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Elezioni. Il programma economico M5S è di sinistra. Roventini-Tridico-Fioramonti: nella storia e nelle parole del tris di ministri una politica economica rosso fuoco

Gianni Del Vecchio  L’HuffPost

Fonte: Internet

Fonte: Internet

Il cuore M5S batte a sinistra. Almeno per quanto riguarda l’economia. Se qualcuno avesse avuto qualche dubbio a proposito, in questi giorni il disvelamento progressivo e centellinato della squadra di governo lo ha dissolto del tutto. Il pacchetto di mischia formato dai tre ministri economici (Tesoro, Sviluppo economico e Welfare) è di colore rosso fuoco. I tre, per storia accademica e per convinzione, incarnano una politica economica da far impallidire il dipartimento economico di Liberi e Uguali: viva Keynes e Stiglitz, basta privatizzazioni, sì a investimenti pubblici, reddito di cittadinanza per i più poveri, no all’austerity, sforiamo il 3 per cento, via il Jobs act, superiamo la legge Fornero, mandiamo in pensione il Pil, votiamoci allo sviluppo sostenibile e alla decrescita felice. A Bersani e Grasso sicuramente stanno fischiando le orecchie.

L’ultimo a essere stato svelato dallo staff comunicativo dei 5 stelle è Andrea Roventini, potenziale ministro dell’Economia, lo scranno più importante in qualsiasi governo appena dopo quello del Presidente del Consiglio. Roventi è un giovane economista, quarantenne, professore associato alla Sant’Anna di Pisa, che su twitter si definisce “un keynesiano eretico”, ammiratore di premi Nobel che guardano a sinistra come Joseph Stiglitz (con cui ha firmato dei paper) e Paul Krugman. La ricetta economica che ha in mente l’ha spiegata lui stesso oggi in un’intervista al Sole24Ore: basta con il liberismo sfrenato e la deregolamentazione dei mercati finanziari, il parametro del 3% deficit/pil imposto dall’Europa è solamente un feticcio, bisogna uscire per sempre dalle politiche di austerity, va aperta una trattativa con la Ue per cambiare le strette maglie del fiscal compact. Il debito pubblico va diminuito certo, ma puntando soprattutto sulla crescita, magari con un bel piano di investimenti pubblici. A tal riguardo, mai più privatizzazioni per abbattere il debito, perché in questi anni si è solamente proceduto a svendere imprese strategiche senza incidere più di tanto. E infine la promessa di una riforma fiscale con l’intento di ridurre le troppe diseguaglianze della società italiana.

Di due giorni fa invece la notizia che a essere stato scelto per il dicastero del Welfare è Pasquale Tridico, 42 anni, professore a Roma Tre. Autore del libro Inequality in Financial Capitalism, Tridico è da sempre fautore della necessità di porre il lavoro e la produzione al servizio dell’uomo , in sintonia peraltro con quanto detto da Papa Francesco durante la visita all’università romana, in cui criticò aspramente il capitalismo contemporaneo. Sui dossier più caldi ha le idee chiarissime: sì al reddito di cittadinanza, uno dei cavalli di battaglia del Movimento, per ben 10 milioni di persone; cambiare rotta rispetto alla precarizzazione causata dal Jobs Act e valutare la reintroduzione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori; e infine sulle pensioni superare l’odiata legge Fornero per tornare a un’età pensionabile più a misura d’uomo, permettendo ai lavoratori di andare in pensione o con 41 anni di contributi versati, qualunque sia l’età, o quando la somma tra età contributiva e anagrafica arrivi a quota 100.

Il primo nome a essere stato reso noto è invece quello di Lorenzo Fioramonti, che in caso di vittoria a 5 stelle si ritroverà sulla poltrona dello Sviluppo economico. Su di lui si è già scritto molto: 39 anni, “cervello in fuga”, professore di politica economica all’Università di Pretoria in Sudafrica. Fioramonti è una specie di nemico pubblico numero uno del Pil, l’indicatore più usato a livello internazionale per misurare lo stato di salute dell’economia di una nazione. Fa parte di quella schiera di economisti – sempre più folta e di cui ne fanno parte anche Stiglitz, Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi, solo per citarne alcuni – che contesta l’ossessione delle istituzioni economiche, e di conseguenza della politica, verso la crescita di questo indice, come se da solo bastasse per misurare il grado di benessere. Invece le sue ricerche sono andate sempre nel verso di costruire un sistema che riesca a misurare il benessere di una società in maniera alternativa e più completa. In sintesi, Fioramonti è un grande fan di concetti quali sviluppo sostenibile e green economy.

Insomma, una politica economica da sinistra classica, non riformista bensì radicale. Con tanti saluti a Liberi e Uguali e, perché no, a Potere al Popolo.

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