di STEFANO BARDI
Gli anni Sessanta e Settanta sono stati importanti per il Mondo intero, poiché furono contraddistinti dalle rivoluzioni etico-sociali e religiose, dalle ribellioni giovanili, dalle avanguardie artistico-musicali e letterarie, dal massiccio consumo di cocaina ed eroina. Fattori questi riguardanti pure l’Italia immersa nel boom economico che vide le grandi industrie del Nord riempirsi di giovani contadini e mezzardi meridionali, che, lasciarono la loro terra per abbandonare il faticoso lavoro nelle campagne e sostituirlo con il più remuneroso lavoro industriale nelle grandi capitali italiani di quel tempo come per esempio Milano, Torino, Bologna e Ancona. Boom economico affiancato dalla stagione denominata anni di piombo contraddistinta da atti terroristici come la strage di Piazza Fontana, la strage ferroviaria di Gioia Tauro, la strage di Piazza della Loggia e l’uccisione di Aldo moro da parte delle Brigate Rosse. Fenomeni questi accompagnati da due cambiamenti socio-culturali: ribellione giovanile e televisione.
Ribellione giovanile, che, si scagliò ferocemente contro la formazione socio-pedagogica basata sulla gerarchia patriarcale, sull’estetismo materiale, sulla pecunia unica fonte di felicità, sulla politica unica sovrana del Mondo e attualizzata da giovani ribelli, che, come ci dice lo storico e accademico Giuseppe Carlo Marino erano i figli simbolici dell’Antifascismo e della Resistenza Partigiana, che, senza vergona e timore urinarono sulla vecchia Italia fascista degli anni ’50 basata su ideologie grossolanamente legittimiste, sulla vacuità dell’immaginazione sociale, sulla predisposizione alla truffa etico-sociale e che defecarono sull’Italia a loro contemporanea totalmente basata, sulla classe media e sul capitalismo. Ribellione e ideologie applicate attraverso gruppi, che, si basavano sui principi dell’antiriformismo e sulla soddisfazione sociale del popolo attraverso la figura dell’operaio, poiché era l’unica classe socio-lavorativo in grado di agire senza nessun comando politico calato dall’alto. Operai affiancati nella loro lotta da studenti, che, lottarono contro lo sfruttamento economico industriale, lo sfruttamento fisico-lavorativo degli operai e le angherie morali dei padroni sui lavoratori. In particolar modo la lotta studentesca analizzò nel profondo la questione lavorativa, che, trasformava il loro sapere universitario in una moneta con cui fare cassa. Problema questo che poteva essere risolto attraverso una nuova tipologia di industria, in grado di mutare e mettere in pratica il loro sapere scientifico dandogli la giusta considerazione. Tematica lavorativa che venne affiancata dalla tematica sulla totale libertà sessuale, dai giovani sessantottini intesa come la piena capacità psico-fisica di amare chiunque senza nessuna distinzione. Ribellione infine che subì l’influenza della beat generation insieme alla quale condivideva la visione orgiastica della sessualità e la figura della donna, non come una schiava del connubio matrimoniale, ma, come una creatura uguale all’uomo e in grado, di svolgere le sue stesse mansioni e i suoi medesimi lavori. Tematiche queste da completare con lo sfruttamento del popolo africano, dai sessantottini visto come il popolo originario della razza umana[1].
Parole queste che non possono dirsi concluse, se non parliamo del fenomeno riguardante la televisione, che, come ci mostrano i critici letterari Alberto Casadei e Marco Santagata creò un universo globale in grado di unire popoli fra di loro lontanissimi e permise a molti scrittori operanti in quegli anni, di trasportare sul piccolo schermo le loro opere letterarie. Televisione infine, che, fu affiancata da nuove avanguardie artistico-musicali come la Pop art caratterizzata dalla replicazione astratta di immagini, il raddoppiamento catastrofico dei dettagli, la duplicazione della medesima immagine in tinte variegate, il collage e la musica pop basata sull’immediatezza linguistico-musicale, sulla facile conservazione musicale e sulla fusione di vari stili[2].
Quadro storico questo, in cui consumò la sua breve esistenza il giovane poeta Eros Alesi nato nel borgo romano di Ciampino nel 1951 e morto suicida a Roma nel 1971 a causa di un eccessivo consumo di droga, che, lo fece volare dalla cinta muraria del Muro Torto ad appena vent’anni. Poesia drogata al pari della sua Vita fatta di droga, caos psichici, momenti psichedelici, attimi esistenziali vissuti con altri drogati nelle caverne di Villa Borghese, furti e raggiri per procurarsi la droga, ma anche e soprattutto, di quotidiani colloqui con cocainomani, eroinomani e alcolizzati per salvarli dalle cure dell’Ospedale Psichiatrico di Santa Maria della Pietà. Vita inoltre che a sua insaputa lo trasformò, in un mito per le future generazioni in quanto videro in lui un avventuriero di mortali, impavidi, schizofrenici confini psico-carnali e come un intrepido azzardatore del suo destino. Vita in poche parole in nome della droga dal poeta concepita come una strada in grado di portarci in mondi magici e come una strada interiore, in grado di alleviare i nostri dolori interiori come avvenne anche per lui nel caso della prematura morte del padre a causa di un eccessivo consumo di alcool; e che allo stesso tempo però, lo allontanò socialmente dal resto del Mondo. Tema quello della droga che lo ritroviamo insieme ad altri temi nella sua postuma opera omnia, ovvero, la raccolta Che Puff. Il profumo del mondo. Sballata del 1994 e poi ristampata nell’edizione definitiva del 2015. Opera che può considerarsi come un diario intimo i cui versi prendono la forma di lunghe frasi prosastiche che iniziano sempre con l’aggettivo che rappresentante, l’analisi interiore dell’Io. Opera che si apre con lo straziante ricordo del padre Felice Alesi, dal figlio rimembrato come un oscuro, intrepido, alcolizzato e manesco demone dedito alle sbornie e alle percosse sulla moglie, ma allo stesso tempo, come una fragile creatura in grado di riconoscere i suoi errori senza aver diritto al perdono da parte dei suoi intimi affetti e come un padre, che, nel giorno della sua morte ha versato calde lacrime di dolore e speso parole colme di purezza, calore e amore verso un figlio che sempre lo ha custodito nel suo cuore. Un padre infine il cui oscuro animo è purificato dalla Morte, che, lo ha mutato in una pura e divina energia cosmica in grado di nutrire il cuore del figlio poeta fino al giorno in cui anch’esso, si trasformerà in energia e rinascerà insieme al padre con carnali sembianze. Dopo questa commemorazione paterna ecco comparire la parte centrale della raccolta intera, ovvero, l’ascetico e drogato viaggio compiuto da Eros Alesi in India. Viaggio in cui il poeta romano analizza nel profondo il suo eroinomane e cocainomane Io, che, lo ha spogliato di tutte le sue etiche materialità e fisiche intimità per mutarlo in un Figlio del Nulla. Creatura mostruosa l’Alesi ormai schiavo della droga e non più in grado, di provare nessuna eccitazione erotica verso la donna da lui ormai concepita come un angelo e come una luce troppo distante, dal suo sguardo e dal suo cuore. Viaggio quello del poeta romano che lo vedrà obbligatoriamente ritornare in Italia, dove proferirà parole colme di commozione per le amicali esistenze scomparse e lacrime di dolore per le false gioie che purificano, le sue emarginazioni etico-spirituali. Un ritorno in Italia, che, lo farà riflettere sulla sua Vita in cui il poeta si percepisce come un burattino dal cuore di plastica, come un demone dalle rumorose parole e dalle mortali emozioni, come la sorella Morte che tutto soffoca, come la madre Vita che tutto purifica con la sua dolce voce e infine come un sogno colmo di vacuità. Vita infine che lo ha mutato in una brumosa ombra ormai incapace di vedere, odorare e toccare la realtà che gli sta accanto. Tematiche queste che sono affiancate da meditazioni sull’esistenza degli Uomini, da lui concepita come un’infernale gabbia dove le carni si decompongono, i pensieri si cadaverizzano, le emozioni si infettano e dove la passata esistenza simboleggia l’unica Vita degna di valore durante il nostro terreno cammino. Esistenza quella umana infine, che, si caratterizza da dolori, lacrime e trasgressioni in quanto rappresentano le vere gioie esistenziali a differenza della quotidiana realtà che è solo una gigantesca bugia. Opera infine che termina con un’ode alla Morte dalla quale nessuno può scappare, ma anzi, dalle quale tutti dobbiamo farci abbracciare dalle sue calorose braccia in grado di purificare le nostre oscurità e brumosità[3].
[1] GIUSEPPE CARLO MARINO, Biografia del Sessantotto. Utopie, conquiste, sbandamenti, Milano, Bompiani, 2004, p. 142, pp. 172-173, p. 356, pp. 358-360.
[2] ALBERTO CASADEI-MARCO SANTAGATA, Manuale di letteratura italiana contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 2007, pp. 338-339, pp. 343-344.
[3] EROS ALESI, Che Puff. Il profumo del mondo. Sballata, Viterbo, Stampa Alternativa, 2015, p. 83, pp. 8-9, p. 15, pp. 19-20, pp. 27-28, p. 37, p. 53.
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