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Dialoghi in corso. Elogio del non voto

 

L’ideologia elettoralista, confondendo volutamente la democrazia con il regime parlamentare, ci porta a credere che tracciando una semplice X su una scheda elettorale si possa davvero influenzare la politica di un paese. Che ingenuità! La funzione del voto è ormai quella di mantenere viva un’illusione, la sovranità popolare, e di nascondere un’ovvietà: il potere politico è detenuto da altri.

Affrontando con rigore e disincanto il «feticismo del voto», Dupuis-Déri fa al contempo un elogio dell’astensione che mette in causa lo stesso principio di rappresentanza, ovvero il mito fondatore delle democrazie occidentali. Un principio che per legittimarsi poggia su un ben preciso rituale – il voto – il cui scopo è alimentare la convinzione che il popolo parli davvero per bocca dei suoi rappresentanti. Ma basta uscire dalla retorica politica per accorgersi che le urne elettorali, il luogo sacro di questo rituale, sono sempre più disertate, e per una molteplicità di ragioni che vanno ben oltre quella «indifferenza» o «incompetenza» politica spesso invocate per liquidare un rifiuto che intacca le basi stesse del sistema elettorale. Oggi infatti l’astensionismo, pur continuando a essere biasimato, denigrato e talvolta persino perseguito, si va sempre più affermando come pratica politica consapevole. E in effetti, davanti a dinamiche di potere sempre più svincolate dalle cariche elettive e a «maggioranze» parlamentari che sul totale della popolazione sono di fatto esigue minoranze, oggi la domanda che ci si deve porre non è più perché la gente non vota, ma perché mai continua a votare.

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Francis Dupuis-Déri, nato a Montréal nel 1966, ha conseguito un dottorato in Scienze politiche alla University of British Columbia di Vancouver, è stato ricercatore presso il Massachusetts Institute of Technology di Boston e attualmente insegna nel dipartimento di Scienze politiche e studi femministi presso l’Université du Quebec di Montréal.

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