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Amnesty accusa i governi Ue: “Complici di abusi e torture sui migranti in Libia”

Fonte Internet

Fonte Internet

Articolo tratto da Huffington Post

L’ong critica soprattutto l’Italia per il suo ruolo nella chiusura della rotta migratoria. “Guardia costiera libica mette a rischio vite umane”

Nonostante i ripetuti avvertimenti, i governi europei hanno continuato a sostenere attivamente un “sofisticato sistema di abuso e sfruttamento di rifugiati e migranti” da parte delle autorità libiche. A riferirlo è un rapporto di Amnesty International. Il documento, intitolato “La rete oscura della collusione in Libia”, elenca le complicità dei governi europei riguardo le violazioni dei diritti umani nei confronti dei migranti rimasti in Libia. Secondo quanto riferito dall’organizzazione umanitaria, la cooperazione dei governi dell’Unione Europea con le autorità di immigrazione libiche, comprese le guardie costiere, ha contribuito alle “terribili condizioni” che i migranti stanno affrontando nel paese nordafricano.

“I governi europei sono consapevolmente complici della tortura e degli abusi su decine di migliaia di rifugiati e migranti detenuti in Libia”, si legge nel rapporto.

Amnesty critica i paesi dell’Unione, in particolare l’Italia, per l’attuazione di “una serie di misure volte a chiudere la rotta migratoria attraverso la Libia e attraverso il Mediterraneo centrale, con poca attenzione per le conseguenze per coloro che sono intrappolati all’interno dei confini della Libia, dove non vige alcuna legge”.

Amnesty sostiene che i governi europei abbiano fornito supporto tecnico al Dipartimento libico per la lotta alla migrazione illegale (DCIM), che è responsabile della gestione dei centri di detenzione, dove rifugiati e migranti sono, nella maggior parte dei casi, arbitrariamente e indefinitamente detenuti ed esposti a torture e altre gravi violazioni dei diritti umani. L’11 settembre anche l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ràad al-Hussein, aveva denunciato “gli orribili abusi che i migranti affrontano dopo essere stati intercettati in mare e riportati Libia”. “Le uccisioni extra-giudiziarie, la schiavitù, la tortura, lo stupro, la tratta di esseri umani e la fame sono solo alcuni degli abusi denunciati e subiti dai migranti nei centri di detenzione sia ufficiali che informali”, aveva detto Hussein.

L’ong denuncia anche il comportamento della Guardia costiera libica, i cui funzionari operano notoriamente in collusione con le reti dei trafficanti e ricorrono a violenze e minacce contro rifugiati e migranti che si trovano su imbarcazioni alla deriva. Immagini filmate, fotografie e documenti esaminati da Amnesty International mostrano una nave donata dall’Italia nell’aprile 2017, la Ras Jadir, protagonista di un’operazione sconsiderata che nel novembre 2017 ha causato l’annegamento di un numero imprecisato di persone.

Ignorando i più elementari protocolli, la Ras Jadir ha avvicinato un gommone in avaria a circa 30 miglia nautiche dalle coste libiche. Non ha lanciato in acqua gli scafi semirigidi di salvataggio per facilitare i soccorsi, costringendo i naufraghi ad arrampicarsi sugli alti bordi della nave, col risultato che molti sono finiti in acqua. La Sea-Watch 3, una nave di una Ong che era nelle vicinanze, si è diretta verso la zona mettendo in azione gli scafi di salvataggio. Come mostrano le immagini, a quel punto il personale a bordo della Ras Jadir ha iniziato a lanciare oggetti costringendo gli scafi ad allontanarsi. Altre immagini mostrano persone già a bordo della Ras Jadir venir colpite con una corda ed altre gettarsi in mare per cercare di raggiungere gli scafi della Sea-Watch 3.

Anche se azioni sconsiderate e pericolose della Guardia costiera libica erano state documentate già in precedenza, questa pare essere stata la prima volta in cui in un’operazione del genere è stata utilizzata una nave fornita da un governo europeo. “Aiutando le autorità libiche a intrappolare le persone in Libia senza chiedere che pongano fine alle sistematiche violenze contro rifugiati e migranti o come minimo che riconoscano l’esistenza dei rifugiati, i governi europei stanno mostrando quale sia la loro reale priorità: la chiusura della rotta del Mediterraneo centrale, con poco riguardo per la sofferenza che ne deriva”, ha sottolineato Dalhuisen.

“I governi europei devono ripensare la cooperazione con la Libia in materia d’immigrazione e consentire l’ingresso in Europa attraverso percorsi legali, anche attraverso il reinsediamento di decine di migliaia di rifugiati. Essi devono insistere che le autorità libiche pongano fine all’arresto e alla detenzione di natura arbitraria di rifugiati e migranti, rilascino tutti i cittadini stranieri che si trovano nei centri di detenzione e consentano piena operatività all’Alto commissariato Onu per i rifugiati”, ha concluso Dalhuisen.

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