
Marco Malvaldi (Photo by Rosdiana Ciaravolo/Getty Images)
di Valerio Calzolaio
Recensione Chi si ferma è perduto
Chi si ferma è perduto
Marco Malvaldi e Samantha Bruzzone
Noir (umoristico)
Sellerio Palermo
2022
Pag. 346 euro 15
Valerio Calzolaio
Ponte San Giacomo, Pisa. Un’intensa settimana, di recente. La 45enne Serena Martini ora non viene retribuita per il lavoro che fa, ha due figli in piena dipendente età scolastica, da accudire nutrire accompagnare, Pietro (quasi tredici anni, studia violoncello) e Martino (dieci, si allena con lo judo), e il pur ottimo marito (da più di venti anni) Virgilio insegna all’Università, ordinario di Intelligenza Artificiale a Informatica. Si era laureata e aveva un po’ lavorato in quanto bravissima esperta di chimica sopramolecolare dei metalli (inorganica), aveva da sempre uno straordinario olfatto (organico) ancor più evidente da quando era divenuta sommelier (talora con collaborazioni retribuite in ristoranti), continua a domandarsi se cercare o accettare lavori a tempo pieno. Quella domenica mattina scopre per caso un cadavere. Durante la tradizionale camminata con le amiche Giulia e Debora le sono cadute le chiavi ed è rimasta fuori casa (i congiunti sono sulla spiaggia a giocare con il drone), torna sullo stradone del percorso, deve fare pipì, s’inoltra appena nel boschetto, vede il corpo senza più vita e sente almeno due odori (da polvere da sparo e da acidemia isovalerica), farà tardi al pranzo dalla suocera (ex sua arcigna docente di matematica del liceo). Qualcuno ha sparato al 54enne Luigi Caroselli, professore pro tempore di musica presso la scuola privata Della Casa di Procura Missionaria, solitario appartato e senza familiari, ecologista cacciatore, colto apprezzato clavicembalista e insegnante, abbastanza rompicoglioni a detta di molti. La scuola dell’obbligo è l’unica del posto, la discutibile gestione è delle suore, ci vanno tutti in paese, compresi i figli di Serena e delle sue amiche. La sovrintendente Ana Corinna Stelea indaga con buon piglio e rigore giuridico, è alta un metro e novantuno, capelli biondi e occhi grigi orlati di verde, bellissima e intelligente, non sposata né fidanzata, senza figli. Serena e Corinna s’intenderanno, dopo qualche sana diffidenza.
La chimica scrittrice Samantha Bruzzone (Genova, 1974) e il chimico scrittore Marco Malvaldi (Pisa, 1974) sono incidentalmente sposati da una ventina d’anni, da sempre appassionati di gialli per deformazione professionale. Nel loro primo bel romanzo a quattro mani fanno di continuo riferimento alle differenze fra fiction e no fiction, fra letteratura o cinema e realtà, scherzano. Malvaldi è divenuto un apprezzato originale vendutissimo giallista dal 2007 con l’inizio della celebrata divertente serie del BarLume. Nel 2011 iniziò a intervallare le avventure matematiche dei vecchietti di Pineta con altri romanzi di genere e con saggi di natura scientifica. Le divagazioni sono via via divenute prevalenti, per il gusto nostro e di lettori curiosi che cercano intrattenimento e divulgazione. Il giallo (umoristico) di coppia non è una divagazione. La moglie era sempre ringraziata dal marito per il contributo preventivo alle stesure dei testi, così questa volta la narrazione è in prima persona al femminile su Serena, intervallando ogni tanto un capitolo in terza su Corinna, con l’obiettivo (abbastanza riuscito) della “fusione di un punto di vista maschile e uno femminile”. Le acrobatiche digressioni sul lato comico o paradossale o assurdo o triste della vita sono continue e simpatiche e ruotano intorno all’indiscutibile fatto che “non sempre i genitori sono in grado di parlare con i figli”, fatto salvo che l’intreccio resta giallo e il dipanarsi della vicenda un’indagine su un crimine per scoprirne il o la colpevole (il o la?). Le pillole scientifiche sono salutari e benvenute (talora condite di polemiche contemporanee), si rintracciano anche qualche ricetta di pasticceria e spiegazioni sulla conservazione in frigo. Il paesino è minuscolo e inventato, il contesto quello pisano di San Giuliano Terme. Alla cena finale degustano Vorberg 2019 (Pinot bianco) per la pasta alla bottarga e San Leonardo 2016 (Merlot) per il pecorino al forno, poi rum. Molto gettonato Fabrizio De André.
v.c.
Recensione Il campione e la bambina
Il campione e la bambina. Storia di GINO BARTALI, postino segreto al tempo della Shoah
Paolo Mirti
Romanzo storico (per ragazzi)
Illustrazioni di Fabio Sardo
Raffaello, Monte San Vito (Ancona)
2022
Pag. 192 euro 9,50
Valerio Calzolaio
Firenze e Assisi. Estate 1943 – estate 1944. Lea Vercelli è una 13enne nata a Padova in una benestante famiglia ebrea. Il padre Elia fu uno dei tanti docenti universitari colpiti dal decreto fascista di espulsione degli insegnanti di “razza ebraica” dalle scuole pubbliche italiane, insegnava chimica fotografica (i raggi ultravioletti), ha risparmi, riesce a cavarsela. Vorrebbe comunque portare la moglie Giulia e le figlie (l’altra è Natalia, 8 anni) in vacanza a Porretta Terme sull’Appenino (in Valsugana, dov’erano andati tutti gli anni precedenti, sembra troppo pericoloso). Anche alle ragazzine era stato vietato di entrare a scuola, il padre si è occupato della loro istruzione insieme alla comunità ebraica, vivono ancora a Padova, tristi e quasi rassegnati al peggio. Riescono a partire per la montagna solo a settembre e, con la svolta dell’8, iniziano a nascondersi lassù. Sentono parlare del podestà caritatevole di Assisi, la città di San Francesco luogo santo per la cristianità, forse qualcuno potrebbe nasconderli dai rastrellamenti e quel patrimonio essere preservato dai bombardamenti. Ci provano, vi arrivano già a ottobre. Nel frattempo, il mitico pio conosciutissimo ciclista Gino Bartali, cristiano cattolico praticante, scalatore immenso e vincitore pure del Tour de France nel 1938, sposatosi co Adriana nel 1940 e padre di Andrea dall’anno dopo, sta iniziando a realizzare quanto chiestogli dal cardinale arcivescovo di Firenze: inforcare spesso la bici da solo, pedalare fino ad Assisi per prendere i fogli coi nomi scritti dei profughi ebrei in vario modo lì nascosti con falso nome, tornare in curia per far stampare i documenti falsi, riportarli prima possibile ai profughi per garantirli contro i continui controlli fascisti e nazisti e salvarli così dalla deportazione. Pare facile. Non lo fu, l’80enne Lea ancora ringrazia Bartali.
Il giornalista pubblicista e apprezzato dirigente comunale (nelle Marche) Paolo Mirti (Foligno, 1961) racconta in terza persona al passato, con tatto e precisione, la biografia del campione Gino Ginettaccio Bartali (Ponte a Ema, 18 luglio 1914 – Firenze, 5 maggio 2000), con particolare attenzione al periodo in cui non si allenava tanto come veniva, ma percorreva in bici i centottanta chilometri da Firenze ad Assisi proprio come postino segreto degli ebrei, contrabbandiere di documenti, corriere degli illegali. Fa riferimento a reali personalità, amici, parenti, militari e a veri episodi, trucchi, inciampi, drammi. La storia ben documentata diventa romanzo per ragazzi (godibile per tutti, ad alta leggibilità), con illustrazioni in bianco e nero, grazie alla verosimile toccante vicenda di una famiglia descritta in prima persona al presente dalla ragazzina Lea, con tutte le disavventure e gli impicci del caso. I capitoli con al centro lui e lei, il campione e la bambina (da cui il titolo) si alternano, i due non si frequentano ma, nell’ultimo, “per non dimenticare” troviamo Lea vecchia, sposata con figli, che ha sempre seguito “con affetto e riconoscenza” l’esistenza di Bartali e ha continuato a visitare Assisi tutti gli anni dopo essere tornata a Padova. L’autore ha vissuto per molto tempo ad Assisi (scrivendone anche una guida), lo zio era don Aldo Brunacci, uno dei componenti del Comitato Clandestino che tra il 1943 e il 1944 salvò davvero centinaia di ebrei rifugiati in città, vicenda ascoltata in famiglia, spunto decisivo per la narrazione (compreso un racconto teatrale), efficace sobria istruttiva. Il giovane canonico della Cattedrale di San Rufino don Aldo appare a fine settembre del 1943, preso in disparte dal vescovo Nicolini per tradurre localmente le disposizioni ricevute dalla Segreteria di papa Pio XII. Sarà lui il tramite fra tanti nuclei, compreso subito quello di Lea, e l’arcivescovato di Firenze che aveva messo a rischiosa disposizione sia il grande Bartali in bici che la tipografia di un comunista suo amico. Così (pure) andò il mondo.
v.c.
Recensione La mia Rai
La mia Rai
Vito Molinari
Spettacolo, Televisione
Gammarò Edizioni, Oltre Sestri Levante
2022
Valerio Calzolaio
3
Milano e Roma, 1953-2020. Vito Molinari è il regista che ha diretto la prima trasmissione ufficiale della televisione italiana, alle 11 del 3 gennaio del 1954, presso il centro di Produzione di Milano, bianco e nero ovviamente. Era il più giovane di un gruppo di giovani teatranti scelti dal direttore Sergio Pugliese (dirigente Rai e prima ancora Eiar, letterato proveniente dalla radio) per previlegiare la parte visiva rispetto all’audio. Qui e ora Molinari (Sestri Levante, 6 novembre 1929) ripercorre la propria vita e tutte le “trasmissioni” che ha seguito nei decenni di onorata carriera. Scrive Aldo Grasso nella prefazione: “Quando nasce in Italia, la televisione è in mano a una élite, prima di stampo liberale e poi cattolico… rispecchia lo spirito di una borghesia medio-alta e si rivolge a quella stessa borghesia, la sola in grado di acquistare il costoso apparecchio… inoltrarsi nelle pagine di Molinari è come partecipare dal vivo a quell’atmosfera, a quella scoperta, quell’incanto…”. L’autore è stato via via regista di programmi e riviste, di varietà e serie, di festival (come Sanremo) e commedie, di dibattiti e quiz: l’elenco è lunghissimo, oltre duemila produzioni, di tutto e di più. Ha frequentato e diretto gran parte delle famose personalità della televisione pubblica, i volti noti a ciascuno di noi; si è adattato a gelosie e tempeste (come la censura a Dario Fo e Franca Rame, Canzonissima del novembre 1962); è stato coinvolto in storie e aneddoti personali, metabolizzandoli senza sciatteria e pruderie; ha contribuito all’intera evoluzione del mezzo, dalle fasi pioneristiche alle invenzioni contemporanee. Adesso segue le immagini con nipoti e pronipoti, l’incipit del suo testo è presentato come “antefatto postumo”, il 15 ottobre 2017 sul divano con la 14enne Maria davanti allo schermo per vedere Teche, teche, tè, la riproposta delle vecchie trasmissioni della sua “Paleo-televisione”, la ragazzina davvero divertita e soddisfatta.
Il volume si apre con gli “antefatti” personali che consentono di conoscere i principali aspetti biografici di Vito Molinari (Genova, il teatro, la moglie cui il volume è dedicato e così via) e poi ripercorre anno per anno, dal 1953 ai duemila le principali trasmissioni della Rai, il prima e il dopo, gli incontri e le dinamiche, molte pagine corredate di piccole foto tessera d’epoca dei protagonisti. Ritroviamo subito la grande Milanon (appena trasferitovisi) e la tv sperimentale (senza maestri) del primo dopoguerra, la sacralità dell’annunciatrice e le immediate riprese esterne di dieci messe, sempre intervallando cronache professionali e vicende personali, come il matrimonio del 24 febbraio 1954 nella chiesa di Albaro con l’amata Hilda Toselli (scomparsa dopo lunga e dolorosa malattia a inizio 1994) e il viaggio di nozze per conoscere meglio l’Italia con una cinquecento prestata, dalla Liguria ad Assisi. Curatore del libro è lo stesso direttore del marchio editoriale, Vincenzo Gueglio, che ha pubblicato negli anni scorsi altri testi dell’autore su singole trasmissioni o figure storiche. In questo volume la rassegna è, invece, organica e completa, scopriamo tanti retroscena e curiosità su quanto abbiamo visto in tv quasi ogni sera, con una trattazione meticolosa e frizzante per ognuno dei circa cinquanta anni e, poi, con un lungo capitolo finale riassuntivo del ventennio 2000-2020, nel quale si moltiplicano pure premi e collaborazioni esterne per Molinari.
v.c.
Televisione di Stato
https://it.wikipedia.org/wiki/
Recensione Delitti di lago 6
Delitti di lago 6. Antologia di racconti gialli
A cura di Ambretta Sampietro
Racconti
Morellini Milano
2022
Pag. 446 euro 19,90
(i diritti d’autore vengono donati all’associazione La Gemma Rara di Varese)
Valerio Calzolaio
Laghi italiani e stranieri, in vari tempi storici (molto ora). La sesta antologia intitolata ai “Delitti di lago” raccoglie ventuno racconti di storie oscure (gialle e noir) avvenute sulle sponde o sulle acque di laghi, molti italiani (soprattutto alpini) e questa volta anche non italiani (quelli svizzero di Lugano, sloveno di Bled, boliviano di Titicaca). Gli otto autori e le tredici autrici sono di varie origine, biografia e attuale residenza: Francesca Battistella, Angela Borghi, Mercedes Bresso, Catalano, Emilia Covini, Federica Cunego, Patrizia Fanchini Pasteris, Fossati, Galimberti, Erica Gibogini, Landini, Manuela Lozza, Maimone, Chicca Maralfa, Fiammetta Murino Rossi, Pizzi, Roic, Sabatini, Paola Varalli, Laura Veroni, Sibyl von der Schulenburg; accomunati dalla cura per la scrittura (in prima e terza persona, più al passato che al presente) e dalla curiosità per la vita (movimentata) di lago. I diritti d’autore sono devoluti a un’associazione che si occupa di malattie rare.
v.c.
Recensione Le pene e il carcere
Le pene e il carcere
Stefano Anastasia
Criminologia
Mondadori Milano
2022
Pag. 198 euro 15
Valerio Calzolaio
L’Italia della Costituzione repubblicana. I vocabolari della lingua italiana attribuiscono alla parola pena un duplice significato: l’esperienza umana della sofferenza, la sanzione corrispondente a una violazione normativa. Il divieto dei trattamenti contrari al senso di umanità, presente con varianti lessicali in ogni livello normativo del nostro universo giuridico, deriva dalla tradizione dell’illuminismo giuridico italiano e dal relativo rifiuto di metter di più del necessario nel patto che legittima il diritto di punire. Il carcere è, in sostanza, la pena detentiva del tempo perso, cui talora concretamente si associano comportamenti e sofferenze incostituzionali (l’articolo 27). L’ottimo competente sociologo del diritto e criminologo Stefano Anastasia (Roma, 1965), garante laziale delle persone private della libertà, nei dieci chiari succosi capitoli del breve saggio “Le pene e il carcere”, fa il punto sul sistema penitenziario nazionale, con definizioni, interpretazioni, dati.
v.c.
Recensione Steampeople
Steampeople. Scienza e Arte per una nuova visione formativa
Andrea Capozucca
Scienza
Termanini Genova
2022
Pag. 289 euro 18
Valerio Calzolaio
Scienza e arte della complessità. Da millenni e in futuro. Lo STEAM è un approccio multidisciplinare: Science, Technology, Engineering, Arts & Mathematics. “Steampeople” è un nuovo bel volume dedicato ai vari che in parte già lo praticano, molti implicitamente e pochi esplicitamente, o che se ne incuriosiranno o ne faranno esperienza, scientificamente e culturalmente. Parte dalla musica, da un “Giro di Do” per chitarra, strumento suonato con una band di amici e presto coltivato anche attraverso un’attrazione particolare per tutto ciò che era numero, figura, forma, struttura e pensiero: il connubio fra arte e scienza è così divenuto motivo di vita, individuale e comunitaria. Lo ha scritto il matematico Andrea Capozucca (Macerata, 1974). Oggi STEAM è un cantiere aperto, che sta richiedendo un profondo e attento lavoro collettivo di studio, ricerca e sperimentazione, qui presentato come una “ricetta” illustrata da grande chef, in appendice tre stimolanti assaggi di relativi “piatti”.
v.c.
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