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Il Quartiere San Marone: il santuario, la piazzetta, il salone di barbieria, il Bar Migliorelli

di Raimondo Giustozzi

La chiesa di San Marone prima e dopo l’arrivo del Salesiani.

 

La parrocchia San Marone viene costituita nel mille novecento cinquantuno con l’arrivo dei primi Salesiani. Tale data coincide con la crescita esponenziale del quartiere che è diventato negli ultimi cinquant’anni il più popoloso di Civitanova Marche. E’ vero anche che oggi “tale legame diventa più complesso ed allentato” perché la gente vive la propria esperienza umana su più ambiti geografici ed “antropologici”: quello lavorativo, del divertimento, dello studio, del gruppo amicale, ma anche dell’appartenenza a  movimenti ecclesiali che superano i confini  giurisdizionali della parrocchia stessa. I Salesiani vennero chiamati dall’arcivescovo di Fermo, mons. Norberto Perini, d’accordo con il Rettor Maggiore di allora. Il presule fermano era stato allievo nello studentato salesiano a Milano ed era rimasto affascinato dalla pedagogia salesiana. Anche quando insegnava nei collegi arcivescovili di Tradate (VA) coltivava sempre con vivo interesse il carisma salesiano. Un quartiere popolare con forti tensioni sociali, dovute alla presenza della più grande industria metal meccanica, la “Cecchetti”, richiedeva la presenza i sacerdoti attenti alle problematiche giovanili.

 

Prima, San Marone era chiesa plebana della parrocchia di San Paolo di Civitanova Alta. Rettore del santuario era don Nazzareno Franceschetti, nato a Corridonia (MC) il 24 gennaio 1988, morto a Civitanova Marche il 27 novembre 1943, sotto il bombardamento che colpì la chiesa. Il suo funerale fece il giro delle vie principali della città, tanta era la stima di cui era circondato. Era studioso di lingue straniere e si dedicava a ripetizioni gratuite per studenti bisognosi. E’ ricordato anche per aver lasciato vari libretti di poesie, uno dei quali si intitola “Echi di festa”, pubblicato nel 1925. Tre poesie di questa piccola antologia sono state riportate nella collettanea “Citanoaccia mia”, curata da Roberto Gaetani, ricordata in un precedente articolo. Esistono anche altri due libretti di poesie, che al momento sono introvabili. Il tempo a volte ci strappa tutto. Sta a chi a cuore la trasmissione della cultura, cucire, proporre, raccogliere testimonianze, leggere e promuovere le ricerca.

 

Molto conosciuta è il testo “La peco de Domé”, meno conosciuti sono “La fija de Pasquà” e il dialogo tra “Joanni e Francé”. “Sono tre poesie dialettali di ispirazione religiosa nelle quali descrive in modo popolaresco con cui la tradizione coloriva le feste religiose dell’anno. Era molto amico di Rinaldo Ciribè. Suonava il pianoforte e musicava direttamente i canti religiosi di sua composizione”(Cfr. Roberto Gaetani, Citanoaccia mia, don Nazzareno Franceschetti, pp. 32- 39, Civitanova Marche 1991). Nella stessa antologia, è ricordato anche da Renato Morresi nel racconto dialettale “Sammarone”: “Sto curato adèra un mènzo poeta, oddre che ‘struito, adèra tanto ‘ndilligente. Scrija le più vèlle poesie e quanno le facìa sindì te facìa rmané co’ la vocca ‘rraperta. Comme dicio, ‘na perzona comme isso n’ze troa tando facile e a stì marinà j’avrìa dato pure lo còre” (Cfr. Roberto Gaetani, Citanoaccia mia, Renato Morresi, Sammarone, pp. 11- 12).

 

Il quartiere è delimitato a nord dal fosso del Castellaro, ad est dalla ferrovia adriatica Pescara – Ancona, a sud dall’altro tronco ferroviario per Macerata – Albacina – Fabriano, ad Ovest da via Costa Martina, fino a ricongiungersi, al bivio della “Celeste” per Civitanova Alta, con via Civitanova, la strada di collina che lega la città alta con il suo porto.  Conta sui dodici mila abitanti. E’ stato da sempre un quartiere operaio. Sul finire degli anni cinquanta ha inizio il piano di lottizzazione di tutta la collina che insiste attorno a villa Eugenia. Sorgono moderne abitazioni servite da vie del tutto nuove. Il quartiere, già con i suoi numerosi piani di edilizia popolare, di via Napoleone, via Dante, via Carducci, via Quasimodo, si riempie di nuovi abitanti. Sono presenti anche nel quartiere piccoli laboratori di calzature con il loro indotto. Nell’arco di questi ultimi vent’anni, alcuni laboratori hanno chiuso, quello di falegnameria (Pagnanini) in via D’Annunzio, di restauro in via Foscolo (Ilaria Pellerito). La pizzeria Muretto ha cambiato gestione.

 

La piazzetta San Marone

 

La piazza San Marone dispone di un parcheggio per le macchine. Sui tre lati si innalzano costruzioni imponenti. Spalle alla facciata del santuario, sulla propria sinistra si ha una casa privata, un condominio di fronte, conosciuto come condominio “Migliorelli” per il bar omonimo, posto alla sinistra della galleria, un grande condominio sulla destra, con  negozi al piano terra. Ma la piazza, per tutti gli anni cinquanta ed oltre era davvero diversa: “Attorno alla chiesa, verso il fronte della strada, là dove ora sorgono il palazzo della Galleria e quello di Squadroni, c’erano solo campi. Il traffico era quasi inesistente, limitato solo alla variante della Statale Adriatica, costruita nei primi anni trenta. Il teatro dei nostri giochi era la via Parini e gli spazi attorno alla fornace Ceccotti. Si giocava a battaglia. Vi confluivano tutti i ragazzi delle case popolari. Non sapevamo com’era il centro perché non ci andavamo mai. I miei amici più cari: Giuseppe Nociaro, Giorgio Recchioni, Giovanni Murri, Mauro e Roberto Ceccotti, quest’ultimo scomparso recentemente. I pochi negozi si limitavano al forno Gazzani dove ci si recava per comprare il pane che veniva regolarmente segnato su “lo livretto”. Il conto veniva saldato quando si prendeva la paga. C’era il negozio di generi alimentari della famiglia “Antinori”. La Merceria “Fioravanti” viene aperta più tardi. All’interno della fabbrica “Cecchetti” operava il negozio della “Provvida”. La via San Marone non era asfaltata. D’estate passava spesso un camion del comune, che provvedeva a bagnarla d’acqua perché non si sollevasse tanta polvere. Poche erano le abitazioni ad avere l’acqua corrente in casa, in quanto non c’era ancora l’acquedotto. L’acqua veniva attinta dai pozzi ed ognuno aveva il suo” (da una intervista al prof.  Ivo Bartozzetti).

 

Scriveva don Giancarlo Manieri: “E quando il tempo era clemente, c’era la piazza, non ancora asfaltata… di macchine. Faceva da tutto: da cortile, da teatro, da aula di catechismo e perfino da chiesa, come il famoso prato di don Bosco; e, come ai suoi tempi, qualche pia donna si sentì disturbata dal chiasso inusitato di quella masnada di delinquenti in erba e si prese la briga di correre dietro a qualche screanzato monello, debitamente armata di scopa di saggina(Cfr. G. Manieri, Lungo il fiume. Scorci di vita salesiana in S. Marone di Civitanova Marche, pag. 16, Civitanova Marche 1989)

 

Il “focaraccio”, il grosso falò che si accendeva ma che si accende tuttora nella tarda serata del 9 dicembre di ogni anno, per illuminare il cammino degli Angeli che portano sulle proprie ali la Madonna di Loreto, veniva preparato proprio in piazza. Il focaraccio”, a San Marone, si faceva nella piazza, davanti al santuario, non ancora pavimentata né deturpata dal maxi parcheggio odierno. I giovani e la gente la riempivano per l’occasione; s’accendeva il grosso falò fatto di tutto ciò che i ragazzi dell’Oratorio erano riusciti a raccogliere nei giorni precedenti, usando anche i carrettini tipici sottratti di soppiatto a qualche inviperita pesciarola (Ibidem, pag. 127)..

 

Fino a circa vent’anni fa, la piazza, nonostante tutto, rimaneva il luogo di ritrovo per un gruppo di giovani dell’Oratorio. Si davano appuntamento in un angolo della stessa, per decidere poi dove andare. Nei tempi in cui non c’era ancora l’uso del telefonino, la comunicazione veniva affidata a bigliettini volanti che venivano appiccicati al palo della luce. Anche la piazza posta all’ingresso del Centro Pastorale Don Bosco, in zona Coop, era per ragazzi e giovani del quartiere, il luogo di ritrovo a sera tarda per decidere poi le mete da raggiungere nel corso della notte, soprattutto nei fine settimana. Ogni anno, la piazzetta San Marone diventava per la parrocchia il palcoscenico per la celebrazione della liturgia legata alla Domenica delle Palme, che ora si tiene nella nuova chiesa di Maria Ausiliatrice.

 

La piazzetta viene utilizzata qualche volta per la partenza della Processione del Corpus Domini, o per l’arrivo dell’urna di San Marone, quando al termine della Processione in mare e per le vie cittadine, la stessa viene ricollocata sotto l’altare del santuario. La festa di San Marone, compatrono di Civitanova Marche con San Gabriele dell’Addolorata e con Santa Maria Apparente,   cade ogni anno al diciotto d’agosto. In altre occasioni, la piazza ha visto l’arrivo dell’urna di San Gabriele dell’Addolorata (8- 11 Giugno 2006) e la conferenza dibattito con Bucci e Curreri nell’ambito della festa della Comunità (10 Giugno 2010).

 

Con la nuova chiesa di Maria Ausiliatrice, il santuario di San Marone ha perso la centralità che ha avuto per tanti anni. Alcuni negozi hanno chiuso. Rimangono: il bar Migliorelli, un negozio di generi alimentari (La casa del formaggio), la macelleria, un negozio di merceria, di erboristeria, una barbieria che ha sostituito quella del compianto Claudio Sarachini, il negozio di fiori, l’Angolo Fiorito, un laboratorio di cucito, altri negozi che si affacciano sulla Statale Adriatica e l’Ufficio Postale. Prima, in qualsiasi ora del giorno, se ci si trovava a passare per la piazzetta, si incontrava sempre tanta gente. Ora, soprattutto quando è sera, regna il silenzio più assordante, rotto solo dal rumore di chi esce o entra con la propria macchina nel parcheggio sempre saturo. Chi lavora negli uffici, negli studi di professionisti associati nel palazzo Migliorelli, nelle banche, nei negozi del vicino centro commerciale e residenziale Civitanova Duemila, trova comodo lasciare la macchina nel parcheggio. Quello vicino, anche grande, dedicato a San Domenico Savio, oltre la via Checchetti, già fin dalle nove del mattino è sempre pieno di macchine.

 

Claudio Sarachini, il barbiere di San Marone

Bottega, negozio, salone, definita in modi diversi a seconda delle varietà regionali, è la barbieria, il regno del barbiere, l’addetto al taglio dei capelli e alla rasatura della barba. Claudio Sarachini, classe 1943, è stato per antonomasia il barbiere di San Marone. Claudio ha esercitato l’attività di barbiere dal 1971 fino alla sua chiusura avvenuta circa dieci anni fa. Prima aveva il salone sotto la galleria del palazzo meglio conosciuto come “Palazzo Migliorelli” per l’omonimo caffè. Successivamente, nel 72/ 73 si trasferiva in un salone più ampio, là dove è rimasto fino alla cessata attività, in un punto centrale della piazza San Marone, sotto il porticato.

Bastava affacciarsi o incollare il volto ai vetri dell’ampia finestra, che si aveva una vista a cento ottanta gradi dell’intera piazza. Era stata proprio la posizione strategica della bottega a renderlo testimone involontario di un pestaggio di cui fu vittima una donna ad opera di altre due donne: mamma e figlia. Era il giorno di Carnevale di tanti anni fa. Claudio era affacciato alla finestra e vide una donna a terra che veniva picchiata in modo brutale con bastoni. Erano colpi sferrati con una inaudita violenza. All’inizio, complice la giornata, era Carnevale, pensava che l’episodio fosse legato al solito scherzo di Carnevale. Ma non era così. Improvvisamente la donna a terra si mise ad urlare e a chiedere aiuto. Claudio non poté non intervenire alle richieste di aiuto. Si chinò sulla donna, mentre le altre due scappavano sul retro della chiesa e prestava i primi soccorsi, medicando con alcol etilico le ferite alle ginocchia riportate dalla malcapitata.

Pensava che la cosa fosse finita lì. Invece no. Su denuncia della donna, venne chiamato a testimoniare davanti al giudice. Nel frattempo un funzionario del tribunale effettuava un sopralluogo per rendersi conto di persona sulla ubicazione della barbieria ed il luogo del pestaggio. Il punto di osservazione permetteva di tenere sotto controllo l’intera piazza, in questo modo, il barbiere venne chiamato in tribunale per testimoniare quello che aveva visto. Per più di quaranta anni Claudio ha tagliato barba e capelli. La clientela era varia: ragazzi, giovani, adulti, anziani. Era affezionato al suo lavoro ed al suo salone, tappezzato da due diplomi rilasciati dall’ANAM (Associazione Nazionale Acconciature Maschili).

Stare con la gente lo rendeva sereno, allegro e sempre giovane. Pochi lo sanno, ma Claudio Sarachini ha seguito per anni l’Opera Salesiana di San Marone ed in periodi storici diversi. Ha fatto parte del PGS (Polisportiva Giovanile Salesiana), ideata da don Erasmo, è stato amico di don Alvaro e don Giorgio. Era il barbiere dei Salesiani. Era don Alvaro che prenotava il taglio dei capelli anche per don Giorgio. Questi si alterava un po’ perché don Alvaro decideva per lui. Non aveva poi una grande zazzera ed era restio di privarsi di quei pochi capelli che aveva.

Claudio tagliava barba e capelli su prenotazione, poco prima di lasciare l’attività, ma non era così una volta, quando i ritmi di vita erano più blandi. Il salone era anche il luogo per incontrare altra gente. I clienti si conoscevano e si fermavano a parlare tra loro. Al termine del taglio dei capelli venivano omaggiati con il dono di piccoli calendarietti di contenuto diverso. Ai più piccoli venivano dati quelli delle squadre di calcio e dei giocatori, agli uomini amanti della lirica venivano regalati quelli con le immagini delle diverse opere teatrali. I clienti meno timidi potevano scegliere tra “Le schiave dell’harem”, ”Lady Godiva”, “La donna nell’arte”, “Bagni di mare”. Il calendarietto, profumato di lavanda, era tenuto insieme da un cordoncino e custodito in una busta leggera che ne nascondeva la copertina scollacciata. Il regalo era ben accetto e veniva riposto con cura nel taschino della giacca o messo nel portafoglio, dove però qualche volta rimaneva per poco tempo. Se la moglie giudicava troppo scandalosa l’immagine della donnina fotografata, il risultato era che veniva fatto subito in quattro pezzi. Costumi e tempi ormai lontani da noi anni luce. C’è da dire comunque che i “Calendarietti dei barbieri”, assai diffusi fin dagli ultimi decenni dell’800, risultavano assai graditi ed hanno avuto il merito di accendere, lungo tutti questi anni, le fantasie ed i sogni di milioni di persone. Avevano una grafica accattivante e bei colori. Andarono in disuso verso la fine degli anni ottanta del secolo scorso.

Claudio Sarachini ci ha lasciati nel 2020. Ho aggiornato quanto avevo scritto una decina d’anni fa. Mi è sembrato giusto farlo anche per onorare la sua memoria. Negli ultimi anni è stato aperto un nuovo salone di barbieria, nei locali a piano terra del palazzo Migliorelli, “Barberia Wale”.

 

Il Bar Migliorelli.

 

Non c’è a Civitanova Marche un’altra chiesa, all’infuori di quella di San Marone, che può vantare di avere una piazza con annessi galleria e bar. Correva l’anno 1970, era la vigilia di Natale. Silvano ed Adriana inauguravano il Bar Migliorelli. Garbo e cortesia sono alla base di chi lo gestisce da sempre. Adriana e Silvano sono ancora sulla breccia. Il figlio Simone, nato nel ’72, è dagli anni novanta l’intestatario della licenza. Sono molto felici Adriana e Silvano perché Simone e consorte hanno regalato loro due splendidi nipotini: Eva e Luca, l’ultimo nato.

 

Gli esordi del bar sono stati accompagnati solo dall’entusiasmo. L’orario di lavoro, per Silvano, andava dalle 5,30 del mattino fino a mezzanotte inoltrata. Il bar, al pomeriggio, era il luogo di incontro di amici che amavano giocare a carte o parlare di sport, di politica, di fatti ed episodi che toccavano la cronaca locale. Alla domenica, dopo la messa delle 11,00, veniva raggiunto dal gruppo storico degli Exallievi don Bosco: Serragiotto, Giri, Vecchietti, Palombini, Quaglietti, Ripa Claudio e Valter, Squadroni Lido, Monachesi Gildo ed altri. La Società Sportiva dell’Oratorio l’aveva scelto come luogo abituale per incontrarsi e parlare di sport. I Salesiani, da don Germano a don Raffaele, don Erasmo, don Remo, don Vittorio, don Giorgio, don Alvaro, don Ilario ed il coadiutore Palo Zazurian, molto amico della famiglia Migliorelli, passavano spesso al bar. Adriana li ricorda tutti uno ad uno, mettendo assieme ricordi lieti ad altri meno lieti, soprattutto quelli legati alla loro dipartita.

 

Conosciutissima da tutti i Sanmaronesi era la verve simpatica di don Ilario Tofani. Una volta, accortosi che in chiesa, alcune donne stavano parlando tra loro, mentre lui stava celebrando la messa, le invitò, se volevano parlare, di recarsi presso il vicino bar Migliorelli dove avrebbero potuto farlo in tutta libertà, senza essere richiamate. Don Ilario, da buon toscano, era un sacerdote affabile e scherzoso. Un giorno era in compagnia di don Nicolino. Silvano, con in mano due bottiglie di vino, gli chiese se avesse preferito avere in regalo la bottiglia con il vino rosso o quella con il vino bianco. Senza scomporsi, don Ilario precisò che le prendeva volentieri tutte e due, meritandosi il richiamo di don Nicolino. In chiesa, quando qualcuno arrivava a messa iniziata, invitava i ritardatari a comprarsi un cencio di un orologio, dicendolo apertamente  nel corso della stessa celebrazione.

 

La piazza San Marone all’inizio del 1970 non era così come è ora. Il palazzo, quello dove insistono la galleria ed il bar Migliorelli, viene ultimato verso il 1965 e la pavimentazione della piazza è della seconda metà degli anni settanta del secolo scorso. Silvano, un po’ per curiosità, un po’ perché conosceva tante persone del quartiere, seguiva giorno dopo giorno i lavori, affacciandosi sovente sulla piazza. Un suo cruccio è di vederla oggi con il parcheggio delle macchine. Un silos interrato avrebbe risolto il problema dei parcheggi, lasciando la superficie della stessa libera ed abbellita con fontana al centro ed aiuole ai lati. Circa dieci gli anni vissuti da Silvano come dirigente della Vigor Salesiana ed il figlio Simone è stato anche un discreto giocatore di calcio nella stessa società.

 

Oggi, il Bar Migliorelli conta quattro addetti: Adriana, Simone, una commessa e Silvano che ha il compito di curare le pubbliche relazioni con gli avventori del locale. Il Bar offre la colazione al mattino ed un pranzo veloce a mezzogiorno. L’apertura del bar è sempre alle 5,30, ma la chiusura è alle 19,00, non come ai tempi eroici quando si chiudeva a mezzanotte. I clienti sono di fascia medio alta. Un tempo venivano molti dipendenti della vicina USL, quando gli uffici erano sull’altro palazzo (Squadroni) di piazza san Marone, in via De Amicis, sul fronte della Strada Statale. La vicina fabbrica Cecchetti portava poi tanti operai ma anche molte maestranze. Silvano ricorda tra i tanti il dott. Giuseppe Manni ed altri dirigenti della prestigiosa fabbrica metal meccanica.

 

La vicina rotatoria non ha portato nessun danno al bar. Gli avventori lo frequentano come prima. Solo la pandemia da Covid 19 ha causato qualche problema come per tutti. Stando nello stesso locale da quarantaquattro anni, Silvano ed Adriana hanno visto passare davanti ai propri occhi generazioni di Sanmaronesi ed hanno partecipato con tutti alla gioia di nuovi Battesimi, Comunioni, Cresime e Matrimoni. Qual è il segreto del loro successo sul lavoro? Cortesia, professionalità e gentilezza.

 

Raimondo GiustozziPiazzetta San Marone con il Santuario

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