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Archeologia. Gli Uscocchi tra le foci del Potenza e del Chienti. Una ricerca curiosa di Loris Sangelantoni.

Locandina Loris SANGELANTONI 20 SET

di Raimondo Giustozzi

Conferenza di nicchia quella proposta dal Centro Studi Civitanovesi e Archeoclub d’Italia, sede di Civitanova Marche, presso lo storico Caffè del Teatro Cerolini dal 1896, in piazza della Libertà a Civitanova Alta, venerdì 20 settembre 2019, dalle 18,00 alle 20,00 circa. Presenti una trentina di partecipanti, attirati dalla ricerca curiosa del dott. Loris Sangelantoni, ginecologo presso l’ospedale di Recanati, in pensione da qualche anno, appassionato di storia e archeologia. Si sa che i cognomi Schiavoni, Morlacchi, Albanesi, assai diffusi nelle Marche, soprattutto nelle città costiere ma non solo, si riferiscono a porzioni di territorio proprie dell’area balcanica: la Schiavonia, la Morlacchia, l’Albania. Il dott. Loris Sangelantoni propone una sua ipotesi di lavoro. Anche il cognome Scocco proviene dall’area balcanica.

 

Il termine uskok dal serbo-croato significa transfuga. Gli Uscocchi non erano un popolo preciso ma un misto di popolazioni diverse che provenivano dalla Serbia, Croazia, Romania, Albania. Tutto ha inizio nel 1454, quando Costantinopoli cade in mano del sultano Mehmet II. La città, presidio cristiano in Medio Oriente, la seconda Roma, diventa mussulmana. Cambia nome in Istanbul e da qui inizia l’espansione degli Ottomani verso Occidente. Nel 1521 occupano Belgrado, nel 1526, a Mohàcs, sconfiggono il re d’Ungheria e Boemia Luigi II Jagellone, che muore in combattimento. Nel 1529, gli Ottomani assediano anche Vienna, che resiste all’assedio. Nel 1570, i Turchi Ottomani conquistano l’isola veneziana di Cipro e mettono in allarme l’intera Europa cristiana. Nel 1571, nella battaglia navale di Lepanto, la flotta cristiana sconfigge quella mussulmana. Diversi Uscocchi prestano servizio sulle navi della Lega Santa, quindi al fianco di Venezia e Austria.

 

Gli Uscocchi, di fede cristiana ortodossa e cattolica, non accettano la religione che i nuovi dominatori impongono alle popolazioni conquistate. Fuggono davanti all’avanzata dei turchi e vanno alla ricerca di un posto, dove poter vivere e resistere. Lo trovano su un colle e sulla fortezza di Clissa, distante da Spalato cinque chilometri circa. La cittadella, abitata fin dall’antichità proprio per la sua posizione strategica, viene fortificata dalle tribù illiriche dei Dalmati. Cade sotto il dominio romano nel 9 d. C. per opera di Germanico, fratello dell’imperatore Tiberio. I conquistatori erigono un Castrum sopra i resti della rocca illirica, costruiscono la strada che da Salona portava verso la Pannonia inferiore Chiamano la nuova città Clisium da clavis, chiave, perché era la “chiave dell’occidente”. Il termine croato Klis, che deriva dalla voce Kljuć, significa chiave.

 

Non avendo di che vivere, gli Uscocchi lavorano come corsari alle dipendenze della repubblica veneta in funzione anti ottomana. Affinano le loro conoscenze in campo marittimo. Assoldati dalla Serenissima, entrano a lavorare nei cantieri navali. Diventano ben presto costruttori di piccole ma veloci barche a vela, dal poco pescaggio ma molto manovrabili in bacini angusti. Attaccano le navi turche per depredarle dei carichi di grano e olio. I Turchi Ottomani cercano ripetutamente di occupare la fortezza che subisce in dieci anni ben trentasette attacchi. Capitola solo nel 1537 sotto l’ennesimo assalto mussulmano. Clissa è per gli Uscocchi la meta della loro prima diaspora. Si può anche ipotizzare, ha rilevato il dott. Sangelantoni, che in questa prima fase di fuga, altri Uscocchi attraversino l’Adriatico e si spingano verso le coste venete, romagnole, marchigiane, abruzzesi, fino ad arrivare alla Puglia settentrionale, sul Gargano. Proprio in molte località di queste regioni il cognome Scocco è molto diffuso. A Porto Recanati esiste la contrada Scocco, così come a Valli del Pasubio, un paese in provincia di Vicenza, c’è la contrada Scocchi. Nel libro Tutto è notte nera di Umberto Matino, pubblicato nel 2015 dall’editore Biblioteca dell’immagine, lo scrittore padovano ambienta le vicende del suo romanzo proprio in questa contrada.

 

Dopo la disfatta, gli Uscocchi conoscono una seconda diaspora. Si rifugiano a Segna, Senj in croato, Senia in latino, città posta sul litorale adriatico, situata tra Fiume e Zara, lungo il canale della Morlacca, nel punto in cui il golfo del Quarnaro s’insinua nell’entroterra croato, ai piedi delle Alpi Dinariche. La vicinanza dei boschi favorisce la lavorazione del legname, usato per la costruzione delle loro veloci navi che escono dal canale e si avventano sulle navi turche. Durante tutta la permanenza a Segna, hanno la protezione dell’Austria in funzione anti ottomana. Sono nominalmente stipendiati dall’impero asburgico ma non sempre sono pagati. Si danno da fare allora in altro modo per vivere. Assaltano tutte le navi che incontrano sulle proprie rotte, anche quelle venete che hanno i carichi più preziosi. Si sa che contro sole era difficile distinguere un vessillo da un altro. Indomiti guerrieri, amanti della propria libertà, all’inizio sono poche centinaia di individui; col tempo, nella seconda metà del sedicesimo secolo, arrivano a duemila. A loro si aggiungono avventurieri delle Romagne, del Lazio e banditi della repubblica veneta.

 

In breve, tutte le navi che solcano l’Adriatico, turche, venete, pontificie sono assaltate e depredate dagli Uscocchi, tanto da allarmare tutte le diplomazie del tempo. Dopo un periodo durante il quale erano stati alle dipendenze di Venezia e di Vienna, si mettono in proprio e da corsari diventano pirati. Non contenti di assaltare le navi, si riversano anche sulle città della costa protette da Venezia. L’attrito tra Venezia e Austria finisce in una guerra che dura tre anni. E’ chiamata anche la guerra degli Uscocchi o di Gradisca. La pace di Madrid del 1617 pone  fine al conflitto e l’Austria abbandona gli Uscocchi al loro destino. Sono divenuti ingombranti e prevale la ragion di Stato.  Si decide di adottare nei loro confronti la soluzione finale. Alcuni sono imbarcati su navi spagnole, pochi rimangono in Istria, a pochissimi è consentito di rimanere a Segna. Le loro barche sono bruciate sulla riva del mare e la maggior parte degli Uscocchi è deportata sui Monti Gorjanci, da allora detti I monti degli Uscocchi.

 

Questo è il quadro storico e geografico entro il quale si colloca la storia degli Uscocchi. L’ipotesi di lavoro sostenuta dal dott. Sangelantoni va oltre questo quadro. Se il cognome Scocco è da far risalire al croato uskok, transfuga, popolazione in fuga, ci si chiede quanti Scocco approdano sulle coste marchigiane sotto l’incalzare dei Turchi. Consultando soltanto le pagine bianche di un elenco telefonico, il relatore ha trovato che a Recanati, Porto Recanati, Civitanova Marche, Montecosaro, Morrovalle, molti hanno il cognome Scocco. E’ solo una pura casualità? Nel vicino Abruzzo (Francavilla, Chieti, Penne) esistono molte famiglie con il cognome Scocco. Si può pensare che alcuni di questi Uscocchi in fuga s’insediarono nell’entroterra e trovarono un’occupazione nell’agricoltura. Non dimentichiamo che il contratto di mezzadria, se nasce nelle Marche verso la seconda metà del trecento, si sviluppa nella regione soprattutto nel quattrocento – cinquecento. Gli Scocco forse trovano in questi territori l’ambiente ideale per vivere in pace, lontani dalle guerre.

 

Raimondo Giustozzi

1 commento a Archeologia. Gli Uscocchi tra le foci del Potenza e del Chienti. Una ricerca curiosa di Loris Sangelantoni.

  • Loris Sangelantoni

    salve, anzitutto voglio ringraziarla per aver proposto ai suoi lettori le mie dilettantistiche divagazioni, ma vorrei fare alcune precisazioni:
    A) non ho lavorato all’Ospedale di Recanati, ma in quello di Loreto, e poi di Osimo.
    B) per non generare confusione: è vero che nel 1529 gli Ottomani attaccano Vienna, ma verosimilmente come azione diversiva, essendo l’interesse strategico rivolto all’Ungheria, il “vero” assedio di Vienna avverrà nel 1683.
    C) l’”epopea marinara” degli Uscocchi inizia dopo la migrazione a Senj, qui, non a Klis, iniziano le loro attività di corsari, e alle dipendenze dell’Austria, non di Venezia.
    D) riferendoci alla fortezza di Klis, gli attacchi senza successo degli Ottomani (ne sono documentati 39) si sono svolti nell’arco di 35 anni (dal 1499 al 1534).
    Scusandomi per la mia pignoleria,
    un cordiale saluto
    Loris Sangelantoni

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