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Poesia e natura. La poesia di Elvio Angeletti, Michela Tombi e Piero Talevi.

1-Paesaggio Marchigiano

Fin dall’alba dei tempi della letteratura italiana, la natura è stata sempre un tematica prediletta per la poesia, come è dimostrato dal Cantico delle Creature e dalla poesia Quando eu stava in le tu’ cathene, di autore anonimo. Nel primo dei due testi che porta la firma di San Francesco d’Assisi, la natura dal sole ai suoi quattro elementi naturali (aria, fuoco, acqua, terra) è usata per lodare il Signore e le sue Creature, delle quali il poeta e santo assisiate ne esalta le beltà, le purezze, le dolcezze e le luminosità. Creature ed elementi, che secondo il santo assisiate, non servono però per salvare i peccatori essendo questi visti come spiriti che possono solamente colmare la distanza, che li separa da Dio. In conclusione, la natura francescana, non è altro che il curativo e lagrimevole volto di Dio. Il secondo testo invece, che fu scoperto sulla pergamena 11518 Ter dell’Archivio Storico Arcivescovile di Ravenna ricopre un ruolo fondamentale, poiché è ormai considerato da ma molti critici, glottologi e filologi come il primo testo poetico prodotto dalla poesia italiana, che si colloca ancora prima del componimento francescano, essendo stato composto nel 1127. Canzone questa, che per prima trattò il tema dell’amore in chiave metafisica trasformandolo, in un luogo magico, doloroso, arcano, demoniaco e mortale. Un tema quello della natura, che è partito da questi due componimenti poetici, per passare nei secoli sotto le mani dei grandi poeti fino ad arrivare ai giorni nostri, anche attraverso la poesia marchigiana dei giorni nostri, come è dimostrato dal poeta senigalliese Elvio Angeletti (Senigallia, 1954), dalla poetessa pesarese Michela Tombi (Pesaro, 1973) e dal poeta pesarese Piero Talevi (Novilara, 1946).

 

Per quanto riguarda il poeta senigalliese, dobbiamo iniziare dalla raccolta Luce del 2014. Opera questa, che contiene la lirica “Sassi” e che attraverso l’elemento naturale del sasso, tratta il tema del dolore spirituale che ci divora nel profondo dell’anima e che ci fa peregrinare dentro un Mondo, in cui nulla ha più significato per noi, nulla più profuma di vita e dove i nostri fratelli, ci appaiono nel nostro cuore come fantasmi, spiriti e demoni. Poesia questa, che può essere accostata alla canzone “Un sasso nel cuore” tratta dall’album Verso il sole di Albano Carrisi, del 1997. Seppur con tematiche diverse, i sassi di entrambi i poeti si trasformano in urli, che nel caso del poeta marchigiano simboleggiano gli straziati pianti di Madre Natura, che versa infinite

e incurabili lacrime per i suoi figli prediletti – gli Uomini, – che da molto tempo ormai vivono oppressi e schiavizzati dall’oscurità.

Passa un anno ed ecco nel 2015, la raccolta Respiri di vita. Opera questa, dove accanto al tema della natura c’è quello della donna. Una natura dalle venature marittime, quella del poeta senigalliese, che è sempre stata presente in lui e che ce la mostra con eccellente maestria letterario-poetica, facendoci così immergere nello stupendo mare Adriatico, che per lui significa in primi Senigallia ma anche la frazione senigalliese di Marzocca, dove ormai risiede da anni con la sua famiglia. Un mare, quello angelettiano, che è illuminato da albe, dai calar del sole e dalle notturne albe lunari che ci mostrano la vita dei fondali marittimi, composta da cavalli marini, da stelle marine e da affascinanti sirene. Parole queste che trovano riscontro nella lirica “Tra cielo e mare” che oltre a essere una poesia marittima, può essere considerata come una poesia filosofica. Filosofia che si ritrova nel vento, che simboleggia la sterilità e la povertà spirituale, mentre invece il mare citato nella poesia, simboleggia il nostro cammino esistenziale con le sue dolcezze e le sue ferocie.

Natura, che sarà nuovamente trattata nell’opera postuma del 2017, che prende il nome di Refoli di parole. Una poesia questa, che è caratterizzata dal vento e dalla Madre terra, che sono letti dal poeta senigalliese in chiave filosofica. Vento che è poetizzato dall’Angeletti, nelle liriche “Il vento” e “Intanto il vento soffia ancora”. Nel primo componimento, l’elemento atmosferico simboleggia la compassione, la pace etico-spirituale, la rigenerazione e allo stesso tempo il terrore, le lacrime e l’isolamento psico-fisico. Leggendo il secondo componimento invece, sentiamo nascere in noi il ricordo del cantautore Pierangelo Bertoli e della sua canzone “Eppure soffia”, tratta dall’album Roca Blues del 1975. Venti questi che profumano di guerriglia, di rivoluzione e che spronano gli Uomini a ribellarsi, contro ogni “stupro” e terrore bellico-sociale. Accanto al vento, anche la grande Madre Natura è poetizzata dal poeta marchigiano con la lirica “A madre terra”, che al pari della grande Madre Natura ci tiene nel suo ventre, ci partorisce, ci cresce, ci educa e alle fine del nostro pellegrinaggio esistenziale ci abbraccia, ci riscalda e ci veglia durane il nostro eterno riposo. Vento, terra, ma anche cielo e bruma è la poesia angelettiana di Refoli di parole. Un elemento il cielo, seppur solamente scenografico, lo ritroviamo nella lirica “Il volo delle rondini”, che subito ci richiama alla mente la canzone “Le rondini” di Lucio Dalla, dall’album Cambio del 1990. Poesie dell’aldilà queste sono, poiché in entrambi i poeti, le loro esistenze ultraterrene prendono le sembianze delle rondini, che dall’alto del cielo difendono i loro affetti intimi attraverso la diffusione dell’amore, della quiete spirituale, della fratellanza e della compassione. L’ultimo elemento di cui parlerò è la bruma o nebbia che a dir si voglia, della lirica “Veli di nebbia”. Una bruma, che profuma di salsedine, di morte, di malinconia e che simboleggia allo stesso tempo la nostra esistenza, ovvero una vita consumata per lo più nell’ombra e nelle tenebre.

 

Un vento, quello angelettiano, che trova il suo corrispettivo nella poetessa pesarese Michela Tombi, la quale nel 2017 pubblica l’opera postuma Dentro il mio vento, ma andiamo con ordine e iniziamo, dalle sue prime opere poetiche. Una natura che per la nostra poetessa, non è solo però paesaggistica, ma anche qualcosa di filosofico-esistenzialista. Il 2014 è l’anno della raccolta Lo scrigno dell’anima. Opera questa sulla vita, che è letta dalla Tombi in tutta la sua equivocità e cromaticità; che è studiata dalla nostra poetessa marchigiana, attraverso i legami Dio-Satana, maschio-femmina, vita-dipartita e attraverso lo studio della Natura, che è concepita come un luogo e un universo magico, intimo, folistico e cimiteriale.

Il 2015 è l’anno della raccolta Con gli occhi della luna. Raccolta dalla doppia lettura, una che liricizza una socio-umanità inselvatichita, cibernetica, razzista e l’altra, una socio-umanità colma di compassione, di cure etico-spirituali, di rispetto e di fratellanza. Una lettura, la prima, che può essere rischiarata solo e unicamente attraverso l’immersione totale nella Natura, per poter poi eticamente e spiritualmente risorgere. Resurrezione che però, può avvenire solo grazie alla protezione e alle cure mediche da parte dell’Uomo nei confronti di essa. Un Uomo che deve essere in grado però, di saper ascoltare e comprendere la sua lingua, che è il silenzio.

Il 2017 è l’anno dell’opera postuma per l’appunto, che prende il nome di Dentro il mio vento. Opera questa che non solo contiene poesie sugli elementi naturali come il vento e il mare, ma anche poesie antirazziste e antifasciste, come per esempio le poesie contro la violenza sulla donna che aprono la raccolta (“Il tatuaggio maledetto”, “Stupro”, “Il giglio”, “Rispetto”, “All’anima dell’uomo”), poesie sociali con la lirica dedicata ai ragazzi autistici (“Piccole grandi luci”), e poesie intimo privatistiche come la lirica dedicata a suo padre scomparso (“Viaggio interiore”). Poesie sulle quali non mi soffermerò, perché altrimenti andrei troppo fuori tema, ma ho ritenuto giusto citarle comunque per tutti coloro che le vorranno leggere a parte e privatamente. Una raccolta quella della Tombi, che per quanto riguarda la natura e i suoi elementi, si concentra sul vento in chiave filosofico-esistenzialista e paesaggistica; e sul mare, sempre in chiave filosofico-esistenzialista. Un vento filosofico-esistenzialista e paesaggistico, che ben si ritrova nelle liriche “La casa dell’anima”, “Libri”, “Le sacre colonne” , “Il ponte” e “Mi perdo nel vento”. In particolar modo, la quarta e quinta poesia attira la mia attenzione, essendo secondo me quelle in cui più si legge, la chiave filosofica della poetessa pesarese e dove più forte si sente sibilare il vento. Una lirica – “Il ponte”, – che può essere accostata alla canzone “Oltre il ponte” dei Modena City Ramblers, dall’album Appunti Partigiani del 2005. Un ponte, quello di Michela Tombi e dei Modena City Ramblers, che ci invita a oltrepassare le nostre paure, le nostre ansie, le nostre palpitazioni e le nostre brume esistenziali per immergerci in una vita colma di libertà, di amore e di profondi ossequi nei confronti della morte. Inoltre a differenza dei Modena City Ramblers, il ponte tombiano non è inteso solo come una strada per la resurrezione eterna, ma anche e soprattutto, come un pellegrinaggio che deve donare amore a chi nel cuore ha solo tenebre, patimenti, ansie ed è inteso come un cammino spirituale, per chi quotidianamente versa calde lacrime di sangue. Per quanto riguarda la lirica “Mi perdo nel vento” dobbiamo invece accostarla, alla canzone “Il vento dell’est” di Ricky Gianco, dall’album Tandem del 2000.

Testi questi, dove il caldo vento esistenziale, ci conduce dentro un universo atemporale, ma dove però, viviamo allo stesso tempo mille avventure colme di pianti arcaici e gioie vetuste. Un vento, quello della Tombi, che ci conduce anche in un luogo prediletto dell’Uomo, ovvero nel cuore e lo fa attraverso la lirica “Viaggio interiore”, che è dedicata a suo padre ormai defunto. Poesia questa, sulla quale però non voglio soffermarmi, poiché credo sia doveroso e oneroso rispettare l’intimo rapporto, che c’era fra la poetessa e suo padre, ancora oggi sempre presente nel suo cuore e nei suoi occhi. Un secondo e ultimo elemento naturale presente nella poesia della nostra poetessa, è quello del mare. Elemento questo, trasformato in poesia attraverso il testo “Le parole del mare”. Testo questo, che può essere accostato e paragonato alla canzone “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla, dall’album omonimo del 1977. Testi questi, in cui il mare è visto come uno scrigno colmo di luminose e oscure reminiscenze, ma nel caso del testo tombiano, anche come un oscuro e demoniaco camposanto. Un testo, quello della poetessa marchigiana, dai forti toni pessimistici è vero, ma il lessema parole del titolo rimanda al tema del riscatto e al tema della magia, facendo così corrispondere il testo tombiano a un’altra canzone, che è la canzone “Sharazan” di Albano Carrisi e Romina Power, tratta dalla raccolta The Platinum Collection del 2009. Un mare, quello di Michela Tombi e della coppia Carrisi-Power, che simboleggia un Universo Parallelo in cui nascondersi da qualsiasi oscurità e dove poter risorgere a nuova vita, per poi rituffarsi nella vita reale e sognare in piena libertà. Insomma, un Universo Parallelo che è come il Giardino degli Ulivi, in cui la vita è animata dalla pace, dall’amore, dalla compassione e dalla fratellanza. Un’ultima correlazione dobbiamo fare per il testo tombiano e stavolta la dobbiamo fare attraverso i lessemi sibilo disperato, fanciullo triste, innocente, soffrono e muoiono. Termini questi, che uniscono il mare tombiano con il mare della poesia Migranti, del poeta jesino-chiaravallese Marco Bordini. Un mare, quello dei due poeti, che può essere letto anche in chiave mistico-religiosa essendo paragonato a Dio e come esso abbraccia calorosamente gli spiriti dei buoni, ma, castiga i bastardi e i figli di Satana facendoli per sempre addormentare, nei suoi ciechi e brumosi fondali.

 

Sempre rimanendo nel pesarese, troviamo il terzo e ultimo autore di cui mi occuperò, ovvero il poeta Pietro Talevi, che nel 2017 pubblica la raccolta Le ninfe del Metauro. Amori e poesie. Opera quella taleviana, divisa nelle seguenti sezioni: Al Metauro, I luoghi, Gli artisti e In dialetto. Uniche note negative dell’intera opera taleviana, sono le sezioni Al Metauro, dove eccessiva e pesante è l’ombra del Metauro; e la sezione Gli artisti, dove leggiamo solo un semplice elenco di lavori, sotto forma di poesie, anzi di parole in versi. Eppure in queste negatività, le liriche “Il Bianchello del Metauro”, “L’olio buono” e in particolar modo “ I colori dell’autunno”, rappresentano i fari più luminosi della prima sezione Al Metauro.

Destano di più la mia attenzione, le sezioni I luoghi e In dialetto. Per quanto riguarda le seconda sezione, le liriche più degne di attenzione critico-poetica sono “Un sasso a forma di cuore”, “Mattino di novembre”, “La quercia” e “L’arcobaleno”. Nella prima poesia, l’amore poetizzato dal Talevi è quello con la A maiuscola, che è visto come una creatura – metaforicamente parlando, – in grado di rischiarare i cattivi con divine luci e far risorgere tutti coloro, che hanno lo spirito colmo di brume e fiamme demoniache. La seconda lirica invece, è un omaggio ai luoghi collinari che si trovano fra Montemaggiore e San Giorgio, che assomigliano ai mitici luoghi del romanzo Le nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley, dove i luoghi taleviani sono avvolti da una arcana e mistica bruma, in cui al suo interno tutto sembra qualcosa di magico, di arcano, di spaventoso e dove le maestose campane delle chiese cittadine, suonano cimiteriali e intraducibili melodie. Nella terza lirica invece, possiamo leggere un chiaro rimando alla natura pascoliana come un immenso camposanto, dove durante il nostro eterno riposo saremo protetti e vegliati dal calore dei maestosi alberi; e dove saremo coccolati dal fresco vento di primavera, con le sue dolci e armoniose melodie d’amore. Nella quarta e ultima poesia, i colori dell’arcobaleno simboleggiano le emozioni umane e come esse, ci fanno gioire e dimenticare dei nostri fantasmi del passato, attraverso le lacrime.

Nella quarta e ultima sezione, leggiamo poesie vernacolari dai toni e dai temi storico-sentimentali e umoristici, ma il fatto di più vitale importante è che il poeta pesarese, al pari dei suoi colleghi Odoardo Giansanti, Giulio Grimaldi, Duilio Scandali, Franco Scataglini e Marco Bordini, usa il vernacolo per comporre le tre poesie di questa sezione (“La Banda Grossi”, “Pace all’anima sua”, “L’amante”). Un vernacolo, quello di Piero Talevi, non arcaico, ma moderno e contemporaneo è! Un dialetto dei giorni nostri, che riesce comunque a recuperare e tramandare il passato, a regalare amore agli Uomini e nel farci riflettere sul valore della vita.

Bibliografia e Sitografia di Riferimento:

Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1991, 2 vol., Tomo I.

Segre – C. Ossola, Antologia della poesia italiana. Il Duecento, Torino, Einaudi, 2005.

Surdich, Il Duecento e il Trecento, Bologna, Il Mulino, 2005.

Sofia Lanutti, La letteratura italiana del Duecento. Storia, testi, interpretazioni, Roma, Carocci, 2009.

Angeletti, Luce, autoprodotto, 2014.

Angeletti, Respiri di vita, Orvieto, Intermedia, 2015.

Bordini, Jesi ieri, Santa Maria Nuova, Le Mezzelane, 2016.

Angeletti, Refoli di parole, Orvieto, Intermedia, 2017.

Bardi, Oltre la natura. La poesia di Elvio Angeletti, TellusFolio, 19 novembre 2017.

(http://www.tellusfolio.it/index.php?prec=%2Findex.php%3Flev%3D82&cmd=v&id=21653)

Spurio, Scritti marchigiani. Istantanee e miniature letterarie, Santa Maria Nuova, Le Mezzelane, 2017.

Talevi, Le Ninfe del Metauro. Amori e poesie, Cartoceto, Conte Camillo, 2017.

Tombi, Dentro il mio vento, autoprodotto, 2017.

Bardi, Il punto di partenza: Cellino San Marco, Lo Specchio, 17 febbraio 2018.

(http://www.specchiomagazine.it/2018/02/il-punto-di-partenza-cellino-san-marco/)

 

Discografia di Riferimento:

Bertoli, Eppure soffia, dall’album P. Bertoli, Roca Blues, Autoproduzione 1975.

Dalla, Com’e profondo il mare, dall’album L. Dalla, Com’è profondo il mare, RCS, 1977.

Carrisi, Un sasso nel cuore, dall’album A. Carrisi, Verso il sole, WEA, 1997.

Dalla, Le rondini, dall’album L. Dalla, Cambio, Pressing, 1990.

Gianco-F. Battiato, Il vento dell’est, dall’album R. Gianco, Tandem, Columbia, 2000.

City Ramblers, Oltre il ponte, in collaborazione con Moni Ovadia, dall’album M. City Ramblers, Appunti Partigiani, Mescal, 2005.

Carrisi – R. Power, Sharazan, dall’album A. Carrisi, The Platinum Collection, Capitol, 2009, 3 Cd – Terzo Cd.

 

 

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