sovietica, il desiderio di rifondare l’impero zarista, nuovi sogni geopolitici hanno fatto il resto. Questa è la vulgata. La conclusione è la guerra che sta distruggendo città, causa morti, profughi, una spaventosa crisi alimentare mondiale, crimini di guerra di ogni tipo. Come se non bastasse tutto ciò aleggia lo spettro dell’atomica.

Si scrive che il conflitto terminerà il nove maggio perché in tale data la Federazione Russa celebra la vittoria sul Nazismo. Quella vittoria fu possibile grazie all’esercito, ai cittadini, ai partigiani di tutta l’Unione Sovietica, compresa l’Ucraina. Certo una macchia per l’Ucraina è il ruolo avuto da Stepan Bandera il discusso capo ultra nazionalista ucraino, che a seguito dell’Operazione Barbarossa scatenata dalla Germania contro l’URSS proclamò la nascita dello Stato Ucraino. Questo non era nei piani nazisti. Bandera venne internato come prigioniero politico nel campo di concentramento di Sachsenhausen nel 1942; fu liberato nel 1944 perché dirigesse azioni di resistenza all’Armata Rossa. Alla fine della guerra si rifugiò nella Germania Federale e venne ucciso nel 1959 a Monaco di Baviera da un agente del Kgb.

Oggi, sabato ventisei marzo duemila ventidue, “Secondo il ministero della Difesa ucraino, i russi hanno sparato e danneggiato il Memoriale dell’Olocausto a Drobitsky Yar, nella periferia cittadina. Il monumento è stato posto in un luogo dove furono trucidate, dall’esercito nazionalsocialista, dalle sedici mila alle ventimila persone. Stessa sorte è toccata a inizio marzo al memoriale della Shoah Babi Yar di Kiev, a Kiev. Il monumento ricorda il luogo in cui furono seppellite trentaquattro mila ebrei. Oltre alla distruzione del monumento, il colpo ha provocato la morte di cinque persone” (Fonte Internet).

Letteratura russa e guerra in Ucraina.

L’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina è stata condannata a livello mondiale da cento quarantuno stati, trentacinque si sono astenuti. Solo cinque stati l’hanno giustificata: Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria e Eritrea. Il moto di ribellione e di biasimo verso la Russia si è trasformato in una sorta di boicottaggio anche verso la letteratura russa. L’Università Bicocca di Milano ha annullato nei primi giorni di marzo, per evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto momento di forte tensione, un ciclo di conferenze dedicate a Dostoevskij, tenute dal prof. Paolo Nori. Il divieto fortunatamente è rientrato qualche giorno dopo. L’emotività del momento fa prendere delle cantonate del tutto ingiustificabili. Un conto è la scelta scellerata di bombardare edifici civili, lanciare missili, provocare un’emergenza umanitaria di proporzioni gigantesche,  altro è la letteratura, la poesia, la musica, l’arte e il teatro. Non temano i Russi. Non ci sarà mai il fuoco dei libri dei grandi romanzieri russi.

Di Fëdor Dostoevskij ho letto Delitto e Castigo, ho iniziato a leggere più volte I Fratelli Karamazov ma senza arrivare fino in fondo. Amo di più Lev Tolstoj di cui ho letto: La morte di Ivan Il’ič, Anna Karenina, Guerra e Pace. Tra la produzione minore di Tolstoj mi piace ricordare un’opera minore, poco conosciuta ma ugualmente importante: Di che cosa vivono gli uomini. Il testo di Tolstoj “Di che cosa vivono gli uomini”, uno dei racconti popolari più belli dello scrittore russo, è stato ridotto a pièce teatrale dal regista fermano Luigi Maria Musati. Era il 16 aprile 2016. Al cine teatro “Conti” di San Marone, dalle 21,30 in poi eravamo in pochi allo spettacolo, Senz’altro molti non avevano sentito il bisogno di venire perché conoscevano alla perfezione Lev Tolstoj ed avevano letto il suo testo. Vivono di bontà, di generosità, di altruismo e non conoscono né l’alterigia né la prepotenza. Sanno di che cosa vivono gli uomini e di che cosa è dato a loro di non vivere.

Due attori sul palco, uomo e donna, si alternavano nella recitazione di brani, accompagnati da una musica di sottofondo. Si avvicendavano, ricoprendo il ruolo della moglie e del marito, due poveri ciabattini che sbarcano il lunario tra difficoltà di ogni sorta. Eppure hanno sempre la forza per andare avanti perché sono ricchi di bontà e generosità. Il marito, mosso a compassione, andato in città per vendere un paio di scarpe, trovando un povero nudo all’ingresso di una chiesa, gli dona generosamente il caffetano che ha addosso.

Il misterioso signore viene portato a casa dal ciabattino. La moglie rimprovera aspramente il marito che non è stato in grado di vendere al mercato il paio di scarpe. Tutto però si aggiusta. La donna prepara la cena per tutti. Un signore, dall’aria altezzosa bussa alla porta. E’ un gran cavaliere che ordina ai due ciabattini di costruirgli un paio di stivali. Dà loro del cuoio e se ne va, dicendo loro che gli stivali dovevano essere pronti per la sera stessa. Il misterioso personaggio intanto si mette a lavorare di gran lena al deschetto ed in breve impara l’arte di costruire scarpe perfette.

Prende il cuoio portato dal ricco cavaliere, lo taglia, ma invece degli stivali confeziona un paio di sandali. Il ciabattino si altera e lo rimprovera. Nella piccola isba, la povera casa dove abitano i due con il misterioso signore, giunge una donna che porta una notizia: il ricco mercante che aveva ordinato gli stivali è morto. Non aveva fatto in tempo ad andare a casa che era spirato sull’uscio. Gli uomini vivono di bontà, di altruismo, non di cattiveria e di alterigia. I due ciabattini ed il misterioso personaggio si danno da fare per alleviare la miseria di altre persone che bussano alla loro porta.

Nessuno ha mai visto il volto di Dio, nemmeno Mosè, ma molti hanno conosciuto il volto di Cristo, sembra dire Tolstoj, che utilizzava nei suoi racconti la tradizione popolare orale, trasmessa dai cantastorie russi. Con questi racconti educava alla fede ed alla conoscenza del vangelo tutti i contadini che lavoravano nella sua tenuta di campagna a Jasnaja Poljàna e quanti poteva avvicinare con i suoi testi.

Quanto era lontano questo racconto di Tolstoj dal palco dello stadio moscovita dove il capo del Cremlino citava, bestemmiando, alcune frasi del Vangelo: “Non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici”. Amo la letteratura  russa, quella americana, tedesca, francese. Ricordo un bel corso di formazione seguito negli anni di permanenza in terra lombarda presso la Fondazione Feltrinelli. Il tema era: La famiglia borgese ed operaia nel grande romanzo europeo dell’Ottocento. Gli autori: H. De Balzac, Stendhal, C. Dickens, E. Zola, G. Flaubert, G. Verga, T. Mann, F. Dostoevskij, L. Tolstoj. La letteratura, la poesia, la musica, l’arte creano ponti tra i popoli. La guerra crea odio, distruzioni, miseria e povertà. Il capo del Cremlino e quelli che gli stanno attorno sanno tutto questo? Senz’altro sanno anche che gli uomini vivono di bontà e non di cattiveria

Incipit del racconto Di Cosa vivono gli uomini: “Un calzolaio viveva con la moglie e i figlioli nella casa di un contadino. Non aveva una casa di sua proprietà, non aveva terra, e nutriva la famiglia facendo il calzolaio. Il pane era caro e il lavoro mal pagato  quello che guadagnava se ne andava per mangiare. Il calzolaio e la moglie avevano una pelliccia in due  e per di più logora a brandelli; era più di un anno che il calzolaio desiderava comperare delle pelli di pecora per una pelliccia nuova…”.

Le case e le ville del capo del Cremlino, degli oligarchi russi, delle loro mogli e amanti, come sono? Povere, disadorne come quella del calzolaio Semen e di sua moglie Metrena?  Sempre i padroni del mondo, che comandano e mandano in guerra soldatini ventenni, che sono all’oscuro di tutto, hanno mai pensato di dover incontrare l’uomo semi nudo appoggiato alla cappella che chiede compassione? No, non hanno mai fatto nulla di tutto questo, se no non farebbero piangere mogli, mamme, fratelli, padri e figli. Chi c’è dietro quell’uomo infreddolito? Si chiama Mixail. Possiamo vederci il compagno di cammino che segue i discepoli di Emmaus, il mercante aggredito dai ladroni e soccorso dal samaritano. Il cavaliere borioso e tracotante non ha nome perché si identifica con l’umanità intera. Trifonov è il nome di chi deve dei soldi al ciabattino. Malan’ja è la comare alla quale Metrena si rivolge per avere un po’ di pane. Fed’ka è il servitore del ricco cavaliere, prepotente e sgarbato.

Per leggere il testo intero, solo poche pagine, basta cliccare il link qui riportato:

http://cristolibera.blogspot.com/2013/06/di-cosa-vivono-gli-uomini-di-lev-tolstoj.html

“Nella religione ortodossa esistono Gli stolti in Cristo. Sono asceti o monaci russi che abbandonano la sapienza umana per scegliere la “sapienza del cuore”. Ancor oggi presenti sul territorio russo, si aggirano per le città vestiti di stracci, mortificando il corpo attraverso digiuni, lunghe veglie e dormendo all’aperto o nelle case di chi offre loro ospitalità” (Fonte Internet). Chissà se in questi tempi sarà loro permesso di girare per le piazze di Mosca. “Insegnaci a contare i nostri giorni / e giungeremo alla sapienza del cuore” (Salmo 89).

Siamo quasi costretti a contare i giorni per arrivare a fine mese con i soldi agli sgoccioli per pagare bollette di luce e gas salite alle stelle. I folli di Dio è il titolo di un libro scritto da Mario Lancisi, dedicato a don Lorenzo Milani, al cardinale Elia Dalla Costa, don Giulio Facibeni, Giorgio La Pira, padre Ernesto Balducci, Padre Davide Maria Turoldo, padre Vannucci. Il libro sarà in edicola nel mese di maggio. Mario Lancisi è stato invitato dall’Unità Pastorale Cristo Re – San Pietro di Civitanova Marche nel mese di giugno.

Raimondo Giustozzi

Invia un commento

Puoi utilizzare questi tag HTML

<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>