by gazzettadiparma.it
Matt Dillon, io psicopatico nell’inferno di Von Trier
Con La casa di Jack (The House that Jack Built) si entra, più che in un film, nell’inferno personale di Lars Von Trier, nel suo aristocratico nichilismo pieno di riferimenti culturali. Il film, a Cannes 2018 fuori concorso, arriva in sala dal 28 febbraio distribuito da Videa, si ispira liberamente a Jack lo Squartatore (interpretato da Matt Dillon), un serial killer artista con una mission: rendere l’omicidio un’opera d’arte. «Più che un semplice serial killer – spiega oggi a Roma l’attore – il mio Jack è uno psicopatico a cui manca completamente ogni tipo di empatia, ma è anche un artista fallito». Un’opera comunque brutale, La casa di Jack, che mescola le immagini di Glenn Gould mormoreggiante al pianoforte alle prese con le sue variazioni Goldberg, i quadri luciferini di William Blake, psicopatia e la mostruosità horror dei delitti di Jack, ovvero: donne squartate, picnic con morti (come in un quadro), assemblamento di cadaveri di bambini in pose artistiche, donne trascinate con una corda dietro la sua auto, dieci teste di uomini vivi, perfettamente allineate, per una multi uccisione in contemporanea con una pallottola da guerra rinforzata e, ancora, un Jack bambino che si diverte a tagliare con una tenaglia una delle gambe di un piccolo anatroccolo che nuota in uno stagno.
E questo fino al capolavoro finale: una casa, quella del titolo, con tanto di tetto composta dai cadaveri delle molte vittime che lui ha conservato, con estrema pignoleria (virtù diabolica), in una grande stanza frigorifera. Il fatto è, come si ascolta nei cerebrali e colti dialoghi con il suo alter ego/Virgilio, Bruno Ganz (nella sua ultima interpretazione sul grande schermo), che il male di Jack deriva dall’aver morso troppo la mela della conoscenza. Diventa poco importante allora considerare la crudeltà degli atti, contano alla fine solo le opere dice a certo punto Jack. E questo in un mondo in cui al grido di aiuto «nessuno accorre davvero, c’è solo un silenzio assordante». «Certo il personaggio di Jack è stato difficile da accettare, ma ammiravo da sempre Lars Von Trier e la sceneggiatura era poi molto interessante», spiega Dillon. «Sono molto triste per Bruno Ganz – aggiunge l’attore nel giorno del suo compleanno (è nato a New Rochelle nel 1964) – era un grande attore e mi sento davvero fortunato ad aver lavorato con lui. Ero un suo grande fan da quando avevo 17 anni. Lui, tra l’altro, ha visto La casa di Jack prima di me e mi diceva è la cosa più bella che ho mai visto, vedrai ne sarai orgoglioso. Comunque – conclude- è un film che va masticato bene e digerito».
Nel cast del film diviso in cinque capitoli: Uma Thurman, Siobhan Fallon Hogan, Sofie Grbl e Riley Keough.
Invia un commento