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Luci sul Nervi. Un viaggio nell’archeologia industriale, il bel progetto fotografico di Marcello Modica

di Marcello Modica

di Marcello Modica

di Marcello Modica

di Marcello Modica

E – chissà – magari può essere un esempio per il nostro Paese…

di Valeria Vantaggi

Che ne si fa delle grandi fabbriche abbandonate? Come possono essere riconvertiti gli spazi? Quali insegnamenti si possono trarre per capire meglio l’andamento del lavoro? Tutto viene spiegato in Still Alive, il bel progetto fotografico di Marcello Modica

«L’origine di questo progetto è radicata nella mia infanzia. Sono cresciuto a Varedo, piccolo comune della regione urbana milanese noto per aver ospitato la più importante fabbrica italiana di fibre tessili artificiali della SNIA Viscosa, storica azienda oggi scomparsa. Negli anni, il grande stabilimento in rovina (tuttora esistente), con le sue imponenti architetture funzionaliste e le cinque altissime ciminiere, ha esercitato su di me un fascino potentissimo». Da quel momento tutto ha avuto inizio e Marcello Modica, milanese, classe 1987, ha deciso di fare di quella passione una cosa seria, una ricerca vera: «La fotografia poteva essere un buon metodo per documentare quei luoghi e le loro storie» Da lì la decisione di pubblicare tutte quelle fotografie sul web e dare vita al progetto «Still Alive» (ancora vivo), una grande panoramica di quella che è oggi l’archeologia industriale: «Fino ad ora ho visitato, censito e documentato 256 siti in Europa (principalmente Germania, Belgio, Polonia e Ucraina, ma anche Francia, Svizzera e Grecia), di cui 182 in Italia (prevalentemente al centro-nord e isole maggiori)».

di Marcello Modica

di Marcello Modica

Sono luoghi molto diversi tra loro: dipende dalla storia geo-economica di ogni Paese, dalla sua conformazione geografica: «In Belgio e Germania, per esempio, c’è un gran numero di ex stabilimenti siderurgici legati all’attività mineraria, mentre in Italia a farla da padrone sono sicuramente il tessile e l’industria del cemento. Casi a parte, di una bellezza sconcertante, sono i paesaggi minerari in Sardegna e Sicilia, dove sopravvivono impianti e strutture architettoniche di grande valore e originalità».

Andando a visitare quegli spazi abbandonati, si ha la percezione netta di come il lavoro sia cambiato, l’intera società non è sicuramente più la stessa: «La sensazione comune a tutti i luoghi che ho visitato è quella di un’epoca ormai definitivamente chiusa, che lentamente ci stiamo lasciando alle spalle. Per alcuni può essere un bene, viste le condizioni di lavoro e la precarietà “fisica” che ne derivava, ma sinceramente credo che a differenza di oggi, allora, in queste fabbriche, vigesse una grande solidarietà tra gli individui. La fabbrica abbandonata non racconta solo di eroiche imprese industriali, grandi scoperte scientifiche e architetture belle ancor prima che utili, ma anche di una società più povera ma più coesa, e forse anche più dignitosa. Diciamo che quel tipo di produttività era accompagnata da un certo grado di sviluppo sociale (cosa tra l’altro visibile nei numerosi esempi di villaggi operai, colonie estive per i figli dei dipendenti, ecc..), mentre la produttività contemporanea fa di tutto per distruggere le relazioni sociali e isolare i singoli».

di Marcello Modica

di Marcello Modica

Ma tutta questa raccolta di Marcello Modica non è fine a se stessa, il suo lavoro prevede anche una fase due: «Con il mio progetto Still Alive intendo contribuire alla salvaguardia della memoria (almeno visiva) dell’epoca industriale attraverso la fotografia ma anche incoraggiare una percezione positiva e costruttiva di questo straordinario patrimonio culturale, troppo spesso ignorato o mal gestito. I miei sforzi in questo senso sono recentemente approdati Oltralpe: proprio pochi mesi fa ho iniziato un dottorato di ricerca alla Technische Universitat di Monaco di Baviera, dove lavorerò per i prossimi anni alla trasformazione e al recupero dei paesaggi post-industriali della regione alpina, Italia inclusa.

Nessuno di questi luoghi potrebbe tornare a fare quello che faceva, questo sicuramente: le strutture e gli impianti sono obsoleti, superati, così come gran parte delle produzioni che vi avevano luogo. Si deve cercare una funzione alternativa alla produzione originaria: attività culturali, ricerca e sviluppo, turismo… Lentamente, col tempo, sto riuscendo nell’intento di trasformare una passione in una professione e recentemente ho preso parte ad un’importante conferenza in Parlamento proprio sul tema del patrimonio culturale in abbandono, voluta dalla Senatrice Michela Montevecchi, la quale si sta spendendo animatamente per avviare un progetto di mappatura nazionale».

di Marcello Modica

di Marcello Modica

Di gruppi e associazioni che si occupano del tema ce ne sono diversi: dall’AIPAI in ambito italiano a TICCIH a livello internazionale, ma andare a visitare questi luoghi, con i dovuti permessi, non è facilissimo. Può capitare che vengano organizzate giornate speciali, come la Giornata delle Miniere, in cui magari qualche realtà industriale meno pericolante viene resa accessibile: «In Germania, invece», conclude Marcello Modica, «hanno sperimentato delle forme di apertura parziale attraverso la realizzazione di parchi paesaggistici post-industriali, in cui il visitatore accede all’area attraverso un percorso prestabilito».

E – chissà – magari può essere un esempio per il nostro Paese…

2 commenti a Luci sul Nervi. Un viaggio nell’archeologia industriale, il bel progetto fotografico di Marcello Modica

  • gioacchino di martino

    Certo che potrebbe essere un esempio per il nostro Paese. La contrarietà che emerge in questi giorni è rivolta semplicemente verso il progetto folle di spendere duecentodiecimila euro per illuminare dalle 21 alle 2 uno scheletro.

    • Redazione

      Gentile lettore, crediamo che giudizi di merito sulla fattibilità vadano demandati a professionisti competenti ,rimane il fatto che finalmente si è posta l’attenzione su un bene architettonico che da visibilità alla città di Porto Recanati quindi l’occasione potrebbe essere colta per richiamare gli amministratori, a tutti i livelli, ad assumersi le proprie responsabilità ma con il fine di salvaguardare e valorizzare il bene non ignorandolo e destinarlo alla demolizione, magari facendo gli interessi di qualcuno.
      Ben vengano gli investimenti anche per uno scheletro (archeologia) testimone importante della comunità. Un occasione per il paese.

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