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Cultura. 68 IN PRESA DIRETTA. Il maggio francese: cronaca di una rivolta.

Fonte Internet

Fonte Internet

68 IN PRESA DIRETTA  per i tantissimi che all’epoca non erano ancora nati per quelli che invece c’erano ma non ricordano più bene

 

CONTESSA – Paolo Pietrangeli

“Che roba contessa, all’industria di Aldo
han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti;
volevano avere i salari aumentati,
gridavano, pensi, di esser sfruttati.

E quando è arrivata la polizia
quei pazzi straccioni han gridato più forte,
di sangue han sporcato il cortile e le porte,
chissà quanto tempo ci vorrà per pulire…”.

Compagni, dai campi e dalle officine
prendete la falce, portate il martello,
scendete giù in piazza, picchiate con quello,
scendete giù in piazza, affossate il sistema.

Voi gente per bene che pace cercate,
la pace per far quello che voi volete,
ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra,
vogliamo vedervi finir sotto terra,
ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato,
nessuno più al mondo dev’essere sfruttato.

“Sapesse, mia cara che cosa mi ha detto
un caro parente, dell’occupazione
che quella gentaglia rinchiusa lì dentro
di libero amore facea professione…
Del resto, mia cara, di che si stupisce?
anche l’operaio vuole il figlio dottore
e pensi che ambiente che può venir fuori:
non c’è più morale, contessa…”

Se il vento fischiava ora fischia più forte
le idee di rivolta non sono mai morte;
se c’è chi lo afferma non state a sentire,
è uno che vuole soltanto tradire;
se c’è chi lo afferma sputategli addosso,
la bandiera rossa ha gettato in un fosso.

Voi gente per bene che pace cercate,
la pace per far quello che voi volete,
ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra,
vogliamo vedervi finir sotto terra,

ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato,
nessuno più al mondo dev’essere sfruttato”.

In Francia esplode il Maggio. E’ il momento in cui la rivolta studentesca raggiunge il suo punto più drammatico. Parigi vive giornate di vera insurrezione. La Francia è profondamente scossa. Dopo una grande manifestazione per le strade del quartiere latino, il 10 maggio 1968, gli studenti costruiscono le prime barricate. Nella notte, la polizia contrattacca; totale degli scontri: 367 feriti, 80 auto danneggiate. Con Bendit è il primo leader riconosciuto del “Maggio”. Anche per gli studenti parigini il problema è di trovare dei collegamenti con il movimento operaio. La sera del 24 maggio l’edificio della Borsa viene incendiato. Nella notte, le strade di Parigi sono sconvolte da violentissimi scontri. Il 30 maggio, il presidente De Gaulle, di ritorno dalla sua casa di campagna, annuncia alla televisione che non si ritirerà e che farà di tutto per ristabilire l’ordine: “Nelle circostanze presenti, non mi ritirerò”. L’11 giugno, gli studenti occupano di nuovo il quartiere latino, protestando per la morte di un liceale affogato nella Senna mentre era inseguito dalla polizia. Lo stesso giorno, i poliziotti sparano contro gli operai della Peugeot, un giovane manifestante viene ucciso. Cinque giorni dopo viene evacuata la Sorbona ed il 18 gli operai della Renault e della Peugeot riprendono i lavori. Il primo turno delle elezioni legislative del 23 giugno vede i gollisti nettamente vincenti. La paura della borghesia ha vinto. E’ la fine di quella che per molti giovani era stata la grande speranza. Si trattò di un’esplosione sociale, spesso confusa e complessa, a volte anche violenta, ma ancor più spesso ludica e festosa: il maggio ’68 apparve come un momento di illusione rivoluzionaria lirica, di fede ardente e utopistica nella possibilità di una trasformazione radicale della vita e del mondo. Un riflesso di questo clima fu la proliferazione di graffiti e slogan fantasiosi: «Sous les pavés, la plage» (Sotto i sampietrini c’è la spiaggia), «Il est interdit d’interdire» (Vietato vietare), «Jouissez sans entraves» (Godetevela senza freni), «Cours camarade, le vieux monde est derrière toi» (Corri compagno, il vecchio mondo ti sta dietro), «La vie est ailleurs» (La vita è altrove), eccetera. Considerato a volte una “rivoluzione mancata”, e malgrado l’ampio ricorso alla retorica e ai simboli delle precedenti rivoluzioni francesi – barricate, bandiere rosse e nere – nel maggio ’68 non vi fu in realtà alcuna volontà di conquista illegale del potere né di slittamento verso la guerra civile. Uno degli slogan lanciati dal Maggio Francese era “Fantasia al potere”. La fantasia, la gioia di vivere come prima, immediata alternativa alla società. Ai toni grigi dell’esistenza si opponevano le bandiere e le scritte e, nella Sorbona occupata, risuonò per qualche tempo la parola: “Siate felici”. Per qualche tempo, appunto. Infatti, in una tale posizione, l’involuzione è costantemente possibile, facilmente viene a mancare l’equilibrio tra condizione presente e utopia. La lotta non riesce ad essere realista e si spegne”. Queste considerazioni emerse nel corso del primo Convegno di Comunione e Liberazione, a Milano, il 31 marzo 1973, sono un chiaro giudizio sui limiti del maggio francese, ma evidentemente non rappresentano da sole una valutazione obiettiva e soprattutto non tengono conto che è stato anche grazie al maggio francese ed a quello che esso rappresentò, che molti cattolici maturarono una fede ed una esperienza cristiana diverse e molto più incarnate nella realtà politica e sociale nei loro paesi.

 Vietato Vietare


LE RAGIONI DELLA RIVOLTA

 

Così rispondeva, un giovane parigino, studente universitario alla Sorbona, in un’intervista rilasciata a Giorgio Bocca, inviato del “Giorno”: “Sicuramente, voi siete saggi, voi ci mettete in guardia, voi dite che questo non è giusto, attenzione, questo non serve. E intanto, noi facciamo. Allora ci ricordate che certe libertà anarcoidi sono un lusso, un rischio. E noi ce le prendiamo. Se questa dell’Università è l’unica stagione in cui un uomo, un intellettuale è parzialmente sottratto alle violenze, alle corruzioni del sistema, noi ne approfittiamo”. In un altro documento anonimo, scritto da un giovane parigino, nei giorni del Maggio, troviamo scritto: “E’ stata spesso posta questa domanda: perché gli studenti che sono dei privilegiati e per lo più figli di borghesi, solo il 10% dei figli di operai entra nell’università, si sono ribellati con tanta violenza? Questa domanda, a parte che passa sotto silenzio che molti studenti sono obbligati a lavorare per continuare gli studi, contiene un errore fondamentale: l’idea che soltanto la miseria materiale giustifichi la rivolta e che un uomo che ha tutto il necessario sul piano materiale debba sentirsi appagato sul piano morale. Nella società odierna, l’intellettuale è insoddisfatto per principio. La televisione, la stampa, i beni di consumo, utilizzati come mezzi sistematici di oppressione, contribuiscono a creare un mondo materiale e spirituale in cui l’intellettuale non arriva a far capire la sua esigenza di verità e di libertà. Come gli operai, gli intellettuali costituiscono un gruppo sociale oppresso ed è questa la ragione per cui entrambi si sono trovati uniti nella lotta. Come i mezzi di informazione, come l’educazione familiare  e scolastica che essa porta avanti, l’Università fa parte delle “forze dell’ordine”. Sotto la maschera di una falsa neutralità, ha di fatto la funzione di trasmettere un’ideologia che assicuri il perpetuarsi dell’ordine costituito” (Anonimo). La fantasia non è andata mai al potere. Il potere è delirio d’onnipotenza e arroganza. La fantasia appartiene all’universo della fiaba e della poesia, non a quello del potere. Si può solo dire che chi gridava questi slogan ed ha avuto la ventura poi di gestire qualche forma di potere, tutto ha fatto tranne di fare le cose con la fantasia. Chi di quella stagione ha cercato di tener vivi gli ideali e le passioni più autentiche quali quella di ascoltare sempre le ragioni dell’altro, soprattutto se indifeso e bisognoso d’aiuto, invece che far sentire solo le proprie, oggi vive male perché ha attorno a sé tutta una cultura che predica da decenni l’egoismo individuale e di gruppo. Ma tant’è, uno è per quello che è, costi anche la percezione di essere fuori posto. Meglio essere un inguaribile sognatore che un egoista tra tanti.

CINEMA

“Fragole e sangue”

Anche il cinema si  interessò al ’68, con il film “Fragole e sangue”. Il titolo The Strawberry Statement (“Fragole e Sangue) si basa sulla bizzarra dichiarazione di un rettore universitario: «Non mi preoccupo degli studenti più di quanto mi preoccupo delle fragole». In realtà l’esplosione libertaria del campus, che allarga in una prospettiva di guerra civile il tradizionale conflitto fra le generazioni, preoccupa l’establishment USA a ogni livello. Ne tengono conto anche i commercianti di film, che dopo Easy Rider hanno capito il modo di agganciare la clientela giovane: in fin dei conti le pellicole si vendono come la musica rock, i tascabili di Mao e i ritratti di Che Guevara. Assistiamo perciò al curioso fenomeno del potere economico che, a fini di lucro, si produce da sé i film di opposizione: anche il vecchio leone della Metro (chi l’avrebbe detto?) ruggisce a comando nelle file della contestazione. Ne risulta inevitabilmente una visione edulcorata dei problemi giovanili, considerati attraverso un personaggio simpatico e ricco di sfumature umoristiche. Nonostante questo, il racconto, dopo un avvio comico-sentimentale, rivela un peso specifico sempre maggiore mentre procede la presa di coscienza dei personaggi; e alla fine la sequenza dell’assalto all’università da parte della guardia nazionale è di una violenza quasi intollerabile, tanto forte e verosimile da diventare quasi una testimonianza sincera e una denuncia senza ambiguità.

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