Il giurista e presidente emerito della Consulta al Fatto Quotidiano: “La direzione è quella. Ma ci vorranno tempi lunghi”
Huffington Post
Il voto del 4 marzo è stato “non una rivoluzione, piuttosto una ribellione o, se preferisce, una rivolta”. Una rivolta “contro la politica oligarchica” che non voleva votare e avrebbe voluto rinviare le elezioni “a non si sa quando”, ha “voluto rinviare di un po’ il redde rationem, ma alla fine è arrivato e per via democratica”. In un’Intervista al Fatto Quotidiano, il giurista e presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, osserva una “ribellione di massa contro la cristallizzazione e l’autoreferenzialità di un potere chiuso, lontano, incapace di avvertire le tante ragioni di sofferenza della nostra società”.
Una risposta è arrivata dal Movimento 5 Stelle, che si è affermato come primo partito proprio per la “miopia politica” nei confronti di “una massa di cittadini con difficoltà a vivere il presente e a immaginare il futuro” che popola il “fondo della piramide”. Zagrebelsky vede un rapporto di continuità tre passaggio tra il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 e il voto politico del 4 marzo 2018. Nel referendum è prevalso il “rigetto della politica privatizzata a vantaggio di un certo giro di potere. È stato la premessa, l’introduzione al secondo atto, l’atto finale”.
Ora, dinanzi al probabile stallo legato all’assenza di una chiara maggioranza parlamentare, Zagrebelsky vede una sola via, quella di un’intesa fra M5S e Pd. “La direzione è quella. Ma ci vorranno tempi lunghi. Quindi avremo modo di riparlarne”.
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