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Macerata punto nevralgico della diffusione. Dove il prezzo delle dosi diminuisce, la droga dilaga.

Fonte Internet

Fonte Internet

di Paola Tavella L’ Espresso

 

“Il solo modo di dare un senso alla orrenda morte di Pamela Mastropietro è riflettere sull’accaduto”. A parlare è Salvatore Giancane, direttore del Sert di Bologna, autore fra l’altro di “Il mercato globale dell’eroina dall’Afghanistan all’Adriatico”. Un capitolo è dedicato al mercato dell’eroina in Italia, soprattutto lungo l’Adriatico, dove “l’indice di mortalità per droga è più alto di 15 volte rispetto alla media”, per esempio nelle Marche. Il mercato della cocaina, prospero e ricco, è controllato dagli italiani, quello dell’eroina da mafie straniere: “Prima albanesi, poi pakistani. Ora i nigeriani combattono per impossessarsene”. Lo ripete l’avvocato Giuseppe Bommarito, un figlio morto per overdose, fondatore dell’Associazione ”Con Nicola – oltre il deserto di indifferenza”, che nel 2016 ha pubblicato su Cronache Maceratesi l’articolo “Maceratistan” in cui ricostruisce la crescita dei sequestri di eroina nella sua città e nella provincia ad opera di pakistani con permesso di soggiorno e attività legali di copertura.

“Nell’Italia centrale si trova il cosiddetto ‘piscio di gatto’ – dice Giancane – puro al 40 per cento. Si muore con 10 euro di roba”. Sulla base della sua esperienza, Giancane ipotizza che anche Pamela Matropietro si sia sentita male dopo avere assunto eroina, e gli spacciatori siano stati presi dal panico. “L’acquisto di eroina da parte di Pamela, e anche delle siringhe. Lo spacciatore che aspettava fuori dalla farmacia. E’ la scena di chi, da lì a poco, si farà una pera. I genitori dicono che temeva gli aghi, ma è ragionevole pensare che invece che si sia fatta, sull’avambraccio ci sono i segni e si è comperata da sola la siringa. Era pulita da tre mesi e mezzo, si è sentita male”.

Forse allora il proprietario dell’appartamento ha chiamato altri connazionali, forse non piccoli, ma grandi trafficanti. Le due autopsie si contraddicono, “l’esame tossicologico è reso difficile dalla scarsità di liquidi, forse sapremo tutta la verità solo quando uno degli imputati crollerà e parlerà”. Quel che è certo è che Macerata e provincia sono devastate dallo spaccio. “L’immagine della città tranquilla dove si compie un dramma imprevedibile è falsa – dice Gaetano Angeletti, presidente della Associazione Le Rondinelle, pure lui un figlio morto per overdose – Ci sono zone e orari in cui non si può camminare senza timore. Nessuno ce l’ha con gli immigrati, anche loro sono oppressi dalla mafia della droga che agisce indisturbata”.

A Macerata si racconta a mezza bocca che esista un dossier con nomi e cognomi che descrive la città come il punto strategico della diffusione di eroina, e un giro di ragazzine della Macerata-bene che si prostituiscono per la dose. Un dossier mai arrivato alla Procura Antimafia di Ancona. Questo spiega, in parte, perché Luca Traini, l’ex metronotte trasformato in Taxi Driver per vendicare Pamela, abbia sparato contro i neri nelle zone dello spaccio ferendone sei, sia andato dalla madre per rassicurarla di non aver “ucciso nessuno”, poi si sia messo in strada avvolto nel tricolore. Avrebbe potuto uccidere, invece voleva compiere, nella sua follìa, una “azione esemplare”. Borderline, esaltato, estremista di destra, riceve in carcere e sul web solidarietà e offerte di pagargli le spese legali non solo da razzisti fanatici ma anche da cittadini insospettabili. Al Pronto Soccorso di Macerata raccontano che due dei feriti sono scappati dall’ospedale e poi ricomparsi: “Sono andati a farsi. Gli spacciatori di piccolo calibro sono tutti tossicomani”, dice un medico che preferisce non essere nominato. A completare il quadro c’è la notizia che Vincenzo Vuonno, Questore di Macerata, è stato rimosso e sostituito dopo appena tre mesi con Antonio Pignataro, un professionista dell’antidroga.

Mentre questo femminicidio orribile occupa le prima pagine dei giornali, da ben nove anni in Italia non viene convocata la Conferenza nazionale sulle Droghe che, per legge, va convocata ogni tre. Negli ultimi 20 anni il prezzo dell’eroina è sceso del 75 per cento, costa un quarto di quando era considerata un’emergenza. Il numero dei consumatori si valuta in base all’accesso ai servizi, è sottostimato: se l’eroina costa poco ed è facile da trovare, nessuno si rivolge ai servizi. Durante la legislatura appena trascorsa, il Dipartimento per le Politiche Antidroga presso la Presidenza del Consiglio ha sonnecchiato, ma il 31 gennaio, in extremis, è stato ricostituito l’Osservatorio nazionale sull’andamento del fenomeno delle tossicodipendenze. Giancane è critico: “Composto essenzialmente da burocrati. E gli esperti del settore? E gli scienziati? Approfondire che succede davvro in certe comunità?”.

La comunità, ecco un altro punto opaco nel caso di Pamela Mastropietro, ricoverata da tre mesi e mezzo alla Comunità P.A.R.S. di Corridonia, legata a Comunione e Liberazione. Fuggita una prima volta, ed era stata riportata indietro con l’aiuto della nonna. Dice Marco Valerio Verni, zio di Pamela e legale della famiglia: “Hanno fatto tutto il possibile per evitare che scappasse? Se l’avessero bloccata i genitori non li avrebbero denunciati e tutto ciò non sarebbe successo. Ma non l’hanno fatto. Pamela era già scappata a ottobre. Ce l’avevamo mandata chiedendo un provvedimento al tribunale, che aveva nominato la nonna materna amministratrice di sostegno, responsabile dei ricoveri e delle cure: dalla Pars non hanno mai risposto alle sue mail”.

Nel novembre scorso un ospite della stessa comunità è morto di overdose. Pamela aveva raccontato alla nonna di aver salvato una compagna di stanza dal suicidio. Le fughe sono molte. Accusa l’avvocato Bommarito: “Mi hanno raccontato che la terapia si basa anche su funzioni religiose e letture di brani di Don Giussani. Tempo fa c’è stata una ispezione del Sert in seguito a una lettera anonima che li accusava di somministrare cibo scaduto. Non siamo mai riusciti ad ottenere una relazione su quella ispezione”.

Per Giancane il punto è ancora un altro: “La morte di un tossicodipende è sempre il risultato drammatico di una sfortunata catena di eventi banali a rischio. Perché la ragazzina era ricoverata a 300 chilometri da casa? Se fugge, e lei era già fuggita una volta, si trova completamente da sola. Perché era senza telefono, senza denaro, senza documenti?” Ma il dubbio più forte riguarda le comunità che prescindono dal trattamento farmacologico. “Chi è in trattamento con il metadone non muore. Chi abusa di grandi quantità e dunque ha una grande tolleranza non muore. Muore chi va dentro e fuori dalla sostanza, lo sappiamo da 50 anni”.

L’obiettivo è non assumere eroina e vivere il più normalmente possibile rischiando il meno possibile. “Ci sono persone che vivono in equilibrio prendendo metadone, chi se ne frega se dipendono da un farmaco. Anche l’Oms lo dice”.

Salvatore Giancane conclude con amarezza che “le femmine giovani sono più a rischio dei maschi, perché subiscono più violenza. Se una ragazzina comincia a farsi in età precoce spesso ha subito abusi o violenza”. Sulla pagina Facebook di Pamela Mastropietro c’è scritto: “Tutti noi abbiamo bisogno di una dipendenza per sedare il nostro dolore”. Le sostanze diventano il farmaco di questo dolore inascoltato, di questa violenza taciuta, non curata: “Non si può togliere a una persona il sedativo che le permette di sopravvivere senza darle nient’altro. Fatalmente se la andrà a cercare. Per alcuni la droga non è un vizio su cui fare moralismo. E’ un modo atroce per trovare un po’ di pace”.

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