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P2, quarant’anni di trame occulte. Parlano i magistrati Turone e Colombo

 

Fonte internet

Fonte internet

La Loggia massonica segreta guidata da Licio Gelli è stata davvero sconfitta? Lo abbiamo chiesto ai due protagonisti di un’indagine che ha segnato indelebilmente la storia d’Italia.

 

Rossella Guadagnini 16 Marzo 2021

 

È difficile credere che ci sia ancora qualcuno in Italia che non sappia niente della P2. Eppure è così. Tanto se ne è parlato e tanto ancora se ne dovrà parlare, visto che ancora oggi – a 40 anni di distanza dal ritrovamento delle liste degli affiliati alla Loggia massonica segreta (e l’anno seguente del Piano di Rinascita Democratica, che ne esplicitava mezzi e fini) – sono in corso processi che ne implicherebbero sanguinosi coinvolgimenti e gravissime responsabilità.

 

Il prossimo 16 aprile Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia Nazionale, sarà imputato come autore della strage della stazione di Bologna del 2 agosto del 1980. Secondo l’accusa infatti sarebbe il quinto responsabile dell’eccidio, insieme ai Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini – già condannati in via definitiva – e Gilberto Cavallini, condannato in primo grado all’ergastolo. Quel giorno persero la vita 85 persone e ne vennero ferite altre 200.

 

A detta degli inquirenti i neofascisti avrebbero agito su input di Licio Gelli (capo della P2), Umberto Ortolani (suo braccio destro), Federico Umberto D’Amato (ex capo dell’Ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno) e Mario Tedeschi (ex direttore de Il Borghese ed ex parlamentare del Msi), tutti deceduti e ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori della strage.

 

 

La loggia Propaganda 2, originariamente parte del Grande Oriente d’Italia, fu sciolta formalmente nel 1974 e successivamente ricostruita nel 1975 sotto la guida del Maestro Venerabile Licio Gelli, che la trasformò in una forza in grado di condizionare il sistema economico e politico italiano, imprimendogli una svolta in senso autoritario.

 

Negli elenchi di quel migliaio di iscritti figuravano 43 generali e l’intero vertice dei Servizi segreti, 11 questori, 5 prefetti, 4 editori, 44 parlamentari, ministri e banchieri (come Sindona e Calvi), reali (come Vittorio Emanuele di Savoia), imprenditori (Silvio Berlusconi), diplomatici (come il conte Edgardo Sogno con il suo progetto di ‘golpe bianco’) gente del modo dello spettacolo (Claudio Villa e Alighiero Noschese), il presidente dell’Eni Leonardo Di Donna, magistrati e giornalisti (Maurizio Costanzo e il direttore del Corsera, Franco Di Bella), tutti in ruoli chiave del Paese. Tanto che lo stesso Gelli dirà in seguito – con una delle sue battute ammiccanti – che chi era iscritto alla Loggia coperta (i cui membri non sono conosciuti dagli affiliati ad altre logge) non lo faceva per motivi di carriera, perché la carriera l’aveva già fatta.

 

Ma la P2 è stata davvero sconfitta allora oppure, malgrado il trascorrere del tempo, ha continuato a esistere, aggirandosi come un lugubre fantasma di un passato che ritorna? In occasione di un anniversario che rivelò agli italiani l’esistenza di un doppio Stato, MicroMega intervista i due magistrati protagonisti di un’indagine che ha segnato indelebilmente la storia d’Italia.

 

Giuliano Turone

“Tra il 1978 e il 1980 accaddero fatti – dal delitto Moro alla strage di Bologna – che hanno sconvolto la nostra Repubblica. Un triennio maledetto”. Esordisce così Giuliano Turone, giudice istruttore che insieme a Gherardo Colombo il 17 marzo del 1981 scoprì gli elenchi dei 962 affiliati alla P2 nel corso di una perquisizione nell’azienda tessile la Giole, in località Castiglion Fibocchi (Arezzo), di cui Gelli era proprietario. Il clamoroso ritrovamento, racconta l’ex magistrato, fu il frutto avvelenato “dovuto alla determinazione, alla lealtà e allo spirito di servizio di coloro che presero parte agli eventi di quei mesi convulsi”.

 

Cosa era veramente la P2?

 

Un sistema di potere occulto disposto a tutto. Dire che era una loggia massonica è impreciso, non ne dà il senso profondo. Di per sé le logge sono delle associazioni non particolarmente riservate. Propaganda 2, invece era un meccanismo sofisticato che consentiva a vaste porzioni di gruppi determinati di far sì che le decisioni fondamentali e gli affari più rilevanti di una comunità venissero gestiti attraverso canali sotterranei invisibili, in modo che i cittadini avessero la sensazione di essere governati nell’ambito di una democrazia, mentre invece le vere decisioni erano assunte attraverso percorsi diversi e non trasparenti.

 

In che modo avete agito?

 

Si facevano indagini con molta cura per evitare trappole. Eravamo determinati e abbiamo avuto la fortuna di avere con noi divise fedeli, le stesse con cui sette anni prima avevo potuto rintracciare e arrestare il boss latitante Luciano Liggio, primula rossa dei corleonesi che dalla Sicilia era giunto a Milano. Il blitz di Castiglion Fibocchi lo facemmo con uomini della sola Guardia di Finanza di Milano, a cui diedi la raccomandazione scritta di evitare la prassi di avvertire i comandi locali. Così siamo riusciti a ottenere i risultati che abbiamo avuto. In particolare ricordo il colonnello Vincenzo Bianchi e il maresciallo Francesco Carluccio che, di fronte alle pressioni di alcuni vertici, ha resistito. Se non fosse stato tanto coraggioso, avrebbe fatto finta di non vedere la lista che ha visto e sequestrato. Vengono scoperte anche delle buste sigillate con i dati di alcune delle operazioni più gravi, come quella relativa al Banco Ambrosiano o l’altra per ripianare i debiti del gruppo Rizzoli.

 

Siete stati immediatamente consapevoli di quanto trovato?

 

Che si potesse arrivare a una scoperta importante non era escluso. Ma non ci aspettavamo di trovare una cosa così grossa. Noi abbiamo smosso le acque, ma non abbiamo spazzato via tutto. Abbiamo scoperto, ad esempio, che tra gli uomini che formavano il Comitato di crisi e coordinamento delle forze dell’ordine – istituito per gestire l’affare Moro – c’era una maggioranza del 90 per cento di iscritti alla Loggia. La P2 è rimasta come un pugile suonato per circa un anno, Poi si è rimessa in piedi e ha fatto cadere il governo Spadolini. Berlusconi nel tempo diventerà presidente del Consiglio.

 

Fu un momento pericoloso.

 

Avevamo guardie armate sempre intorno e temevamo che potessero venire a portarci via le carte che occupavano un armadio blindato. Colombo e io facemmo visita al democristiano Arnaldo Forlani: era a dir poco imbarazzato nel dover prendere atto che c’erano ministri del suo governo implicati. Il 20 maggio dell’81 si decide la pubblicazione delle liste e l’esecutivo si dimette. Il Capo dello Stato Sandro Pertini chiama Giovanni Spadolini, primo laico (non appartenente alla Dc) a essere incaricato di formare un governo.

 

Come è coinvolto Gelli rispetto agli stragisti della stazione di Bologna su cui è in corso un nuovo procedimento?

 

Lo stragismo è strategia della tensione, con la partecipazione di personaggi di quei Servizi segreti che erano affiliati alla P2, di ampi strati dei Carabinieri e della Gdf legati mani e piedi alla Loggia. Tra le forze dell’ordine all’epoca c’erano quelli fedeli alla P2 e quelli fedeli alla Repubblica.

 

Con l’andare del tempo, grazie alla tecnologia informatica sempre più avanzata, noi ritroviamo molti processi penali agganciati a fatti di mafia, di eversione nera e rossa, di terrorismo. I procedimenti più importanti vengono registrati e la ricerca testuale sugli atti per magistrati, giornalisti d’inchiesta e storici diventa più agevole. È possibile così individuare e ricostruire gli eventi più complessi del passato.

 

Lei è autore di un recente libro, Italia occulta, ora ripubblicato da Chiarelettere [1] in cui ha ricostruito vicende storiche che stanno emergendo con sempre maggior chiarezza, ma anche indagini attuali.

 

Sì, ho aggiunto un’ampia appendice che riguarda le novità di rilievo degli ultimi due anni inerenti all’omicidio di Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), fratello del Capo dello Stato, e all’eccidio della stazione di Bologna (2 agosto 1980).

 

La P2 è sempre attuale…

 

Nel nostro Paese esiste ancora una mentalità diffusa che agevola il potere occulto. Un po’ di anticorpi tuttavia dovremmo averli sviluppati. Anche se adesso, a parlare di anticorpi, si pensa subito a un altro virus che uccide.

 

Gherardo Colombo e l’eredità della P2

 

Gherardo Colombo

“Mentre indagavamo sul banchiere Michele Sindona [2] e il suo finto sequestro, scopriamo che Joseph Miceli Crimi – suo amico medico, massone e mafioso – aveva incontrato Licio Gelli ad Arezzo. Miceli Crimi aveva preso parte al viaggio clandestino di Sindona a Palermo, compiuto subito dopo l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, e lo nascondeva nel capoluogo siciliano. Poiché il nome del Maestro Venerabile compariva a più riprese nelle indagini decidemmo di perquisire i luoghi che frequentava, tra cui la sua abitazione Villa Wanda e la ditta Giole di cui era a capo”. Comincia così la storia del ritrovamento degli elenchi della P2 per bocca di Gherardo Colombo, ex magistrato oggi presidente della Garzanti.

 

Cosa ha significato la P2 per l’Italia di ieri e di oggi? Qualcuno ha parlato di una ‘bolla’ di cui nulla è rimasto. Ma i morti ci sono stati, eccome.

 

Credo che la P2 sia stata un’associazione che operava clandestinamente perché l’Italia non si evolvesse verso una compiuta democrazia e politicamente rimanesse pesantemente conservatrice. Nelle liste comparivano il direttore del Sisde, quello del Sismi, il comandante generale della Guardia di Finanza, generali di divisione dei Carabinieri, prefetti, questori, magistrati, perfino il ministro della Giustizia in carica all’epoca (presente con firma in originale), la figura che mi ha sorpreso di più. Vi erano i nomi di coloro che, appartenendo ai Servizi di sicurezza, hanno depistato le indagini sulle stragi compiute in Italia dal 1969 al 1980.

 

Con quali conseguenze? Gelli in una delle sue interviste sornione rilasciate negli ultimi anni della sua lunga vita sottolinea che in Italia c’era non solo il popolo comunista e democristiano, ma anche il popolo fascista.

 

La P2 ha occultamente contribuito a segnare le sorti del nostro Paese. L’Italia di oggi continua a risentire delle ferite di ieri.

 

Quale la ragione, a suo avviso, della formazione della logga Propaganda 2?

 

In massoneria la loggia P2 era stata costituita tanti anni orsono per tutelare la riservatezza dei suoi membri più in vista. Altra cosa è quella rifondata in seguito da Licio Gelli.

 

La Commissione inquirente, nominata per far luce sugli avvenimenti e presieduta da Tina Anselmi, fa riferimento agli uomini a capo della Loggia segreta utilizzando l’immagine della ‘doppia piramide’.

 

“Sì, l’una sull’altra, così da prendere nell’insieme la forma di una clessidra. Gelli è in cima alla piramide inferiore, punto di collegamento con il gruppo superiore che della P2 si serve per raggiungere i propri scopi.

 

Gli elenchi ‘spariti’ verranno mai ritrovati? E dove?

 

L’archivio della P2 stava in Uruguay. Non mi stupirei se prima o poi risultasse in possesso di qualche Servizio segreto. Straniero.

 

Jacques Prévert scrisse una poesia sui monarchi di Francia, “Le belle famiglie”, lamentando che non sapessero contare neppure fino a 20, visto che al massimo da 1, con Luigi I, sono arrivati a 18, con Luigi XVIII. Noi abbiamo avuto la P2, la P3, la P4… Fino a quanto sappiamo contare noi italiani?

 

Non credo che quella P2 sia replicabile, anche per via delle profondissime modificazioni dello scacchiere politico internazionale intervenute alla fine degli Anni Ottanta.

 

Nuovi legami sono venuti fuori dalle ultime indagini sulla strage di Bologna: Gelli e Ortolani avrebbero pagato i terroristi neri coi soldi del Banco Ambrosiano. E l’omicidio di Piersanti Mattarella avrebbe esecutori ancora ignoti, ma legati alla mafia e protetti dalla P2.

 

Su questi aspetti non saprei cosa dirle: aspetto che le indagini e i processi, che eventualmente ne scaturiranno, si concludano.

 

 

 

NOTE

 

[1] Il volume di Giuliano Turone è in uscita il prossimo 25 marzo (ndr)

 

[2] Componente della loggia P2, Sindona (siciliano nato a Patti) ha avuto chiare associazioni con Cosa nostra e con la famiglia Gambino negli Stati Uniti. Coinvolto nell’affare Calvi, è il mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli.

 

 

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