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“Le Città fallite”, resoconto dell’incontro-dibattito organizzato dall’Associazione culturale Lo Specchio

Maurizio Sebastiani e Vanni Semplici

Maurizio Sebastiani e Vanni Semplici

Venerdi 19 Febbraio presso la Sala Biagetti di Porto Recanati si è svolto l’incontro dibattito sul tema della politica urbanistica degli ultimi decenni nei nostri territori.

L’occasione è stata la presentazione del libro di Paolo Berdini, dal titolo “Le città fallite”. Il libro di Berdini, noto urbanista, impegnato nella tutela ambientale, enumera con precisione ingegneristica la serie dei fatti che hanno distrutto i territori urbani, ponendo in evidenza come questa distruzione territoriale e ambientale sia andata di pari passo con la cancellazione delle regole dell’urbanistica.

Maurizio Sebastiani di Italia Nostra

Maurizio Sebastiani di Italia Nostra

Il relatore Maurizio Sebastiani Presidente di Italia Nostra ha ripercorso la storia delle politiche urbanistiche nazionali  partendo dalla definizione di «città pubblica», della città che è «servente» alla ultima serie di leggi che hanno invece portato alla completa distruzione di parte del territorio e delle città. Distruzione quindi pianificata, derivata dall’avvento del cosiddetto pensiero unico del «neoliberismo economico». Questo modo di vedere, così contrario alla scienza urbanistica, uccide la «città pubblica» e la fa diventare un puro «conto economico». I nostri amministratori sono quindi stretti in una tenaglia: da un lato la pressione della finanza speculativa, spesso in accordo con le istituzioni, dall’altro la mancanza di risorse per garantire il funzionamento della città stessa. Insomma, emerge chiaramente che funzione propria dell’urbanistica è quella di garantire i diritti dell’uomo, e, con questi, il decoro e la bellezza delle nostre città. Si è invece imposta una logica di rapina che distrugge le conquiste sociali, favorisce i grandi centri commerciali, porta al fallimento, specie tramite le cosiddette «liberalizzazioni», le piccole imprese, che sono state sempre il nerbo della nostra economia.

 

Situazione che ha gravi e paradossali effetti anche sui cittadini che, molte volte complici silenti degli speculatori, con la crisi economica e la conseguente diminuzione di valore degli appartamenti, che nelle periferie ha raggiunto il 40%, hanno visto il danaro andare ai costruttori mentre a loro è rimasta la «beffa». Chi ha contratto un mutuo per pagare l’acquisto dell’alloggio oggi paga un prezzo di gran lunga superiore al valore del bene acquistato. Per non parlare del grave danno sociale ed economico degli ultimi fallimenti bancari, si veda Banca Marche.

 

Come amaramente scrive  il Magistrato Maddalena nell’introduzione al libro di Berdini: L’urbanistica è, dunque, del tutto distrutta.

Il Magistrato quindi rivolge un appello ai cittadini indicando la via della partecipazione e della consapevolezza politica di ciascuno di noi. Dice infatti:

Dobbiamo ricominciare daccapo. E questa volta l’iniziativa deve venire dal basso, dalle associazioni, dai comitati e dai comitatini, come ironicamente dice il nostro presidente del Consiglio. Si tratta di applicare il principio di «partecipazione popolare», previsto, anche come «diritto di resistenza», dalla nostra Costituzione, e in particolare dall’art. 118, secondo il quale i cittadini, singoli o associati, possono svolgere attività di interesse generale, secondo il principio di sussidiarietà.In sostanza, occorre ottenere un «capovolgimento» dell’immaginario collettivo, e far capire che la Costituzione protegge soprattutto «l’utilità pubblica» (art. 41) e riconosce e garantisce la «proprietà privata» solo se essa persegue la «funzione sociale» (art. 42). È ora, in altri termini, che la «rivoluzione promessa» di cui parlava Calamandrei sia finalmente attuata. Molti intellettuali sono all’opera: Antonio Perrotti, Vezio De Lucia, Francesco Erbani, Salvatore Settis, Tomaso Montanari e tanti altri.                                          

La speranza si fonda sull’azione delle associazioni e dei comitati, che di fronte allo spreco del nostro territorio devono agire e unirsi in una lotta senza quartiere, da svolgere sul piano della legalità costituzionale e, specificamente, sotto l’egida di quella che è stata denominata «l’etica costituzionale», e cioè i principi di libertà, eguaglianza e solidarietà.”

 

Riportiamo di seguito una personalissima sintesi della serata del giornalista Alessandro Trevisani che nel suo blog frontedelportoblog.wordpress.com annota l’interessante dibattito sviluppatosi tra i vari attori della vita amministrativa di Porto Recanati; a lui il nostro ringraziamento.

Giovanni Giri

Giovanni Giri

BURCHIO: 3 ANNI DOPO IL PD PRENDE TEMPO

di Alessandro Trevisani

“Sul Burchio vedremo cosa è meglio fare dopo la sentenza del Consiglio di Stato. La Ubaldi a suo tempo fece un blitz, blindando la pratica nel giro di pochi giorni. Occorre non essere supini al privato e trattare con l’investitore per avere il più possibile per la città. Allo stesso tempo non vestiamo i panni degli estremisti, pretendiamo il giusto ma non reiteriamo cause temerarie che ci manderebbero incontro a risarcimenti pesanti“. Parola di Giovanni Giri, candidato sindaco del PD Porto Recanati alle Comunali del maggio prossimo. Il tutto detto e successo ieri alla Sala Biagetti del Castello Svevo, per la presentazione del libro “Le città fallite“, di Paolo Berdini, Donzelli Editore.

Ma ecco la nostra cronaca. All’incontro organizzato dall’Associazione Lo Specchio manca la stampa locale. Manca il grosso dei partiti politici locali. Addirittura mancano l’autore e il presentatore, per problemi di salute e impegni sopravvenuti. Non solo: ci sono 20 persone in tutto, scemate via via fino a 10. Però gli spettatori ascoltano assorti Maurizio Sebastiani, presidente regionale di Italia Nostra, che illustra il libro di Berdini, che parla del fallimento economico di 180 comuni italiani, del liberismo imperante che ha permesso la liquidazione delle proprietà pubbliche, delle inutili grandi opere che si continuano a costruire, appesantendo città già da molto incapaci di garantire i servizi più elementari. Sebastiani, tra l’altro, ha ricordato l’art. 41 della nostra Costituzione, che parla di proprietà privata e del suo essere sottomessa “alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Pure Semplici entrava nella questione, domandando in che modo possiamo salvare le nostre città, e ricevendo da Sebastiani una risposta che restava sul piano generico e nazionale, tra un invito al recupero – che tra pochi anni sarà l’80% del settore edilizio – e qualche considerazione, poi ripresa più ampiamente, sui centri commerciali naturali e altre soluzioni per risolvere la questione in città.

Ma poi è successo qualcosa. Già, perché mentre nel giro di 30-40 minuti se ne erano andati Lorenzo Riccetti (UPP, ex vicesindaco) e Umberto Santucci (responsabile della comunicazione del M5S Porto Recanati), in sala era rimasto Giovanni Giri, preside dell’ITIS di Recanati nonché, come detto, candidato sindaco del PD Porto Recanati. E così, dal tavolo dei relatori, abbiamo preso a parlare di Burchio, percependo da subito l’interesse di Giri e del suo vicino di posto, l’avvocato Aldo Sichetti (già membro del direttivo PD locale, consigliere presso Astea Energia Spa, cioè il ramo Astea che si occupa di Elettricità e Gas).

Chi non ha seguito il dramma edilizio-politico-mediatico-shakespeariano del Burchio può rimettersi in pari con il “serial” cliccando qui, qui o qui. Per ora basti sapere che si tratta di un progetto edilizio che ha comportato una megavariante – da terreno agricolo a R1, cioè edificabile a scopo turistico. Variante che passa col sindaco Ubaldi (UDC) nel dicembre 2013, viene cassata nell’autunno 2014 dalla giunta successiva (sindaco Sabrina Montali, con PSI, PD, UPP, Alternativa Civica, Sel, Paese Vero), finché nasce un contenzioso innescato dalla Srl proponente. L’oggetto del contendere è un resort 5 stelle superior, dal costo dichiarato di 70 milioni (ma erano 40-42, all’inizio), per 78mila metri cubi di cemento da collocare su un colle (il Burchio, zona Montarice) che misura 34 ettari (2% del territorio cittadino) cade a picco con un crepaccio sul bordo del fiume Potenza, lambisce due frane in movimento e una villa romana del II secolo DC e affaccia su depuratore, Hotel House, uno spicchietto di mare e a meno di 80 metri la A14 col suo fracasso di camion e auto (ricordiamo che per legge un 5 stelle deve restare aperto 24h 12 mesi l’anno).

La pratica è in mano al Consiglio di Stato, cui ha fatto ricorso il Comune – commissariato da 9 mesi – di Porto Recanati, dopo una prima sentenza del TAR favorevole alla ditta proponente, la Coneroblu Srl, in quanto ha fatto fuori la delibera Montali, ma favorevole anche alle tasche dei cittadini, in quanto non ha riconosciuto un danno per il “dietrofront” del Consiglio Comunale del 21 novembre 2014 (in cui la variante, già adottata in prima istanza un anno prima, non fu approvata). Il Consiglio ha fatto sapere alle parti che per le udienze basta così: dal 19 gennaio aspettiamo la sentenza, che secondo alcuni dovrebbe arrivare a marzo (ma secondo chi scrive potrebbe slittare anche più in là nel tempo).

Per inciso, intorno alla grana del Burchio hanno girato: le elezioni comunali 2014, vinte da Sabrina Montali in salsa anti-Ubaldi e anti-cemento (anche i destri più destri votarono la sindaca “de sinistra”); la prima importante spaccatura interna alla coalizione montaliana, con 2 consiglieri su 4 del PD che, dicendosi preoccupati per una causa civile per danni contro il Comune, si alzano al momento fatidico del voto in Consiglio; una campagna stampa tambureggiante pro-Burchio da parte del giornale più venduto in città, il Corriere Adriatico, durata circa 330 giorni; la convergenza pro Burchio di associazioni degli edili, notabili, presidente regionale Giammario Spacca, presidente della Provincia di Macerata Antonio Pettinari, Confindustria nella persona del presidente Giorgio Squinzi (patron della MAPEI e del Sassuolo Calcio); alcune diffide con minaccia di causa civile per diffamazione, inviate dalla Coneroblu al sottoscritto, al giornale per cui scriveva, a un dirigente di Italia Nostra, sempre reclamando la stessa cifra, cioè 465mila euro (ne riparleremo).

Ma torniamo a noi. Abbiamo chiesto a Giri: “Se il Consiglio di Stato dovesse confermare in toto la sentenza del TAR Marche, e se lei diventasse sindaco e avesse da giocare la palla che a quel punto sarebbe tornata nel campo del Comune, che cosa farebbe: una delibera che dice Sì al resort al Burchio, o una delibera che ripeterebbe il No? (va da sé che non si potrebbero, a quel punto, ripetere le motivazioni montaliane bocciate dal CdS, ma si potrebbe comunque chiudere l’iter con una disapprovazione, ndr)”. A quel punto Giri prende il microfono e comincia così: “Ai tempi del Borgo Marinaro ero in giunta e ottenemmo dai costruttori 2 miliardi di lire per realizzare il cavalcaferrovia. Penso quindi che l’amministrazione debba trattare per avere ben di più di un marciapiede”. Prosegue Giri, con un atteggiamento che ci appare tra l’imbarazzato e l’incerto: “Qualche passo avanti di troppo l’abbiamo fatto nel consumo del nostro territorio. Quella proposta nel libro è una linea che non avrei difficoltà a sposare se fossi sindaco. Perché non voglio fare un adeguamento supino alla proprietà privata: centinaia di metri cubi sono stati autorizzati nel corso degli anni, sicché è ora di pretendere i giusti criteri di risparmio energetico, di imporre l’obbligo di avere apparecchiature adeguate etc. Ma non adottiamo un’ottica punitiva o di penalizzazione…”.

A quel punto si alzano delle voci dissenzienti in sala. Giovanni Pierini, del direttivo nazionale PSI, già alleato del PD fino a quando Montali lo congedò “materialmente” dalla coalizione, esclama nervosamente: “Al consiglio comunale il PD come ha votato? Diccelo!”, al che Giri replica con un “Cosa cazzo c’entra che è mancato il voto compatto del PD?!” che rimette in circolo la dopamina degli astanti. Intervengono Domenico Frugis, già nel direttivo ANPI cittadino, e l’avvocata Anna Maria Ragaini, già protagonista, 5 anni fa, della lotta contro il rigassificatore della Suez Gas de France (“Avete cambiato idea rispetto a una campagna elettorale che fu impostata contro il Burchio? O ci prendete in giro?”, dice lei). Entrambi contestano Giri, lo richiamano a una risposta puntuale alla domanda sul “che farebbe”, e quello riprende il filo: “Quando la tela non è pulita non si può ricominciare daccapo. La sentenza del TAR ha fatto a pezzi la delibera del sindaco Montali, che in campagna elettorale fu saggia, limitandosi  dire che le carte andavano studiate. Io dell’investimento penso molto negativamente. Quando e se toccherà a noi decideremo cosa è meglio fare“.

La riunione si scioglie poco prima delle 20. Ci resta nel petto l’impressione di un’occasione sprecata per riflettere sul futuro di una città di 12mila abitanti, oppressa da 50 anni di cemento a cataste, luoghi in degrado, cotruzioni incompiute, deficitarie, quartieri interi allacciati male o per nulla alle fogne. Ci resta in testa anche una frase pronunciata da Sichetti: “Hai voglia a dire che bisogna ristrutturare, conservare e recuperare. Le case di Mengoni a quelle cifre non le vuole nessuno, è più facile comprare il nuovo, specie per i giovani che se ne vanno a vivere fuori città”. Così ci viene da fare, a freddo, un’altra domanda: ma qualcuno sta pensando a nuove lottizzazioni di edilizia abitativa a Porto Recanati? Nel caso, fateci sapere. Magari entro la data del voto.

3 commenti a “Le Città fallite”, resoconto dell’incontro-dibattito organizzato dall’Associazione culturale Lo Specchio

  • Guglielmo Papa

    Segnalo che per TUTTI vale l’articolo 595 del Codice Penale. Qualunque sia la forma che assume, dal giornale cartaceo ai moderni strumenti elettronici. Poi c’è il particolare, neanche piccolo, della libertà d’informazione che permette a ogni mezzo di comunicazione di scegliere quale tipo d’interpretazione e/o resoconto fornire al proprio pubblico e se darla. Mettersi in cattedra a bacchettare tutti non è una maniera corretta di agire in questo campo.

  • Redazione

    Gentile Papa, non è nel nostro interesse bacchettare nessuno,ne offendere, abbiamo riportato alcune considerazioni personali di un giornalista presente che ha descritto il dibattito seguito alla presentazione libraria. Avremmo volentieri recepito anche le sue osservazioni se fosse stato presente. Grazie comunque dell’attenzione prestata che rafforza la nostra convinzione della necessità di dialogo.

  • Salve, sono l’autore dell’articolo riportato da Lo Specchio. Guglielmo Papa – nome vero o inventato? Immagino che sia un esperto di editoria e giornalismo, dacché discetta su ciò che è o non è opportuno “in questo campo” – dice, non dice, allude, fa capire.

    Cita l’art. 595 del codice penale, ma non spiega di che si tratti, escludendo così dal discorso chi non avesse – per fortuna – confidenza coi tribunali.
    Bene. L’art. 595 riguarda il reato di diffamazione, e tra l’altro dice: “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (…) la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516”.

    Ora, a Papa vorrei chiedere due cose. Perché non cita i passaggi in cui Lo Specchio e/o il sottoscritto si sarebbero macchiati di diffamazione? Non trova che sarebbe corretto? Sennò dobbiamo pensare che scrive per minacciare e far tremare la penna a qualcuno. Il che non mi pare altrettanto “corretto” (oltreché inutile, se permettete).
    Seconda domanda: se non è in grado di dettagliare passi, frasi etc passibili di art. 595 (e non dica che non stava cercando noi, perché ha citato giornali e mezzi di comunicazione), saprebbe almeno dirci dove e chi bacchetta chi e per che cosa, in ciò che ha letto?
    Perché, sa com’è, il dibattito è simpatico quando non sconfina nella chiacchiera infamante. E pure quella, una volta postata su internet, è passibile di querela ex art. 595.

    Sennò, guardi, può cavarsela così: dica che il suo era un ammonimento generico. Sarà sempre una figura di palta, ma a chi ha buon cuore apparirà rimediabile.

    Un vigoroso abbraccio.

    Alessandro Trevisani

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