Quindici anni di battaglie legali azzerate dal commissario Maurizio Piazzini, nonostante una vittoria
definitiva del parco. E’ quanto potrebbe accadere nella falesia di Pietralacroce in zona di riserva
naturale orientata (analoga tutela attribuita dal precedente piano dello stesso architetto del 1999)
per una pratica urbanistica iniziata nel 2004 con la ristrutturazione ed il cambio di destinazione
d’uso di un fatiscente fabbricato rurale. Oltre a restituire una diversa fruizione all’edificio, il nuovo
proprietario esegue lavori all’esterno e soprattutto installa due pilastri finalizzati a precludere
l’accesso lungo un antico tracciato che passa nella sua proprietà. Lavori non autorizzati nella
concessione edilizia. La successiva richiesta di sanatoria viene bocciata nel 2009 dal Comune di
Ancona grazie al parere negativo espresso dall’Ente parco. La vicenda diventa emblematica dei
rischi di privatizzazione di questa zona di parco e suscita interesse da parte dell’opinione pubblica
per la difesa del libero accesso ai sentieri che portano al mare e alle aree naturali lungo la falesia.
All’appello “DIFENDIAMO IL SENTIERO DELLA FONTE, PATRIMONIO DI TUTTI” lanciato da dodici
associazioni rispondono cinquecento cittadini in una partecipata marcia del 12 maggio 2013.
Nonostante tentativi di soluzione bonaria della questione, il ricorso al TAR da parte del privato
produce nel 2015 una sentenza nettamente sfavorevole allo stesso evidenziando l’esigenza di
“garantire l’uso pubblico della viabilità secondaria esistente.” La vicenda non finisce qui. Il privato
non demorde e si appella al Consiglio di Stato. E’ il supremo organo a scrivere il pronunciamento
definitivo con sentenza del 18 maggio 2016 in cui riconosce completamente infondate le richieste
della proprietà privata e suggella che quel tracciato sia per sempre liberamente fruito da tutti.
Riconoscendo così un uso pubblico che finalmente non potrà più essere messo in discussione.
Dopo la sconfitta legale ora il privato, a quanto ci risulta, cercherebbe di riaprire il caso attraverso
un accordo per spostare quella parte di sentiero 313 che passa davanti alla casa, e non vorremmo
che trovasse apertura da parte del commissario In tal caso sarebbe un atto di generosità di fine
mandato, verrebbe da dire, quantomeno inopportuno. Sarebbe un vero colpo di scena dopo la
netta vittoria del parco che trascurerebbe il pronunciamento della suprema corte, le spese legali
sostenute e naturalmente la manifestazione di associazioni e cittadini che da sempre hanno fruito
di quel tracciato. Una disponibilità peraltro dissonante con la stessa normativa del piano del parco
che prevede sulla sentieristica solo “minime modifiche dal tracciato esistente” finalizzate al
conseguimento delle migliori condizioni di accessibilità e fruibilità per tutti i tipi di utenza,
collegandole quindi a motivi di sicurezza, fruibilità e gestione. L’iniziativa unilaterale del Parco per
migliorare la fruibilità e la sicurezza nei passaggi pubblici in zone private, potrebbe condurre ad
accordi ragionati e complessivi con gli stessi, ma senza alcuna svendita dei diritti. In caso contrario
ci sarebbe un effetto domino di un pericoloso “precedente” che incita alla conflittualità perché alla
fine, se pur soccombenti sul piano legale, si potrà far affidamento a successivi atti di generosa
comprensione. Ecco perché il caso Balsano è chiuso. L’auspicio è che il commissario consideri
con attenzione questa vicenda che ha una storia, diritti già conclamati per la collettività e
soprattutto la parola fine già scritta dal Consiglio di Stato. Per quanto ci riguarda continueremo a
vigilare ed informare i cittadini.
Ancona, 14 gennaio 2019,
Comitato Mare Libero, Il Pungitopo di Legambiente, Italia Nostra Ancona, Mezzavalle Libera
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