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Educazione è cosa di cuore Fragilità in corso: la sfida della famiglia per generare speranza.

salmonedi Raimondo Giustozzi

Loredana Simone e Ruggiero Diella, due docenti, consulenti in ambito socio educativo e operatori di pastorale familiare, al centro del terzo incontro Educazione è cosa di cuore, promosso dai Salesiani Cooperatori, Unione Ex Allievi don Bosco, Oratorio Salesiano, Unità Pastorale e comune di Porto Recanati, sul tema Fragilità in corso: la sfida della famiglia per generare speranza. Appuntamento in diretta streaming su YouTube, Unità Pastorale Porto Recanati e emme TV canale 89, coordinato da Italo Canaletti, salesiano cooperatore di Porto Recanati e mandato in onda sabato 20 febbraio 2021 dalle 16,30 in poi. Collegati in diretta, don Gabriele Crucianelli dell’Unità Pastorale di Porto Recanati, l’assessore ai servizi sociali, Pier Paolo Fabbracci dell’ente locale e da Roma, i due docenti, sotto la sapiente regia, collaudata già dai due precedenti incontri.

Il comune di Porto Recanati, ha precisato Pier Paolo Fabbracci, sponsorizza da tre anni l’iniziativa per creare una rete tra tutte le agenzie educative che ruotano attorno ai ragazzi. Una volta le agenzie si limitavano alla famiglia, alla scuola e alla parrocchia. Oggi, i canali social e Internet sono entrati a far parte di queste nuove forme educative. La pandemia in atto ha fatto riscoprire le relazioni familiari. Il ruolo della famiglia non tramonta mai, per questo lente locale non può non appoggiare l’iniziativa in oggetto. L’Unità Pastorale di Porto Recanati, rappresentata da don Gabriele Crucianelli, appoggia l’iniziativa perché è un’occasione di riflessione. Tutta la società deve essere coinvolta in progetti educativi. Guido Scalabroni, presidente dell’Unità Ex Allievi don Bosco, ha portato il proprio saluto. La famiglia è un termine che sottintende tutto un mondo di relazioni affettive che non possono essere ignorate da chi si occupa di educazione.

I due relatori, trasmettevano da Roma. Sono docenti di lingue e letterature straniere, consulenti e operatori di pastorale familiare. Le slide usate, brevi, con poche parole chiave, accompagnavano la spiegazione orale con i toni dell’affabulazione, risultato del loro lavoro come insegnanti ma anche come consulenti e operatori di pastorale familiare. Il termine fragilità richiama la debolezza ma anche la delicatezza, la sensibilità e la vulnerabilità. La fragilità non è una parola da prendere in senso puramente negativo. La forza devastatrice del Covid 19 ci obbliga a concentrarci sulle nostre potenzialità, nonostante tutto. La felicità e la gioia di vivere dipendono dalla nostra prospettiva. La speranza è dare luce ma richiede tempo, cura e attesa fiduciosa. Venezia ha resistito alle avversità naturali, anzi è stata capace di trarre da esse la propria forza. Il bambù giapponese, una volta piantato sul terreno il piccolo seme, cresce fino ad un’altezza di trenta metri solo al settimo anno di vita. I primi sei anni non cresce nemmeno di un centimetro. Sembra che i semi piantati siano sterili, incapaci di generare la vita. I semi dell’educazione richiedono tempo e la pazienza di aspettare.

Ogni famiglia ha un proprio equipaggiamento affettivo, psicologico, con capacità di mettersi in gioco. Non è possibile dare risposte univoche, valide per tutti. E’ importante che ogni famiglia abbia una propria cassetta degli attrezzi, dove riporre capacità relazionali di coppia ma anche verso i propri figli. Esiste un vasto campionario di genitori. Esistono genitori Droni, iperprotettivi, genitori Superman, invasivi, genitori mou / marshmallow, permissivi e genitori salmoni. Sono le varianti genetiche che si vanno affermando soprattutto in questa triste fase, dove domina incontrastato il Coronavirus. La sindrome Rottermaier, l’inflessibile maestra di Heidi, che vuole piegare l’educanda alle proprie regole, senza ascoltarla, fa più danni di tutti gli altri genitori messi insieme.

Esistono dei virus educativi che hanno contagiato tanti genitori e insegnanti. L’educatore bravo deve tener conto del processo che l’educando sta percorrendo. Si deve insomma aver pazienza. I risultati verranno. Non verranno mai invece, quando l’educando ha davanti l’educatore che veste solo i panni del moralizzatore. C’è poi chi sa disegnare scenari apocalittici, nel caso in cui non si seguano certe regole. C’è chi sa solo accusare e diagnosticare, senza indicare il cammino da fare. Tutti questi atteggiamenti vogliono piegare l’educando, figlio o alunno ad una propria immagine. Piace pensare invece ad un elogio dell’imperfezione. Non esiste né un genitore né un docente perfetto. L’educatore bravo è chi si mette in cammino. Bisogna fare sempre molta attenzione alle ricadute negative che atteggiamenti sbagliati, propri di chi ha il compito di educare, possono avere sull’educando. Scuola e famiglia hanno in questo una grande responsabilità. Anche i bambini che “rompono” hanno diritto all’inclusione e non allontanati dalla scuola, chiamando i genitori per venire a prenderli (Flavio Fogarolo e Giancarlo Onger, formatori). Questo succede troppo spesso, secondo i due studiosi e formatori, che hanno raccolto testimonianze dirette dei genitori.

L’educazione è l’incontro tra due libertà. C’è sempre uno spazio per capire l’altro. La capacità di educare è una capacità oscillante. Nel cantiere della famiglia occorre pensare ad una palestra dove allenarsi alla speranza. Ci si deve esercitare per potenziare le capacità, per creare degli spazi relazionali. Se si percorre questa strada, ci si rende conto di essere fallibili ma nondimeno di essere capaci di superare stress e criticità. Gli educatori che si allenano a coltivare competenze, saper ascoltare i problemi dell’altro, accompagnarlo nella crescita, hanno maggiori probabilità per uscire dai momenti difficili che la vita riserva a tutti. Si genera speranza quando si accoglie la portata del vissuto e si sa trovare un significato agli eventi che si vivono.

L’allenamento a cuore libero porta a dedicarsi in modo appassionato al tempo che occorre per seminare, innaffiare e concimare, poco o tanto non importa. Basta arrivare allo scopo. Dare affetto e protezione, senza mostrarsi apprensivi, fare sprigionare la creatività, aiutare ad avere fiducia nelle proprie risorse, dare un nome alle emozioni dei propri figli, in un tempo in cui si parla di analfabetismo emotivo, questo occorre saper fare. Un’indagine ha scoperto che ci si distrae, mediamente, cento cinquanta volte al giorno con il proprio cellulare, togliendo del tempo prezioso ai figli. Questo comportamento non fa sentire la temperatura emotiva del proprio figlio. Lo spazio relazionale, che siamo capaci di costruire, è uno stato di grazia, non è tempo perso ma guadagnato. Fare rete, creare, costruire ponti e legami tra amici e comunità in cui viviamo è importante.

Il fatto educativo è un’attività artigianale. Va costruito a misura di ogni persona. Occorre però uscire dal proprio guscio, perché non abbiamo fiducia nelle nostre capacità. Piccoli passi possibili sono fattibili. Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a porsi piccoli obiettivi ma concreti, che non ingenerino frustrazioni. Importante è il percorso. E’ la nostra missione di educatori che deve fare da guida. Recita così un detto africano: “Occorre una donna per fare un figlio, serve una comunità intera ad educarlo”. Importante è saper fare squadra e comunicare con gli altri, condividendo con loro fragilità, successi e insuccessi. I genitori che seminano speranza, in un periodo di difficoltà o di problematicità, come quello che stiamo attraversano, non si chiudono in se stessi, ma si aprono agli altri. Ci si fa prossimi, realizzando la solidarietà della porta accanto. In questo anno di pandemia si sono realizzate iniziative digitali perché le persone non vivano isolate. Distanti ma uniti. Alcuni giovani di Scampia, quartiere di Napoli, tristemente noto per l’illegalità diffusa, si sono messi assieme e hanno creato delle Newsletter dove trovano spazio notizie positive.

La vita è comunque bella, ci dice Roberto Benigni nel film omonimo. Il regista toscano ci vuole dire che non è importante quello che ci capita nella vita ma l’insegnamento che noi ne facciamo. Certo, nella trama del film ci sono aspetti giocosi, quasi surreali. Si può sopravvivere e conservare uno sguardo che va oltre l’ostacolo che abbiamo di fronte. Abbiamo sempre e comunque il diritto alla speranza. I genitori che coltivano questo atteggiamento, cercano di distanziarsi dalla situazione momentanea. In questo modo recuperano lucidità. Imparare a sdrammatizzare. Si educa soprattutto con il proprio comportamento. Accettare di essere fragili. Abbiamo dei doni. Non ci si improvvisa educatori ma si impara ad esserlo. Questo è un brutto periodo. Se ne può uscire. Se la barca della famiglia ondeggia, si può sempre pensare ad un dopo, quando tutto sarà finito. Dopo lo tsunami, arriva il momento in cui si deve risalire sulla barca e continuare a navigare. Occorre però far tesoro di quanto abbiamo imparato. Quando diventiamo consapevoli della nostra fragilità, siamo ricchi di nuove capacità operative.

Tante sono state le domande poste dagli ascoltatori ai due relatori. Quale palestra consigliare per presentarsi alle olimpiadi della famiglia? La fiducia e la creatività sono importanti. Ritrovare la gioia di stupirsi davanti alla natura. Usare un po’ di buon senso. Non è positivo per un ragazzo proporre sempre e comunque la pedagogia del no. Il ragazzo, per crescere, ha bisogno anche di poter sbagliare. La relazione non si costruisce da un giorno all’altro. Richiede tempo. Ogni famiglia ha una sua specificità. Come stimolare l’apertura dei figli nella relazione con i genitori? come creare uno spazio per parlare senza fare domande dirette? Non bisogna dare subito le risposte senza aver prima ascoltato le domande dei propri figli. Noi possiamo dare loro in mano una tavolozza. Sta a loro poi colorare la realtà che si troveranno davanti. Sono genitori positivi quelli che sanno andare controcorrente. Sono i genitori salmoni.O si cambia o l’umanità chiude”, recita così la copertina di un libro di Pino Pellegrino, la pedagogia controcorrente dei genitori salmoni.

Parlando di rete, come sostenere concretamente le famiglie che si trovano a gestire con i figli problematiche nuove in questo tempo delicato? Occorre guardarsi in giro e scoprire quello che offre  il territorio. Se le famiglie sono inserite nella parrocchia o nella scuola, si possono creare dei laboratori di sostegno alla genitorialità. Si tratta sempre di creare un valore aggiunto, non di sostituire quello che già esiste. Le iniziative vanno sempre calate nella realtà. Nulla vieta che si possono creare delle Newsletter, come quelle messe in piedi dai giovani di Scampia. Porto Recanati, Civitanova Marche, non possono essere considerate isole felici, dove non ci sono problemi da affrontare o risolvere. Occorre sempre che gli adulti, genitori, docenti e educatori riescano ad allacciare relazioni e dare tempo che queste maturino. Se in famiglia i figli vedono che i due coniugi imparano a prendersi cura l’uno dell’altro, capiscono e ricevano in dono questa eredità.

Come poter sostenere le famiglie nell’indirizzare i figli per un utilizzo corretto dei canali social e di Internet? La cosa più normale da fare è parlare con loro della trasmissione televisiva o del canale social, smontandoli, facendo vedere come una determinata trasmissione viene costruita e qual è il suo fine. Si tratta di fornire gli strumenti per decodificare un prodotto. Importante che i ragazzi facciano un uso responsabile dello strumento. Per quanto riguarda i canali social, alcuni di loro devono essere usati a secondo delle fasce di età. Non si può pensare di dare tutto a tutti. Il ragazzo non deve diventare succube del mezzo.

Quando un educatore, con i propri limiti, si accorge che alcuni atteggiamenti genitoriali non aiutano a far emergere il potenziale e il meglio di un ragazzo, come poter intervenire, nell’ottica della correzione fraterna, senza ferire l’orgoglio dei genitori? Quando si entra nel terreno di una famiglia, si varca una zona sacra, non si può entrare a gamba tesa. Attenzione, accoglienza e ascolto devono essere le tre cose fondamentali da fare. Il patto educativo va costruito insieme non imposto. Usare lo stesso linguaggio è poi molto importante. Occorre poi mettere in chiaro che tutto quello che noi seminiamo non sappiamo se verrà alla luce. Seminiamo solo speranza. Papa Francesco ci parla di un tempo che è nettamente superiore allo spazio. Con questa prospettiva possiamo accogliere anche la frustrazione momentanea. Stare accanto in maniera molto discreta, avere una grande pazienza e cercare alleanze nell’ambiente in cui viviamo, queste sono le altre strategie da usare. Il patto educativo va costruito in qualsiasi ambito, oratorio, catechesi, scuola.

L’aiuto che possiamo dare ai nostri figli, in famiglia e agli alunni a scuola, circa l’uso attento di Internet e dei social, verrà dibattuto sabato 27 febbraio 2021 da Alfredo Petralia e Marco Pappalardo, il primo esperto in informatica applicata, il secondo giornalista pubblicista e docente di Lettere. Parleranno di “Educarsi ed educare al web. Nella rete ma non come pesci”. L’incontro, l’ultimo di questa quarta edizione Educazione è cosa di cuore, potrà essere seguito sempre in diretta streaming sul canale YouTube Unità Pastorale di Porto Recanati o su emme TV canale 89, dalle 16,30 in poi.

 

Raimondo Giustozzi

 

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