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Dialetto, dolce poesia spirituale. A Senigallia. Machì so’ nat’ di Franco Patonico.

Copertina Libro FRANCO PATONICOdi STEFANO BARDI

 Marche, regione dall’antica storia con numerose tracce storico-archeologiche ancora oggi visibili e territorio composto da montagne, colline pianeggianti, pianure costiere e valli fluviali. Rilievi questi che dividono le Marche in due fasce: Appennino settentrionale (marne e arenarie) e Appennino centrale (sedimenti calcarei). Promontori caratterizzati da fiumi calcarei, gole rocciose, solchi vallivi e accarezzati da inverni freddo-asciutti, estati caldo-torride e umide e primavere piovose. Clima questo che permette la crescita e la vita di eringi, salicornie, orchidee, di imponenti alberi come faggi, castagni, abeti e di molte specie animali come volpi, cicogne, aironi, pannocchie, granseole, lupi e cinghiali. Una regione infine basata sull’industria meccanica, metalmeccanica, farmaceutica, vitivinicola, olearia e sulla salvaguardia della tipica cucina regionale basata su salumi, latticini, pesci, dolci e legumi.

Una Regione e cinque Province che la animano, come per esempio quella di Ancona. Provincia questa di 471.228 abitanti e composta aree montuose, collinari, costiere, fluviali e da promontori rocciosi come il monte Conero; e accarezzata da inverni miti, autunni nevosi, primavere piovose ed estati caldo-umide. Una provincia infine che si basa sull’industria cantieristica e metalmeccanica, sulla pesca (pescherecci e mercati ittici) e sull’agricoltura (frutta, vino, olio).

 

Un territorio quello anconetano che racchiude delle vere e proprie bellezze cittadine, come per esempio la perla geografico-paesaggistica e storico-architettonica di 44.667 abitanti dal nome Senigallia. Città pianeggiante e collinare accarezzata da inverni freddo-umidi, da primavere fresche e da estati caldo-afose. Economia la sua basata sull’attività balneare, sull’attività turistico-culturale e sulla tradizionale cucina a base di pesce (fritture e grigliate) e latticini (pecorino). Una città inoltre che deve la sua fama alla poesia dialettale con autori del calibro di Nicola Leoni, Renata Sellani, Edda Baioni Iacussi e attraverso l’opera omnia A Senigallia. Machì so’ nat’ del poeta Franco Patonico (Senigallia, 1944).

Opera omnia divisa in tre sezioni: Parla com’ magni, Machì so’ nat’ e Seŋ tutti poeti. Sezione la prima dove il principale tema è la città di Senigallia e la vita, che, scorre intorno ad essa. Una città vista come una donna dal graffiante, assordante, mortale anelito e dalla verginea voce in grado di calmare le nostre ansie, di purificare le nostre sanguinanti ferite esistenziali e di illuminare le nostre oscure brume spirituali[1]. Voce la sua che si esprime con il garbino dalle ardenti, dolci, uggiose e malinconiche parole[2]. Donna e città dai freddi inverni dominati dalle tenebre e concepiti come delle miracolose cure che svuotano Senigallia dalle sue oscurità, cattiverie e blasfemie per lasciare nel suo cuore la quiete spirituale più totale. Verni freddi e oscuri accarezzati da dolci venti soporiferi e bagnati da un mare, in grado di riempirci il cuore di amore e di ringiovanire le nostre morte carni[3]. Un mare inoltre visto nella sua negatività sotto forma di tempesta che simboleggia i dolori esistenziali capaci di spaventarci, infettarci, annebbiarci, ferirci e nella sua luminosa positività in grado di far risorgere nel nostro spirito, la candidezza e purezza più totale[4]. Un ultimo tema legato alla città di Senigallia riguarda i fiumi, dal poeta concepiti come dei preziosi scrigni contenenti la sua passata puerizia e che ai giorni nostri purtroppo, sono dei veloci treni che distruggono le nostre gioiose nostalgie e le nostre luminose reminiscenze poiché sono destinati a correre per l’eternità[5].

Nella seconda sezione ritorna nuovamente la città di  Senigallia, dal poeta vista con gli occhi del passato attraverso la vecchia ciminiera intesa come un infernale luogo creatore di malanni, lacrime, infezioni psico-carnali e attraverso gli occhi del presente che ci mostrano la cittadina anconetana, come un candido universo cosmico-ancestrale in cui sono racchiuse le nostre più calde reminiscenze e le nostre più intime amicizie. Accanto al tema cosmico-cittadino possiamo trovare altri temi, come per esempio quello religioso dal poeta sviluppato attraverso la tematica su Gesù Cristo, sulla preghiera e sull’acqua santa. Figura quella di Gesù Cristo concepita come un vivo e intenso messaggio di compassione, amore, fratellanza e come il celeste salvatore che ci donerà la Vita eterna nel giorno del nostro ultimo tramonto esistenziale. Preghiera vista invece, come un disperato urlo spirituale contro l’innocente sangue versato, le umane follie omicide, i catastrofici schiaffi della natura e le insensate guerre in nome di Dio[6]. Acqua benedetta infine concepita come una pioggia in grado di purificare la Terra, da tempo ormai infettata dalle umane esistenze[7]. Altro tema liricizzato dal poeta senigalliese, è quello degli intimi affetti ricordati attraverso la figura del fratello e della madre defunti. Un fratello ricordato come un’ombra eternamene presente nella Vita del poeta, in grado di riscaldarla con la gioia e l’amore fraterno; e una madre invece rimembrata dal figlio poeta, come una luminosa creatura ultraterrena dallo sguardo abbagliante, dall’anelito purificatore, dalla voce inebriante e dal cuore colmo di bontà, compassione e fratellanza. Sezione questa in cui torna il tema del mare, dal poeta qui concepito come un universo composto da esistenze cristalline e come un’energia, in grado di infondere la pace nel nostro cuore[8]. Temi questi ai quali vanno aggiunti altri tre temi finali che sono il tema della natura, il tema dell’amore e il tema della campagna. Natura che è liricizzata attraverso la luna e il sole, dove la prima è concepita come specchio riflettente di un paradisiaco universo e il secondo invece, come una fondamentale fonte di energia per la Vita. Amore inteso invece come un inebriante senso in grado di stravolgere le carni, di creare suoni assordanti, di ubriacarci con dolci profumi[9] e inteso come un cammino basato sulle emozioni, sulla bontà e sulla lucida follia sentimentale[10]. Campagna infine, che è liricizzata attraverso l’olio di Scapezzano concepito come un prezioso tesoro di vitale importanza per la Vita e come una sorgente per l’eterna giovinezza[11].

Una sezione la terza composta per lo più da poesie ironiche e scherzose, ma anche, da poesie con temi profondamente significativi. Un primo tema riguarda la Poesia concepita come un profumato fiore, un cristallino e trasparente tramonto, un’oceanica alba e un ardente fuoco spirituale[12]. In poche parole, la Poesia, è concepita da Franco Patonico come una luce che ci purifica il cuore, ci ringiovanisce le morte carni e ci addolcisce l’uggiosa voce. Un secondo tema riguarda la gioventù dei giorni nostri destinata un futuro doloroso, lacrimoso e brumoso che solo la fiducia esistenziale può trasformare questo oscuro destino in una luminosa speranza composta da inebrianti profumi, da delicati sapori e da meravigliosi colori. Un terzo tema riguarda l’immigrazione concepita come un oscuro demone da esorcizzare attraverso la paura medesima e i migranti, dal poeta concepiti come delle sfortunate ombre che fuggono dalle loro terre natie colme di sangue, miseria e lacrime per rinascere in una nuova Terra Promessa chiedendo un pezzo di pane per sfamarsi, un sorriso per vivere e un abbraccio per riscaldarsi. Una fuga la loro però, che molte volte si trasforma in una tragica corsa per la Vita[13]. In poche parole, il poeta senigalliese vede i migranti come dei nostri fratelli i cui oscuri e demoniaci spiriti possono essere purificati dall’amore, dalla compassione, dalla fratellanza e così facendo potremmo salvare delle luminose e calorose ombre assai utili per la nostra Vita, poiché senza di esse non potremmo definirci Uomini[14]. Un quarto tema è nuovamente quello dell’amore, dal poeta concepito come una rosa dai mille colori e dalle mille emozioni; e come un’orchestra in grado di creare palpitanti carezze per lussuriose carni, di regalare dolci baci per candide bocche e di riempire il cuore con frenetiche chimere[15]. Un quinto tema riguarda la Morte, dal poeta concepita come un gelido inverno animato da decomposizioni, da ansie, da malinconie e da demoniache piogge che possono essere purificate solo dal natalizio dicembre con le sue divine luci e i suoi inebrianti profumi. Un’opera quella di Franco Patonico che termina con lo stesso tema d’apertura, ovvero, la città da Senigallia. Città che è fotografata dal poeta durante la sua quiete notturna, dove tutto riposa tacitamente nel silenzio più totale[16].

 

[1]           FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 15 (“[…] D’istat ‘l garbiŋ / t’ leva ‘l  fiat’ / e ogni sv.ntata / par’ ch’t’ ascotta. […]-[…] Quant’ s’ fa sera / ‘na bausa l.gera / t’ calma ‘l rispir’ e te… / e te t’ godi la pač / sa tutti i culori / ch’ t’argala ‘l tramont’.”)

[2]              FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 14 (“St’ vent’ ch’ č fiara / oğğ par’ ch’  t’ sciagatta; / già s’ suda a nuŋ fa gnent’ / e s’appicciga la pell’. / ‘L sol è com’ ‘l fogh / ch’ scotta e brugia l’aria / e invell’ t’arpara l’ombra / da sta luč ch’  t’accega. […]”)

[3]              FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 11 (“[…] ‘Na brezza l.ggera / t’ bocca drenta casa / sa l’udor d’ la marina / e i strilli di crucai / ch’ ènn sopra i scoj. / Oğğ s’ sta beŋ’ / ch’è ìn arcor.”)  

[4]              FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 19 (“[…] M’ scumbussula / com’ la t.mpesta / ch’oğğ ha vulut’ / mandačč ‘l gr.cal. / ‘L mar’ m’ spaura: / par ch’ s’arvolta / muscinand e armuginand / ch’l turbidoñ. […]-[…] ‘Sta mar.ggiata / adè arpiatta i culori, / ma ‘l mar’ po’ j arpìa / sa i raggi d.l sol’.”)

[5]           FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 41 (“[…] vedi ‘sol’ ‘n fiùŋ lent’ / ch’ tra i greppi e i caneti, / va e nuŋ l’ ferma gnent’.”)

[6]           FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, pp. 98-99 (“[…] Tra i mariti ch’ mazz.ŋ l’ moj, / l’ guerr’ ch’ faŋ strağ d’ fioj, / chi mor’ ‘nt ‘l mar’ e i t.rruristi, / č s’ mett’ anch’ la natura! […]-[…] Ma quel che ma me / m’ fa piagn’ davera / è chi mazza ma la gent’ / in nom’ d’ ‘n Dio ch’ nuŋ isist’ / p.rché ch’l boŋ, d.l prufeta, / l’hann vulut’ a fà più trist’. / È diabollich chi preddica ‘na riligioŋ / e po’ fa fora ma chi nuŋ č cred’.”)

[7]              FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 100 (“[…] L’unnica saria, si Dio vol’, / ch’ mandass’ ‘na piova, tanta / ch’ nuŋ s’ha da ved’ ‘l  sol’, / ‘na piova d’acqua santa.”)

[8]              FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 136 (“[…] Appičč ‘n muzzigoŋ d’ sigaretta / e guard’ ‘l mar’.  / Ch’ anca’ si è moss’, / ‘l burbuj sua / m’ mett’ addoss’ ‘n po’ d’ pač.”)

[9]              FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 109 (“[…] è ugual’ a ‘n tarl’, a ‘n rus.ghiŋ / pia l’ stommigh’ e i budei. […]-[…] è ‘n traditor’ ch’ fa la spia, / e n’ vol’ ess’ prigiunier’. […]-[…] Pol’ ess’ dolč o anch’ amar, / indigest’ o d.licat’. […]”)

[10]            FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 111 (“[…] Ma più dur’ è fa a l’amor’ / indò č vol ‘l s.ntiment’: / è ‘na quistioŋ d’ cor’ / ch’ scumbina v.rament’. […]”)

[11]            FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 140 (“[…] si nuŋ fuss lavurat’ st’ t.sor’ / ch’ ma la vita dà gust e dà sapor’? […]-[…] ch’adupraŋ sia p.r cucinà / o p’i alimenti ch’ s’haŋ da cuns.rvà. […]”)

[12]            FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 153 (“Calca volta / basta ‘ŋ fior’, / ‘n passariŋ ch’ s’ posa / sul balcoŋ’, / ‘l tramont’ sul fium’ / o l’alba sul mar’ / a int.n.ričč ‘l cor’. […]”)

[13]            FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 161 (“Pagh.ŋ cara la trav.rsata, / la pagh.ŋ sa i quadrinnį / ch’ nuŋ s’ sa ‘ndò j piŋ. […]-[…] quel più istruit’ / p.r mandall’ machì da no’, / salvall’ da la miseria / e più d’ tutt’ da la guerra. […]-[…] ‘L barcoŋ s’arvolta / e ‘nt ‘n mument’ s’afonda, / sa na mucchia d’ disp.rati. […]-[…] p.r’l mirağğ d’guadambià / dô bocchi e ‘n curuguz’ d’ pañ  / ma sarà dura si no’ n’j dañ’ ‘na mañ’.”)

[14]         FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 217 (“[…] Se io nuŋ so stranier’ / manca te l’ sei mai stat’; / ‘ŋ car’ pret’, ‘ŋ amich ver’ / e ‘n dutor’ sei duv.ntat’. / Com’ tuttu nuŋ vuria / ch’ te adessa andassi via; / e nuŋ è questa ‘n’um.lia / ma è storia nostra e …aculmò sia.”)

[15]            FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 176 (“[…] E aculmò ènn l’ carezz’, / ugual’ a vibrazioŋ / e i bagi com’ l’ not’ / d’ŋ pulifonnich spartit’. / L’amor’ è ‘n’urchestra / d’ cord’ e d’ tastier’ / ch’ nt l’intim’ d’ ’n sogn’ / s’accord.ŋ / sa i bat.iti d.l cor’.”)

[16]            FRANCO PATONICO, A Senigallia. Machì so’ nat’, Ideostampa, Colli al Metauro, 2019, p. 218 (“[…] S.nigaja dorm’ pur’, / c’è la luč d’ l’ lampar’ / fra pogh nuŋ sarà più scur’ / e s’è calmat anch’ ‘l mar’.”)

1 commento a Dialetto, dolce poesia spirituale. A Senigallia. Machì so’ nat’ di Franco Patonico.

  • Franco Patonico

    Caro Stefano, con questo articolo hai voluto emozionarmi oltre misura. Sei andato fin troppo a fondo dissodando il terreno dove sono nate le mie poesie. Hai in pratica scoperto le radici da cui hanno preso forma e sostanza i miei versi irrorandoli con commenti fin troppo lusinghieri. Ritrovarmi tra i poeti che hanno scritto versi in dialetto senigalliese e soprattutto dedicati a Senigallia, è come scoprire quel paniere che contiene tutto ciò che la mia città sa offrire ai suoi concittadini e a quelle persone che l’hanno visitata, conosciuta e ammirata. Non aggiungo altro se non un grazie di cuore, Franco.

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