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Addio al maestro Pasquale Tocchetto, una vita vissuta a far bene ogni cosa dall’insegnamento all’amore verso Morrovalle e la sua gente.

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di Raimondo Giustozzi

Così anche il maestro Pasquale Tocchetto ci ha lasciati. Il Coronavirus ce l’ha portato via nella serata di lunedì 6 aprile 2020. Era ricoverato da tempo all’INRCA di Ancona. Era buono, affabile, mite, schivo e colto. Amava il proprio paese come non pochi. Aveva novantaquattro anni, un’età veneranda direbbero in molti ma, ci avrebbe regalato senz’altro ancora altre poesie e ricerche se non ci fosse stato di mezzo questo infido virus. L’ho incontrato l’ultima volta nel febbraio del 2019. Era una domenica mattina. Sapevo che sarebbe ritornato a casa dai Padri Passionisti di Morrovalle, dove si recava per partecipare alla Santa Messa. Ero davanti alla sua abitazione, quando l’ho visto arrivare in macchina. Ci siamo salutati e siamo entrati subito in casa. Diedi notizia di questo incontro in due articoli, la vena poetica del maestro Pasquale Tocchetto non ha mai fine, e angoli e scorci di Morrovalle: il viale dei tigli nella poesia di Pasquale Tocchetto, pubblicati sul sito www.specchiomagazine.it (11 e 12 febbraio 2019). In quella occasione mi diede anche molte poesie inedite che meritano di essere pubblicate assieme a molte altre. Col tempo si potrebbe pensare alla pubblicazione dell’opera omnia del maestro Tocchetto, compresa la brillante ricerca Botteghe, personaggi e l’artigianato morrovallese, ricordata dal prof. Pier Luigi Cavalieri (Cfr. Ennio Ercoli, Il maestro Tocchetto punto di riferimento per tutta la comunità, Il Resto del Carlino, 9.04.2020, pag. 3,  Cronaca di Macerata). Ricordo di aver visto parte di quella ricerca in una mostra allestita nella sede dell’Archeoclub di Morrovalle, presso il palazzo Lazzarini.

Il maestro Tocchetto era attento a tutto. In una poesia ricordava la propria famiglia, originaria di Montegranaro, il paese delle scarpe: “La famiglia Tocchetto in natura / prese forma a Montegranaro, / dove c’era miglior calzatura / che forniva la fama e il denaro. // Tale Antonio di mastro Pasquale, / di Domenica da Monturano, / s’invaghì perché donna ideale, / della quale bramava la mano. // Nella chiesa d’Elpidio beato / celebraron le nozze contenti, / e l’eterno amore giurato, / sia nei lieti che critici eventi. // Calzolaio davanti al deschetto, / con la lesina, lima e martello, / scarpe d’uomo e per donna a tacchetto, / preparava su scelto modello. // Artigiano esperto e zelante, / l’aiutava la giovane sposa, / con lo sguardo tranquillo e sognante, / della casa ognor premurosa. // Terminate le trepide attese / della coppia fervente, affiatata, / nuova fiamma all’alba s’accese: / la bambina Maria, neonata. // La seconda, stupenda creatura / fu chiamata allor Caterina, / perché fosse affidata alla cura / della santa senese suorina. // La cicogna condusse un maschietto, / accrescendo la gioia in famiglia; / Gaetano quel bimbo fu detto, / suscitando coral meraviglia. // In ossequio al nonno paterno, / quarta piccola fu Pasqualina, / consacrandola al Cristo l’Eterno, / vittorioso a Pasqua divina. // Ed infine discese Armandino, / come dono del Padre celeste: / lo vegliava il custode Angiolino, / che gli mise una candida veste”.

Su questa splendida famigliola si abbatte come una scure la morte della mamma che lascia soli il marito con i cinque figlioletti: Maria, Caterina, Gaetano, Pasqualina e Armandino. Antonio, detto Antonello piange la morte della moglie ma non si scoraggia. Lascia il paese, attraversa il Chienti e si trasferisce a Morrovalle. Veramente “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande” (A. Manzoni, I Promessi Sposi). Il maestro Tocchetto continua nella sua poesia, ricordando questo passaggio: “Per sventura la mamma è sparita, / rattristando il marito ed i figli; / orfanelli dall’aria smarrita, / senza vezzi nei loro giacigli. // Antonello cercava assistenza / per i teneri suoi passerotti, / ma deluso da fredda accoglienza, / vigilando passava le notti. // Fiducioso varcò il fiume Chienti / ed a Morro trovò mite Rosa, / quale madre pei suoi discendenti; / campagnola, gentile, operosa. // Si recò con l’intera nidiata, / nel paese dei conti Roberti, / in casetta modesta, ordinata / con i mobili scarsi ed incerti. // Nonostante il pesante fardello, / essi vollero ancor navigare, / col gremito, chiassoso vascello, / sull’infida distesa del mare. // Nell’Acquario comparve piacente / l’Ernestina, un fior d’innocenza; / pochi giorni rimase presente: / crudel morbo stroncò l’esistenza. // Ida – Gina, d’aspetto vivace, / arrivò tra viole e le rose, / sviluppò normalmente loquace, / presso l’anno secondo s’ascose”.

Perse le due bambine, Ernestina e Ida- Gina, avute dalla seconda moglie, Antonello non si abbatte. “Tiriamo avanti con fede, e Dio ci aiuterà”, diceva Lucia (A. Manzoni, I Promessi Sposi). E’ la fede degli umili a far testo non le prepotenze dei superbi e boriosi. E’ un altro passaggio della poesia, possiamo dire la terza e ultima parte: “Con la moglie a piedi portava / confezioni ai lor committenti; / al ritorno sull’aie sostava / per raccogliere primari alimenti. // Traslocò per comando al Convento, / destinato alle classi indigenti; / là certuni facevan spavento. / succedevan sgraditi frangenti. // Rispettando il supremo precetto. / venne al mondo Domenica infante, / senza voce né aria nel petto: la rapirono l’anime sante”.

Il Convento citato nella poesia è quello di San Francesco dove avvenne il Miracolo Eucaristico (1560). Pasquale Tocchetto, al fonte battesimale chiamato Domenico, venne al mondo nell’alloggio del conte Canale: “A Domenico, al fonte lustrale, / questo nome così venne dato; / nel Comune si scrisse Pasquale, / ma col primo fu sempre chiamato. // Ha lasciato l’alloggio Canale / per un altro più ampio e migliore, / situato in zona centrale, / consegnato da un bravo priore. // Per Domenica – Lina – Giovanna, / stremo anello di lunga catena, / canticchiavano la ninna – nanna: / nella culla restava serena. // Assistetti mio padre morente; / era inquieto pel mio avvenire; / conciliato e pentito lealmente, / andò in pace e finì di patire. // Gratitudine e stima infinita agli amati e pii genitori, / che hanno dato ai figli la vita / e sublimi, perenni valori” (Pasquale Tocchetto, Famiglia Tocchetto, Morrovalle, 26 giugno 2016).

Sul maestro Pasquale Tocchetto rimando agli altri due articoli: Poesia. Spiragli di Luce e Scuola. Ritratto di un maestro non comune: Pasquale Tocchetto (www.specchiomagazine.it 20.09.2016 e 21.12.2017). Sarà mia premura far conoscere, quanto prima, ai lettori de Lo Specchio, altre poesie inedite del maestro. Riposa in pace, maestro Tocchetto. Non ti dimenticherò e assieme a me non ti dimenticheranno mai quanti ti hanno conosciuto.

 

 

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