bacheca social

FAI UNA DONAZIONE





Sostieni questo progetto


A tutti i nostri lettori

A tutti i nostri lettori . Andremo dritti al punto: vogliamo chiederti di proteggere l’indipendenza dello Specchio Magazine. Se tu e tutti coloro che stanno leggendo questo avviso donaste un caffè, potremmo permetterci di far crescere l’Associazione lo Specchio e le sue attività sul territorio. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è il prezzo di una colazione o di una rivista nazionale. Questa è la maniera più democratica di finanziarci. Con il tuo aiuto, non negheremo mai l’accesso a nessuno. Grazie.
ottobre 2022
L M M G V S D
« Set   Nov »
 12
3456789
10111213141516
17181920212223
24252627282930
31  

“L’amicizia non è vedersi tutti i giorni, ma volersi bene in ogni momento con la certezza di esserci sempre”.

IMG_20221023_165716di Raimondo Giustozzi

Il titolo dell’articolo è lo stesso del messaggio riportato sulla bomboniera regalata a tutti gli invitati che si sono ritrovati all’agriturismo “I Valeriani”, domenica 23 ottobre 2022, per trascorrere un felice momento conviviale dopo cinque anni di attesa, causa la pandemia da Coronavirus. Grazia ed eleganza nel far bene anche un gesto minimo sono propri di Mirella Cavalieri e di suo marito ai quali va il merito di aver organizzato fin nei minimi dettagli la giornata di svago dopo le ristrettezze patite. Quaranta i presenti all’incontro, dopo cinque anni trascorsi dall’ultimo appuntamento. I festeggiati erano i coscritti del 1947 ai quali si sono aggiunte altre tre classi d’età.

Per chi scrive, l’ultimo appuntamento a questa simpatica iniziativa, risale a dieci anni fa. Era il duemila dodici, ero appena andato in pensione nel mese di settembre dello stesso anno. Mi aveva invitato l’amico Sandro Monachesi. Questa volta mi ha contattato direttamente la sig.ra Mirella Cavalieri e non potevo dire di no. Ero stato costretto a dire di no all’invito della stessa cinque anni fa per la nascita della mia ultima nipotina. Questa volta, cascasse il mondo ma dovevo andare.

Per me poi era l’occasione per ritornare alle mie radici. Sì perché, anche se solo per un anno, ma sono vissuto a San Claudio; era il mille novecento sessantadue. Al mattino andavo alla scuola del maestro Nazzareno Sardellini, al pomeriggio frequentavo il locale oratorio della parrocchia. Don Gino Bernasconi era l’anima di tutte le iniziative. Abitavo dagli zii e ritornavo a casa sabato pomeriggio. Nel tardo pomeriggio di domenica ritornavo a San Claudio. Ricordo una fantastica recita, San Tarcisio, testo scritto da don Mario Scoponi. Quando insegnavo alla Scuola Media di Verano Brianza, utilizzai il testo per una recita della classe terza.

Domenica 23 ottobre, dopo la messa delle 10,30, celebrata da don Gianni Dichiara, avevo del tempo e sono salito alla chiesa superiore dove ho incontrato il sig. Mimmo Antognozzi, l’infaticabile collaboratore di don Giovanni Carnevale, lo studioso salesiano che ha riportato, con le sue ricerche storiche, Aquisgrana nella valle del Chienti. Uscito dalla chiesa mi sono affacciato dal balcone, dove conversavo con Claudio Menghi, un altro ex ragazzo, oggi diversamente giovane che ha sposato appieno la teoria di Aquisgrana trafugata. Sì, proprio da quella balaustra, dove mi appoggiavo, era nato il Capitolare de villis, stando a quanto scriveva in uno dei suoi libri don Giovanni Carnevale. Solo il paesaggio che avevo davanti a me, spoglio di alberi, non poteva essere quello esistente al tempo del regno dei Franchi.

Terminata la sosta a San Claudio, c’era da andare all’agriturismo “I Valeriani” che non sapevo dove fosse. Per questo, lasciata la macchina al parcheggio, ho chiesto un passaggio a Nazzareno Martinelli, mio cugino, figlio di zia Lisa Giustozzi, sorella di mio papa, nata nella stessa casa, situata in collina, all’altezza del passaggio a livello della ferrovia Civitanova Marche – Macerata. La casa c’è ancora, chiusa da circa sessant’anni. L’ultima famiglia che vi ha abitato è quella dei Monachesi. Sandro Monachesi e consorte erano della comitiva. La macchina, percorsa la stradina perpendicolare alla chiesa, svolta sulla destra, costeggia un grande fossato dove scorre acqua che serve per irrigare il terreno circostante. Pan di zucchero, cicoria, finocchi, radicchio, insalata, rape, sono le grandi colture orticole che si vedono a destra e a sinistra della strada. La macchina è costretta ad andare piano perché la careggiata è molto stretta. Gli occhi si posano su ciò che vedono. Sì, il paesaggio ritorna, anche se non ci sono più alberi e filari di viti, le arbolate di tanti anni fa.

All’altezza di due grandi case coloniche, che ospitavano un tempo “li contadì grossi”, li chiama così nei sui libri il grande Claudio Principi, cantore come pochi altri di Corridonia e del suo territorio, si arriva ad un incrocio. Andando diritti, si va verso la stazione di Corridonia; a destra, la strada, attraversato il passaggio a livello della ferrovia Civitanova Marche – Macerata, sale ma di brutto. La pendenza è considerevole ma giunti quasi a metà della strada, che al suo termine incrocia la provinciale per Macerata – Morrovalle, si arriva a destinazione. L’agriturismo, due grandi case coloniche, riadattate al nuovo uso, ci accoglie con un grande parcheggio.

Li contadì” grossi erano quelle famiglie che ospitavano sotto lo stesso tetto più nuclei familiari. La medesima cosa avveniva nella Brianza contadina. Nella stessa casa colonica potevano vivere anche quaranta, cinquanta persone. I figli, numerosi, che si sposavano, rimanevano nella stessa casa dei genitori. Se ogni famiglia aveva dai tre ai quattro figli, era facile arrivare a numeri considerevoli. La struttura della famiglia patriarcale, con il vergaro o la vergara in testa, il regiù e la regiura della cascina brianzola, era funzionale al lavoro agricolo quasi del tutto manuale. Tutto cambia da noi attorno agli anni settanta del secolo scorso. I figli che si sposavano sceglievano un altro mestiere e andavano ad abitare da soli. Nella casa colonica rimanevano solo i vecchi finché hanno potuto. In Brianza la trasformazione avviene fin dai primi anni del dopo guerra.

L’arrivo degli invitati presso l’agriturismo “I Valeriani” in Contrada Valle n° 5, Macerata, avviene in maniera graduale, anche perché alcuni provengono direttamente da casa, senza passare dalla chiesa di San Claudio. Il tempo comunque di mettere le gambe sotto un tavolo arriva per tutti ed il pranzo ha inizio. Antipasto classico con diversità di sottaceti, salame, prosciutto, formaggio, due primi piatti con gnocchi e tagliatelle, arrosto misto con agnello, salsicce, spiedini, costine di maiale, tagliata,  frittura con patatine, olive ascolane, crema fritta, vino bianco e rosso dei colli maceratesi, acqua naturale e frizzante hanno messo tutti a tacere, tutto era abbondante e buono.

Rotto il momento iniziale, anche perché molti non si conoscevano, il momento conviviale cresceva di tono. Tutti avevano da raccontare qualcosa. Alcuni si lanciavano a considerazioni di carattere politico, offrendo analisi anche giuste sul momento storico che stiamo vivendo con il nuovo governo alle prese del tutto nuove: crisi energetica, guerra in Ucraina e altro ancora. C’era chi aveva con sé la foto con la maestra e gli alunni di quarta e quinta della Scuola Elementare “Franceschetti”, vicina al mulino omonimo dei fratelli Claudio e Annibale, lungo la carrareccia. Tempi lontani anni luce ma resi belli dal ricordo.

Di tanto in tanto fioccano anche i racconti legati alla vita sociale. C’è chi ricorda il parroco don Gino Bernasconi che allungava a volte qualche scapaccione al bambino che non sapeva bene la dottrina e il padre del ragazzo, risentito, protestava dicendogli, in modo sarcastico e al contempo ironico: “Falli li figli, poi puoi anche menargli, ma non a quelli degli altri ma a li tua”. Marino invece, padre di famiglia, aveva sorpreso un giorno una coppia che si era appartata in un luogo nascosto, lontano da occhi indiscreti per vivere dei momenti di intimità. Insomma si erano “infrattati” per pomiciare un po’. Il ragazzo sorpreso non si perde d’animo: “Sa, la mia ragazza si è sentita male”. Marino di rimando: “Se si sente male, perché gli stai sopra, la soffochi no”.

Il tempo è volato via in un battibaleno. Il vino, se bevuto con moderazione, è un ottimo compagno per mettere in corpo allegria e voglia di raccontare. Tutti si sono sentiti a proprio agio, tanto che qualcuno ha suggerito, prima che l’allegra comitiva si sciogliesse, di rivedersi con cadenze più ravvicinate, cinque anni sono troppi da passare. Mirella Cavalieri e marito hanno ascoltato e  raccolto il suggerimento.

Invia un commento

Puoi utilizzare questi tag HTML

<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>