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Guerra in Ucraina, l’Onu e la nuova risoluzione “umanitaria”

Fonte internet

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Maurizio Delli Santi by MicroMega

Il percorso cha sta compiendo l’Assemblea Generale è volto a superare l’immobilismo del Consiglio di Sicurezza, dove incide il potere di veto della Russia. Potrebbe anche giungere ad una nuova Risoluzione “Uniting for peace”, il modello che fu adottato per porre fine alla guerra di Corea.

Mentre l’attenzione dei media internazionali era concentrata sugli ultimi vertici del Consiglio dell’Unione Europea, del G7 e della Nato, è passata inosservata l’altra “sessione d’urgenza” convocata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che il 21 marzo scorso ha portato alla adozione di una nuova Risoluzione ONU A/ES-11/L.2, “Conseguenze umanitarie dell’aggressione contro l’Ucraina”.

Si tratta di una disattenzione che evidenzia anche in questo caso un atteggiamento molto approssimativo dell’informazione, che contribuisce essa stessa a diffondere un clima di sfiducia nei confronti del più importante organo rappresentativo della comunità internazionale. È vero, non siamo di fronte ad una misura cogente del Consiglio di Sicurezza visto che si tratta di una “raccomandazione” dell’Assemblea Generale. Ma anche questo tipo di Risoluzione ha un profilo giuridico che pone in capo allo Stato che non vi adempie precise responsabilità, di cui può rispondere davanti alla stessa Assemblea Generale, alla Corte internazionale di giustizia in caso di controversie sollevate da uno Stato che si ritenga leso, in questo caso l’Ucraina. Le ripercussioni giuridiche possono riguardare pure la giurisdizione penale internazionale, atteso che l’inosservanza delle prescrizioni di una Risoluzione può configurare l’elemento soggettivo del dolo per condotte perseguibili come crimini internazionali.

Peraltro, l’analisi di ciò che matura in seno all’Assemblea Generale, su una questione così delicata come la guerra in Ucraina, consente comunque di cogliere il sentire comune degli Stati nell’attuale quadro dello scontro bipolare Russia-Occidente, valutando le evoluzioni negli schieramenti e anche le prospettive di un possibile percorso politico e diplomatico per la risoluzione della crisi.

Il 1° marzo scorso l’Assemblea Generale, in una rara “sessione di emergenza”, ha adottato la Risoluzione A/ES-11/L.1“Aggressione contro Ucraina” che ha condannato l’intervento russo in Ucraina e chiesto l’immediata cessazione delle ostilità. La Risoluzione è stata approvata con 141 Paesi a favore, 35 astenuti, fra cui Cina e India, e solo 5 contrari: Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria ed Eritrea. Nel documento si disponeva anche un aggiornamento sui profili umanitari che inevitabilmente la guerra avrebbe provocato.

Così il 21 marzo scorso si è arrivati alla Risoluzione ONU A/ES-11/L.2 “Conseguenze umanitarie dell’aggressione contro l’Ucraina”. Questa volta l’11a “sessione speciale di emergenza” ha approvato il documento con 140 voti a favore (uno in meno) e 38 astenuti (tre in più), e i soliti 5 contrari. Tuttavia, ripercorrendo i resoconti dell’Assemblea molti degli Stati astenuti avevano appoggiato una risoluzione più “neutrale”, quella proposta dal Sudafrica – paese che insieme all’India vanta una tradizione di “non allineamento” – dove si affermavano analoghi principi umanitari senza però far riferimento esplicito alle responsabilità russe.  I 140 voti a favore rappresentano perciò un risultato straordinario essendo la Risoluzione adottata sulla base di una proposta avanzata dalla stessa Ucraina, e da 90 sostenitori, in cui si ribadiscono chiaramente le responsabilità della Federazione Russa.

Molto interessanti sono poi gli interventi che hanno accompagnato le dichiarazioni di voto. Ad esempio, il rappresentante della Federazione Russa, dopo aver richiamato “l’aggressione militare” della Nato contro la Repubblica di Jugoslavia, che provocò “35mila bombardamenti e più di duemila serbi morti di conseguenza” (nda: nessun riferimento viene fatto alla necessità di evitare un genocidio, e stragi orrende come quelle di Srebrenica), ha dichiarato il voto contrario sulla risoluzione “pseudo-umanitaria presentata dagli Stati occidentali e dall’Ucraina”, sottolineando che “le considerazioni politiche hanno vinto”, e che si sta procedendo ad una  “manipolazione dei principi umanitari”.

Non meno rilevante è stata la dichiarazione del delegato all’Onu della Cina, Zhang Jun, che, pure astenendosi, ha sottolineato “la posizione coerente” del suo paese secondo cui “la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i paesi devono essere rispettate, e i principi della Carta delle Nazioni Unite devono essere sostenuti”. Ma ha anche aggiunto, al solito, che “le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi devono essere prese sul serio”, precisando in ogni caso che “tutti gli sforzi verso una risoluzione pacifica della crisi devono essere sostenuti”. La Cina ha quindi ribadito che “il compito più urgente è quello di esortare le parti a esercitare la massima moderazione, per evitare ulteriori vittime civili e raggiungere un accordo di cessate il fuoco il prima possibile”. Non solo, le dichiarazioni cinesi fanno pure riferimento alla necessità di “osservare rigorosamente i principi di umanità, neutralità e imparzialità quando si affronta la questione umanitaria in Ucraina, evitando ogni politicizzazione delle questioni umanitarie”.

Diversi delegati del continente africano hanno evidenziato i problemi emergenti anche nei loro paesi per la crisi umanitaria: l’Egitto ha puntato i riflettori sull’incipiente insicurezza alimentare e sull’aumento dei costi del cibo e dell’energia derivanti dal conflitto, mentre la Costa d’Avorio ha sottolineato la necessità di proteggere i civili che cercano di sfuggire al conflitto, e di assicurare un trattamento equo e paritario per tutti, compresi quelli di origine africana.

In questo quadro, i contenuti della nuova Risoluzione ONU A/ES-11/L.2 “Conseguenze umanitarie dell’aggressione contro l’Ucraina” assumono un valore di assoluto rilievo che è opportuno evidenziare in alcuni passaggi essenziali. Il documento si articola in un preambolo e 14 punti, in cui si confermano le enunciazioni della precedente Risoluzione del 1° marzo circa la illeceità della guerra di “aggressione” condotta contro l’Ucraina e l’intimazione, rivolta alla sola Federazione Russa, di “cessare immediatamente e incondizionatamente le ostilità”.

La Risoluzione illustra quindi l’ampio quadro delle “terribili conseguenze umanitarie causate dalle ostilità promosse dalla  Federazione Russa contro l’Ucraina”, e cita “l’assedio, i bombardamenti e gli attacchi aerei nelle città densamente popolate dell’Ucraina, in particolare Mariupol, così come gli attacchi  che hanno colpito civili, compresi giornalisti, e strutture civili, in particolare scuole e altre istituzioni educative, sistemi idrici e igienico-sanitari, strutture mediche e i loro mezzi di trasporto e attrezzature”.

Da qui le intimazioni alla Federazione Russa di attenersi a precise prescrizioni in osservanza delle norme del Diritto Internazionale Umanitario, tra cui: 1) assicurare la tutela dei civili, del personale umanitario e sanitario, compresi mezzi e strutture, dei giornalisti e delle persone in situazioni vulnerabili, incluse donne e bambini; 2) garantire il rispetto e la protezione dei beni indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile e per le infrastrutture civili,  nonché la  fornitura di servizi essenziali; 3) provvedere alla protezione dei civili in fuga compresi i cittadini stranieri, in particolare gli studenti, senza discriminazioni, consentendone il trasferimento volontario, sicuro e senza ostacoli; 4) porre fine agli assedi delle città in Ucraina, in particolare della città di Mariupol, evitando di aggravare ulteriormente la situazione umanitaria per la popolazione civile e di ostacolarne l’ evacuazione; 5) assicurare il rispetto del diritto internazionale umanitario, comprese le Convenzioni di Ginevra del 1949 e il protocollo addizionale I del 1977, dei diritti umani e del diritto dei rifugiati.

Le ultime disposizioni sono infine rivolte agli Stati membri di finanziare gli aiuti umanitari dell’ONU, e a “tutte le parti” affinché si incoraggi il proseguimento dei negoziati per una sollecita risoluzione pacifica del conflitto, attraverso “il dialogo politico, la mediazione e gli altri mezzi pacifici in conformità con il diritto internazionale”.

 

Se 140 Stati su 193 hanno approvato questa Risoluzione, si deve dare ancora fiducia all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite affinché prosegua il suo percorso. L’obiettivo potrebbe essere anche l’adozione di un modello di Risoluzione Uniting for peace, sulla base di quella che fu adottata superando l’immobilismo del Consiglio di Sicurezza per porre termine alla guerra di Corea nel 1950. In quel caso si imponeva anche il ricorso a una forza armata di interposizione, ma oggi una nuova Risoluzione Uniting for peace sull’Ucraina   potrebbe anche partire dalle misure previste dal Capo VI della Carta delle Nazioni Unite per la risoluzione pacifica delle controversie (es. nomina di un “rappresentante speciale” per la mediazione, deferimento alla Corte internazionale di giustizia), per pensare alla imposizione di un negoziato definitivo, sulla base di condizioni “neutrali e indipendenti” definite da un parere della Corte internazionale di giustizia.

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