La fisica del cambiamento climatico
Lawrence M. Krauss
Traduzione di Giuseppe Bozzi (è scritto solo nel retro copertina)
Scienza
Raffaello Cortina Milano
2022 (orig. 2021)
Pag. 204 euro 18
Valerio Calzolaio
Pianeta. Di questi tempi. Il fiume Mekong scorre per 4800 chilometri, è il maggiore del Sudest asiatico, il dodicesimo più lungo al mondo; il bacino copre una regione vasta come Francia e Germania insieme; in media è largo circa un chilometro e mezzo (perlopiù non navigabile lontano dal mare), chilometri nell’immenso delta; sul confine tra Laos e Cambogia c’è Khone Falls, la cascata più larga del mondo; il fiume contiene la più alta densità al mondo di pesci d’acqua dolce e le sue inondazioni nutrono le risaie con acqua e limo; oltre agli alti e bassi annuali il delta è sottoposto a una variazione giornaliera, il sistema delle maree è complicato da capire e da vivere. Ebbene, il cambiamento climatico, insieme alle altre attività umane della regione, rappresenta una tempesta perfetta che si avvicina al delta del Mekong (abitato oggi da almeno 60 milioni di sapiens, 14 dei quali dipendono dalla salute del fiume) e all’intero ecosistema fluviale. Ogni giorno va in scena la battaglia tra il flusso di uno dei fiumi più possenti della Terra e la marea montante del Mar cinese meridionale, ma la guerra è stata già persa. La più ricca regione di produzione di riso del mondo potrebbe essere sommersa da acque salate entro la fine del secolo. Le acque con tanti biodiversi pesci diventeranno salmastre fino a punti ben lontani dalla foce. E un’intera popolazione agricola perderà la propria fonte di sostentamento e molta della terra su cui vive. Anche se alcune caratteristiche dell’area sono peculiari, diverse altre regioni al mondo si trovano in simili condizioni di equilibrio precario tra forze ambientali opposte, dalle pianure del Bangladesh alle paludi della Florida, alla foce del Mississippi. Il cambiamento climatico si manifesta in migliaia di modi diversi in migliaia di luoghi diversi. Nessun luogo e nessun paese al mondo ne sono immuni. Un’educazione scientifica minima è indispensabile, ormai dalla minore età.
Il grande autorevole scienziato americano Lawrence Maxwell Krauss (New York, 1954), cresciuto e laureatosi in Canada, nel 1982 Ph.D al MIT (Massachusetts Institute of Technology), in pensione dal 2018 (anticipata anche per alcune condotte inappropriate e sessiste), dal gennaio 2020 è stato coinvolto in alcune lezioni scientifiche nel sud del Vietnam, su imbarcazioni in quel grande labirinto di fiumi, paludi e isole del delta del Mekong, con mercati galleggianti, pagode khmer e villaggi circondati da risaie. Il bel volume che ha tratto dall’esperienza non riguarda quella regione, cui dedica solo il primo e l’ultimo degli interessanti meticolosi dodici capitoli. L’obiettivo riuscito dell’autore è riassumere in modo chiaro e documentato, poche essenziali formule e molte efficaci illustrazioni (circa cento precise aggiornate colorate figure) le caratteristiche salienti (dovute soprattutto ad attività umane) degli attuali cambiamenti climatici globali. Epicuro in esergo (“Non c’è uomo che entri due volte nel medesimo fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, né lo stesso è l’uomo”) e Pasteur in conclusione: la fortuna aiuta le menti preparate. Krauss è un apprezzato fisico teorico (delle particelle) e astronomo cosmologo, valuta che la fisica del riscaldamento globale si basa su principi abbastanza elementari, alla cui “trasmissione” servono il gran numero di dati storici disponibili e alcune connessioni interdisciplinari (come il vertiginoso passaggio della popolazione da duecento milioni a otto miliardi negli ultimi duemila anni), da tempo condivise da tutti gli studiosi seri: l’era attuale non ha precedenti su un intervallo di quasi un milione di anni; livelli più elevati di CO2 nell’atmosfera sembrano correlati a epoche più calde; l’aumento contemporaneo è coinciso con l’inizio della moderna era industriale; la velocità e l’ampiezza dell’aumento sembrano corrispondere al consumo di combustibile fossile per le attività umane. Sarebbe auspicabile che gli avanzamenti tecnologici combinati con un agire razionale, non scevro di cortesia ed empatia, possano avere la meglio sugli antichi riflessi di xenofobia, avidità e violenza. In fondo, utili link e siti come “risorse per approfondimenti” e un ottimo indice analitico (purtroppo non sempre presente nei volumi della collana).
Recensione Migrazioni e diritto cosmopolitico
Migrazioni e diritto cosmopolitico. Sull’attualità della filosofia politica di Kant
Karoline Reinhardt
Edizione italiana a cura e con introduzione di Roberta Picardi
Traduzione di Lorenzo Mileti Nardo
Politica e Filosofia
Il Mulino Bologna
2022 (ed. orig. 2019)
Pag. 371 euro 34
Valerio Calzolaio
Mondo. Immanuel Kant (1724-1804). I movimenti migratori e gli obblighi verso gli stranieri sono stati da sempre temi della filosofia politica, anche prima di Kant (basti pensare a Platone, Agostino, D’Aquino, Moro, Campanella, Bacone, Hobbes, Locke, Rousseau), riguardando oltretutto i più disparati ambiti tematici e necessitando di ripercorrere in via preliminare una rassegna definitoria di termini in parte diversi come spostamento, migrazione e fuga. La discussione contemporanea (ultimi quaranta anni) riguarda sia la migrazione che la cittadinanza e trae origine dal dibattito sulla giustizia globale, rivelando almeno tre approcci differenti: il comunitarismo di Michael Walzer per esempio, il cosmopolitismo comunitario di Joseph Carens, il nazionalismo liberale di David Miller, tre autori fondamentali per la discussione odierna, di ambito sia anglofono che tedescofono. Tra queste correnti (comunque comparabili e intrecciate), la figura e le opinioni giuridico-morali di Kant assumono una collocazione “trasversale”, esprimibile anche come “disarmonia produttiva”. La sua teoria del diritto cosmopolitico si compose sia di una richiesta di ospitalità universale (e di omissione di atti di ostilità) che di un orientamento anticolonialista, concentrato più sui doveri di virtù degli Stati che sui diritti dei cittadini del mondo, quindi in “disarmonia” con tutte e tre le correnti citate. Kant ebbe, inoltre, una consapevolezza delle problematiche addirittura superiore e affrontò temi spesso oggi elusi, esprimendo in modo aperto un indirizzo acuto e complessivamente “produttivo”, anche per affrontare i dilemmi contemporanei sulle immigrazioni (riferiti o alla giustizia o all’aiuto).
La tesi di dottorato della giovane ricercatrice tedesca Karoline Reinhardt, oggi professoressa di Etica applicata nella facoltà di Filosofia dell’Università di Passau, ricevette nel 2018 autorevoli riconoscimenti come il Kant-Förderpreis della Kant-Stiftung di Friburgo e il Walter-Witzenmann-Preis dell’Accademia delle Scienze di Heidelberg. L’interessante pubblicazione risale all’estate dell’anno successivo. Giunge ora l’opportuna edizione italiana, efficacemente curata e introdotta dalla professoressa Roberta Picardi (Università del Molise), che sottolinea il giustificato rinnovato interesse per il diritto cosmopolitico. Kant comprende al suo interno il diritto di cittadini, gruppi, popoli e soprattutto degli Stati: i doveri associati non sono doveri positivi di assistenza ma solo doveri negativi o di omissione, ossia il dovere di omissione delle ostilità nei confronti dei nuovi arrivati, la cui obbligatorietà appare pur sempre incondizionata, non intaccabile da considerazioni empiriche. Reinhardt distribuisce la dotta argomentata trattazione in tre parti “diacroniche” (diciotto capitoli e innumerevoli paragrafi per facilitare l’esposizione e la lettura): il dibattito contemporaneo, le affinate storiche posizioni di Kant, una migliore rivisitazione del dibattitto alla luce di Kant. I titoli sono significativi: I, Confini chiusi – confini aperti, il dibattito sulla migrazione nella filosofia politica contemporanea; II, Il diritto cosmopolitico di Immanuel Kant nella Pace Perpetua e nella Dottrina del Diritto; III, Diritto cosmopolitico e migrazione. Rimarchevole il capitolo 16 sulla possibile asimmetria del diritto di emigrazione (che ogni Stato dovrebbe concedere ai propri cittadini, pur senza poter garantire loro l’immigrazione altrove) rispetto al diritto di immigrazione (che potrebbe non appartenere al singolo individuo sapiens, ma riguardare invece ogni singolo Stato come dovere perfetto e ineludibile). Ampi riferimenti bibliografici e buon indice dei nomi.
v.c.
Recensione Una tragedia ecologica del Settecento
Una tragedia ecologica del Settecento. Appennino toscano e sue vicende agrarie
Matteo Biffi Tolomei
Politica e storia
Libreria Editrice Fiorentina Firenze
2004
Valerio Calzolaio
2
Appennini. Non solo secoli fa. Il marchese fiorentino Matteo Biffi-Tolomei (1730-1802) scrisse oltre due secoli fa una cronaca veritiera e vivace sulla clamorosa devastazione ambientale e sull’orrendo scempio paesaggistico perpetrati alla fine del XVIII secolo ai danni degli Appennini tosco-emiliani, un episodio a suo modo “esemplare” che ci riporta a vari comportamenti correnti, alla contemporaneità. Si trattava di “nobili” posizioni di un nobile aristocratico, illuminista e colto nell’epoca delle riforme leopoldine (amministrative ed economiche), formatosi alla scuola fisiocratica, attento alla fondamentale funzione dell’agricoltura per sconfiggere sottoalimentazione e carestie, impegnato nella “buona” conduzione delle proprie stesse terre e possedimenti. La ventina di pagine del brevissimo documento fu pubblicata a Firenze nei primi anni dell’Ottocento ed era volta a denunciare le conseguenze probabili di una norma del 24 ottobre 1780 che accordava libertà di tagliare nella riserva dell’Appennino, da secoli protetta dalle leggi medicee. Coraggiosamente controcorrente su posizioni protezionistiche, il marchese si mise a difesa del patrimonio forestale, del “Bosco sacro” e degli usi civici connessi, decisivi per la sopravvivenza degli abitanti della montagna (ricchi e poveri), a favore del primato dei tempi lunghi e brevi del pubblico interesse rispetto all’insostenibile immediatezza degli interessi privati.
Appare curioso e interessante far emergere antichi sani dubbi e critiche sulla cattiva gestione delle risorse territoriali emersi molto prima della moderna corretta critica ecologista ai modi di produrre e consumare dissipativi e inquinanti, in particolare degli ultimi due secoli. Dopo la premessa dell’editore odierno e la lettura delle pagine originarie (con termini e maiuscole dell’epoca), con un breve saggio del 2004 (un’altra ventina di pagine) l’esperto del settore Fabio Clauser (già direttore delle Foreste Casentinesi e della foresta di Vallombrosa in Toscana, già vicedirettore generale presso il Ministero dell’agricoltura e foreste a Roma, in pensione dal 1984) inquadra il documento antico nella storia generale dei problemi della silvicoltura toscana. I commenti e le chiose evidenziano un materiale di “sconvolgente attualità”, nazionale e globale, in merito ai sempreverdi “guasti ambientali di una politica forestale liberista”, devastazioni riconducibili alla duratura forte domanda di terre coltivabili e a un’estrema eccessiva libertà di sfruttamento. In fondo si trova un’articolata nota storico-biografica su Biffi-Tolomei: l’autore marchese fiorentino, dopo l’occupazione francese nel nuovo Regno d’Etruria, fu nominato senatore e morì nel 1802.
v.c.
Foreste
https://www.
Recensione A proposito di donne e uomini
A proposito di donne e uomini. Il sesso, la famiglia, la società
David Herbert Lawrence
Cura e breve postfazione di Fabio Norcini
Traduzioni di Laura Giorgi, Livia Cellentani, Priscilla Gaetani
Saggi
Lorenzo de’ Medici Firenze
2022 (orig. 1930)
Pag. 143 euro 12
Valerio Calzolaio
Gran Bretagna ed Europa. All’inizio del Novecento. Il grande scrittore, poeta, drammaturgo e pittore David Herbert Lawrence (1885-1930), notevole affermato innovatore e buon indagatore dell’animo umano, elaborò e pubblicò molto “A proposito di donne e uomini”. Raccolse in volume (con l’insipido titolo “articoli assortiti”) già nel febbraio 1930 (poco prima di morire) interventi ed elzeviri destinati a quotidiani e riviste (finora inediti in Italia), evidenziando l’ipocrisia del decadente imperialismo inglese. Si tratta di una ventina di pezzi, talora più lunghi (come “Donne galletto e uomini gallina”) fino al conclusivo “Abbozzo di autobiografia” dove il famoso DHL si racconta come “… un ragazzo povero… nato tra le classi operaie e cresciuto in mezzo a loro… delicato e pallido moccioso dal naso gocciolante…Non posso passare dalla mia alla classe media… rinunciare alla parte di me più passionale e all’antica affinità di sangue con i miei compagni e gli animali e la terra…”.
v.c.
Recensione Come mio fratello
Come mio fratello
Uwe Timm
Romanzo
Sellerio Palermo (prima ed. it. Mondadori 2005)
2023 (orig. Am Beispiel meines Bruders, 2003)
Traduzione di Margherita Carbonaro (entrambe le edizioni, alcune modifiche qui)
Pag. 218 euro 14
Valerio Calzolaio
Germania. Settembre 1943. Il piccolo Uwe entra in cucina dove sono padre, madre e sorella, gira gli occhi verso l’armadio bianco per le scope, da lì spuntano capelli biondi e d’improvviso viene meravigliosamente sollevato in aria da braccia possenti in uniforme, è il fratello Karl-Heinz, più grande di sedici anni. Uno dei primi ricordi della vita, uno degli ultimi del 19enne fratello, che poco dopo si arruola per combattere nelle Waffen-SS e muore nell’ottobre 1943 durante l’invasione nazista dell’Ucraina. Il grande scrittore tedesco Uwe Timm (Amburgo, 1940) scrisse una ventina d’anni fa (dopo la morte dei genitori) lo splendido racconto autobiografico “Come mio fratello”: emozioni personali e brandelli di vita sotto il nazismo, ma anche carte ufficiali, le lettere dal fronte, il breve diario complicato da decifrare. Si macchiò il fratello di atrocità su civili ed ebrei in Ucraina? Come nell’adolescenza l’autore fu educato alla memoria, al rimprovero, alla vergogna, all’espiazione?
v.c.
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